TRAPPOLE E GABBIE
(Racconti stellari)
Prefazione
Il mio amico Dan! Il mio caro amico Dan! Amico d’infanzia, compagni di classe dalle elementari al liceo. Poi all’Università le nostre strade si sono divise, lui astrofisica,
io lettere. Lui tra i primi astronauti a varcare i confini della galassia, io capace solo di varcare la soglia di un istituto tecnico di periferia per cercare di insegnare a gente svogliata e distratta grammatica, sintassi
e i gioielli della letteratura. La nostra amicizia nonostante ciò non è venuta meno e ogni volta che tornava dai suoi viaggi nell’iperspazio mi gratificava sempre di una graditissima visita. Si andava a
mangiare qualcosa al ristorante e mi affascinava con i racconti di quei mondi lontani. Questa premessa è doverosa perché quanto segue è frutto di questa amicizia. Accadde infatti che un paio di anni fa
mi si presentò come al solito dopo un viaggio interstellare e mi presentò un plico.
- Penso che possa interessarti - mi disse porgendo un volume rilegato in pelle scura.
- Di cosa si tratta? – chiesi
incuriosito.
- Con esattezza non lo so. Gli ho dato una scorsa, ma col galattico antico ci prendo poco. L’ho trovato da un rigattiere di una luna di Basis, a una quindicina di anni luce, nella costellazione dell’Ariete.
Ho pensato subito a te e alla tua passione per questi cimeli.
- Grazie Dan. Sei davvero un grande amico. Il galattico antico è stato sempre la mia passione. Ti ricordi all’Università…
-
Se mi ricordo! E come ti prendevo in giro su quei ghirigori e tu prendevi in giro me per tutti quegli esami mostruosi di matematica e fisica che mi ci scervellavo. Bei tempi!
Presi lo scritto, lo misi sulla scrivania e poi uscimmo per la consueta bisboccia.
Nei giorni seguenti la lettura del testo fu la mia sola occupazione, al di fuori degli orari scolastici. Trovai i racconti deliziosi e scritti
in uno stile godibile. Ero avvinto da quelle storie, dalle descrizioni di quelle situazioni così distanti dalle nostre, così poco probabili da noi sul nostro vecchio, ma adorabile pianeta! Fu così che dopo
una prima attenta lettura mi misi a tradurre. Ora sono arrivato in fondo all’opera e desidero far cosa grata ai benevoli lettori offrendo queste pagine. Spero di esser riuscito a trasmetterle fedelmente: a tutti auguro
una buona lettura.
Il Visto
L’Annuale Congresso di Kosmoiatria era stato indetto regolarmente come ogni anno. Questa volta era stato scelto il pianeta Phobos del sistema Beta Librae. Dal sistema Beta Canum Venaticorum ci volevano i tunnel spaziali per
raggiungerlo in tempi ragionevoli. Guerric Pyton specialista in ortopedia e chirurgia toracica, compiuti i consueti rituali mattutini si avviò, con la valigetta in una mano e un borsone nell’altra, all’Astroporto.
Arrivato, notò una inconsueta animazione e soprattutto una particolare meticolosità ai controlli. In realtà sul pianeta verso cui era diretto c’era stata ultimamente una serie di attentati contro
il governo, l’ultimo dei quali, tre mesi prima, era stato particolarmente pesante con parecchie vittime tra i civili e la distruzione di un arsenale e la perdita di dieci kosmonavi da guerra. Il governo aveva reagito
duramente. Trovati gli autori, processati sommariamente, furono condannati ai lavori forzati presso la colonia penale del pianeta Terminum destinato da quasi un secolo allo stoccaggio dei rifiuti della federazione interplanetaria
FOEDUS GAMMA. Era un pianeta quasi completamente deserto, con sconfinate e gigantesche voragini dove la temperatura media si aggirava sui - 8°.
Debellata l’organizzazione insurrezionale il governo si era dato
subito da fare per prevenire in futuro ogni tentativo del genere. Naturalmente la prima cosa da realizzare era portare al massimo livello le misure di sicurezza. E, dato che alcuni degli attentatori erano infiltrati da altri
pianeti, il governo di Phobos varò un pacchetto di leggi severissime sul controllo del traffico interplanetario. Il prof. Pyton, quando andò ad esibire il biglietto e il passaporto per l’imbarco, si trovò
di fronte la faccia arcigna di un vigilante che gli chiedeva il visto.
- Il visto?! – chiese meravigliato Guerric
- Sì il visto! - O questa? Sono dieci anni che tra i pianeti della federazione non si
chiede più il visto!
- Sì, ma da tre mesi Phobos ha chiesto e ottenuto dalla federazione un regime speciale per cui per andare da loro ci vuole il visto
- Ah. E dove lo faccio il visto?
- Come si
faceva in passato. All’ambasciata.
- Ma tra due ore mi parte l’astronave.
- Spiacenti, queste sono le disposizioni.
Il Prof. Pyton salutò nervosamente e si diresse di corsa ai taxi:
-
Presto all’ambasciata di Phobos
Il tassista innestò la marcia e si diresse spedito all’indirizzo indicato. Arrivò in cinque minuti. Guerric pagò lasciando una buona mancia, l’autista ringraziò. Guerric scese dall'auto e
si diresse spedito all’entrata dell’ambasciata. Salì le scale, raggiunse il portone, fece per varcare la soglia ma prontamente un militare gli sbarrò il passo e lo apostrofò deciso:
- Dove
sta andando?
- Devo ottenere un visto.
- E’ vietato entrare.
- Ma devo farmi fare un visto e ho la kosmonave che parte fra due ore,
- Mi spiace ma noi abbiamo ordini di non far passare nessuno, nel
modo più assoluto. Misure straordinarie di sicurezza.
- Ma allora per farsi fare un visto come si deve fare?
- Deve farsi fare un permesso speciale per poter entrare.
- Ah. Un permesso speciale.
-
Sì un permesso speciale.
- E dove si fa questo permesso speciale?
- All’Ufficio permessi.
- E dove si trova l’Ufficio permessi?
- Al quinto piano, corridoio 3, stanza 8.
- E come
vi si accede?
- Bisogna entrare, prendere l’ascensore, uscire al quinto piano, prendere il corridoio tre e poi andare alla stanza numero otto.
- Bene, allora mi faccia entrare per andare a prendere il permesso.
- Gliel’ho detto signore, abbiamo ordini tassativi. Non possiamo far entrare nessuno.
- Ma io devo andare a un importante congresso, devo anche tenere una relazione
- Abbiamo ordini tassativi.
- Ma
mi dica come posso fare, dove andare, con chi parlare!
- Non siamo in possesso dei dati richiesti.
Guerric stava uscendo fuori dai gangheri; fece uno sforzo sovrumano per trattenersi dall’avventarsi contro quella specie di automa in divisa. Raccolse le forze fisiche e mentali per capire se c’era una via d’uscita.
Qualcuno, ci voleva qualcuno, una conoscenza, qualcuno ammanicato nella pubblica amministrazione. Ma il Dott. Pyton, ricercatore rigoroso, tutto dedito agli studi e agli esperimenti poco si curava di intrattenere relazioni
utili, non dico con personaggi influenti della pubblica amministrazione, ma nemmeno con l’ultimo degli uscieri, che poi alla bisogna si può rivelare più influente dei megadirigenti. Durdan, il collega Durdan.
D’un tratto quel nome gli balenò nella mente come il lampo di un faro in una notte di burrasca. E’ vero c’era stata una polemica un paio di anni prima a suon di articoli su riviste specializzate a proposito
di una ricerca relativa a una malformazione della gabbia toracica dovuta alla posizione degli astronauti alla guida delle navi nei lunghi viaggi interstellari. Però tutto era finito nel giro di qualche mese senza lasciare
strascichi, anzi all’ultimo convegno si era creato un rapporto di amicizia con reciproco scambio di dati e di idee. Durdan oltre a valente ortopedico era anche un organizzatore, un personaggio pieno di energia e di intraprendenza,
capace di raccogliere fondi, di coinvolgere i politici in progetti di ricerca, preparare congressi ecc. Ma non era anche lui partito per il convegno? Chissà, tentare, forse era ancora in sede. Cercò nella rubrica
elettronica il numero telefonico. Lo compose. Rispose una voce femminile. Guerric chiese di Durdan. Le fu risposto, come previsto, che era partito per un convegno e sarebbe tornato da lì a quindici giorni. Era lì
in piedi, perplesso, davanti all’entrata dell’ambasciata quand’ecco due vigilanti gli si avvicinano e lo invitano a seguirli con fare perentorio. Pyton, credendo che erano venuti per accompagnarlo all’ufficio
permessi, li seguì docilmente. Arrivarono davanti ad una porta che recava la scritta Ufficio Sicurezza. Suonarono il campanello. Si accese una scritta che invitava ad entrare. Entrarono. Alla scrivania sedeva un uomo
di mezza età, alto ma non troppo, stempiato ma non troppo, distinto ma non troppo, dallo sguardo severo ma non troppo che esordì con voce grave ma non troppo:
- Buongiorno. Si accomodi.
Guerric si sedette.
- Lei è in stato di fermo.
- Di fermo. Mah..,
- Sì. Nel suo bagaglio sono stati riscontrati corpi contundenti.
- Nel mio Bagaglio? Mah…
- Sì, qui, appena uno sale le scale
di ingresso, viene automaticamente radiografato, con tutto quello che indossa e che porta. Lei ha dei corpi contundenti. Vuole essere così gentile da aprire la sua borsa?
Guerric era lì davanti all’ispettore incapace di capacitarsi di quanto stava succedendo mentre dentro covava un malcelato nervosismo che cresceva, cresceva, cresceva fino a che, superato il livello di guardia tracimò
e dilagò con tutta la virulenza di cui era capace il Prof. Pyton quando, di fronte ad una palese violazione di ogni logica e di ogni criterio, diventava preda della collera, e con il viso rubizzo e la voce fremente gridò
tutta la sua ribellione:
- Ma qui siamo nell’assurdo! Stato di fermo? Apertura del bagaglio? Questo è abuso di potere bell’e buono, violazione della privatezza, arresto senza mandato di cattura e senza
un movente, violazione delle norme internazionali e degli statuti della federazione. Questo è sequestro di persona. Mi lasci andare e si aspetti una bella denunzia! Roba da mmatti!...
- Non c’è nessuna
violazione – lo interruppe calmo l’ispettore - e nessun arbitrio – L’Ambasciata è zona extraterritoriale come Lei ben sa. Noi non possiamo arrestare nessuno, ma per motivi di sicurezza abbiamo
tutto il diritto e il dovere di fermare persone sospette e compiere tutte le ispezioni necessarie. Nel caso di una Sua resistenza allora soltanto saremmo costretti a suscitare l’intervento della forza pubblica. Non abbia
paura, apra il suo bagaglio.
- Persone sospette?! – replicò Pyton sempre più alterato – Persone sospette?! Ma io sono il prof. Pyton, sto andando ad un convegno di Kosmoiatria sul pianeta Phobos,
ecco qui l’invito, ecco qui il mio nome tra i partecipanti – urlò mentre, aperta la valigetta, tirava fuori il materiale pubblicitario e illustrativo del congresso e con il dito indice tremante indicava il
suo nome nel programma delle conferenze.
- Comprendiamo il suo disagio, ma noi dobbiamo fare il nostro lavoro. Non abbia paura solo un piccolo controllo.
L’ispettore fece un cenno al vigilante.
Guerric si calmò, anche tenuto conto che c’era poco da fare e gli conveniva accondiscendere. Il vigilante sollevò il borsone dal pavimento e lo adagiò su un tavolo a lato della scrivania, quindi con cura
cominciò a svuotarlo. Uscirono fuori tutti gli effetti personali del professore ivi compresi pigiama schiuma da barba e dentifricio quindi in fondo una grande busta trasparente piena di pezzi che ad un primo colpo d’occhio
apparivano informi e alla rinfusa, poi mostravano le chiare forme di ossa umane.
- Ecco, finalmente – disse soddisfatto l’ispettore prendendo dal tavolo la busta – il materiale sospetto.
- Ma sono
riproduzioni in plastica di parti anatomiche! – sbottò Pyton tra lo sbalordito e l’irritato
- Stia calmo. Parti anatomiche eh? Certo parti anatomiche, ma primo: di cosa sono fatte? qual è la loro
forza contundente? Mi capisce. Queste cosa sono, costole? Possono diventare sciabole, una botta sul collo con una di queste e fa fuori una persona. Questo cos’è? La colonna vertebrale? può diventare un manganello,
una botta in testa con questa e manda uno al cimitero; Poi la forza penetrante. Lo sterno non le pare sia un po’ troppo puntuto e affilato? Può diventare uno stiletto. Tutte le cose a punta son armi improprie vanno
requisite. Capisce?
- Tutte le cose a punta? Tutte le cose a punta? Allora per venire dalle vostre parti di questi tempi bisogna tagliarsi il naso! – esplose con tono sarcastico
- C’è poco da fare
gli spiritosi – replicò freddo l’ispettore – questo materiale va sequestrato e analizzato. Bisogna anche vedere di cosa è fatto e se nasconde qualcosa… dentro.
- Qualcosa dentro?
…ma - disse sempre più sbalordito Pyton
- Sì qualcosa dentro. Che ne sappiamo noi se dentro queste riproduzioni di ossa umane non si nascondono sostanze tossiche, narcotiche o esplosive? Le sembra
una cosa così impossibile? E noi dobbiamo verificare, analizzare, appurare, lei capisce…
- Io non capisco nulla so solo che devo andare al congresso di kosomoiatria e tra poco mi parte la kosmonave e sto
rischiando maledettamente di perderla per causa vostra e delle vostre stupide fissazioni
- Attento a come parla. Vilipendio a pubblico ufficiale ce n’è per sbatterla in gattabuia qualche mese, altro che kosmoiatria!
Guerric sbuffò. Affranto, desolato sentiva che la situazione era disperata e che il congresso saltava. Non c’era nulla da fare. Tutto era altamente stupido e ottuso, ma non c’era nulla da fare. Non restava
che dichiarare la resa.
- Va bene ho capito. Allora non parto più- Se per favore mi ridate i bagagli io tornerei a casa.
- I bagagli? A casa?. Forse non ci siamo capiti. I suoi bagagli sono sotto sequestro.
Devono essere esaminati, Che Lei parta o non parta non sono cose che ci riguardano. Noi ci occupiamo di sicurezza non siamo un' agenzia turistica! Chiaro?.
La cosa ora toccava il parossismo più acuto e Guerric si sentiva come stritolato da una morsa. Stava perdendo la lucidità, ma quell’ultimo barlume che gli restava fu sufficiente a fargli capire che l’unica
via d’uscita era l’inazione. Accettare supinamente tutto quello che gli stava capitando.
- Va bene – pronunciò tra i denti con voce sommessa – va bene. Quando potrò riavere il mio
materiale?
- Di solito questi esami variano dai quindici ai trenta giorni. Basta che lasci il Suo recapito e Le verrà notificato l’esito dell’indagine e, qualora risultasse negativo a tutti i controlli,
la data in cui potrà ritirare il suo bagaglio. Nel caso invece di una positività le verrà comunicata unitamente l’ingiunzione a comparire in tribunale per rispondere dei reati comminati. E’
mio dovere informarla inoltre che il suo nominativo è già stato segnalato agli uffici di polizia centrale che ha già provvisto ad informare tutte le sedi periferiche per cui fino a quando non si scioglieranno
i dubbi sul contenuto dei sui bagagli e quindi sui suoi intenti lei è un sorvegliato speciale. Ogni suo spostamento e movimento sarà monitorato e registrato.
Guerric ormai rinunciava a pensare, rinunciava
a capire, rinunciava a reagire, rinunciava a tutto pur di uscire da quell’incubo. Così con un mesto: «Capisco» si accomiatò dal funzionario e stava guadagnando la porta quando la voce perentoria
:
- Dove va?
- Dove vado? Esco. Mi sembrava fosse finita. – disse calmo Guerric – che c’è dell’altro? – aggiunse inorridito al pensiero che dalla bocca del funzionario potesse
uscire qualche altra mostruosità.
- No niente altro solo che non può uscire da solo.
- Cioè?
- Cioè deve aspettare che arrivino i vigilanti e lo accompagnino all’uscita. E’
questione di pochi secondi.
Il funzionario pigiò un pulsante sulla scrivania e dopo alcuni attimi comparvero due uomini in divisa armati.
- Accompagnatelo all’uscita – ordinò con voce alta
e perentoria il responsabile della sicurezza.
Scortato dai due Guerric arrivò finalmente all’uscita dell’ambasciata. Varcò la soglia e con immenso sollievo si allontanò a larghi passi.
Arrivò a casa. Entrò e si buttò sul divano esausto e incapace di agire e di pensare, con la mente occupata sempre e soltanto dal ricordo ossessivo di tutto ciò che gli era capitato. Si addormentò
presto, dormì a fasi alterne. All’alba decise di alzarsi stanco di quel dormiveglia. Fece colazione. Poi all’ora consueta si diresse alla metropolitana per recarsi al laboratorio. Quando la Sig.na Gennifer,
attempata assistente del Dott. Pyton, lo vide, sbalordita esclamò:
- Voi qui?
- Io qui - rispose secco il Dott. Pyton
- E il Congresso?
- Non me ne parli! Un incubo. Bloccato all’astroporto,
poi all’ambasciata per il visto, poi per entrare all’ufficio del visto il permesso e per il permesso all’ufficio permessi che non si poteva entrare senza permesso e poi il sequestro dei bagagli per i controlli
allucinante, semplicemente allucinante…
- Ma come mai?
- Terrorismo! Ci crede? Terrorismo! Il Professor Pyton, conosciuto in tutta la galassia per i suoi studi di ortopedia spaziale: un terrorista! Un ter-ro-ri-sta!
che va in giro con i plastici delle parti anatomiche a tagliare gole e fracassare i crani alla gente! Capisce? Assurdo completamente assurdo semplicemente follemente grottesco! E non c’era verso! Qualunque cosa, qualunque
argomento. Niente. Un muro di gomma. Alla fine ho rinunciato e sono venuto via. Fra qualche giorno dovrebbe arrivare qui l’avviso relativo ai bagagli.
- Incredibile! – esclamo Gennifer – che possano ancora
accadere certe cose! Purtroppo l’ottusità umana non sembra avere limiti.
In realtà il dott. Pyton non aveva ancora sperimentato l’apice dell’ottusità né poteva neanche lontanamente
immaginare che il bello doveva ancora venire. Quindici giorni dopo l’incresciosa vicenda del visto, gli arrivò l’avviso che eseguiti tutti i controlli, risultato tutto negativo, poteva ritirare i suoi bagagli
e ritenersi prosciolto da ogni e qualsiasi imputazione a suo carico. Si precipitò dunque verso l’ambasciata. Salì la scalinata, ma prontamente un militare gli sbarrò il passo e lo apostrofò
deciso:
- Dove sta andando?
Guerric tirò fuori la cedola per il ritiro dei bagagli certo che essa costituisse il più sicuro e inoppugnabile lasciapassare, ma il militare lo pregò di seguirlo.
Guerric lo seguì fino alla guardiola della ricezione dove stava seduto un piantone. Il militare chiese al piantone di chiamare l’ufficio per gli oggetti sequestrati quindi accompagnò l’ortopedico nella
sala d’attesa. Il dottor Pyton annuì non sensa un malcelato gesto di stizza che significava semplicemente un grande «Uffa!» che se l’avesse potuto pronunciare avrebbe riempito del suo boato tutti
i meandri del gigantesco palazzo ambasciatoriale. Ma se ne stette buono memore della passata disavventura. Passarono una decina di minuti e si presentò un signore in divisa con la targhetta riportante la foto e i dati
personali appesa al taschino della giacca. Si avvicinò al Prof. Pyton e lo apostrofò seccamente:
- Prego?
- Avrei da ritirare un bagaglio. Ecco qui la cedola con tutti i dati – disse l’ortopedico
porgendo la cartolina all’impiegato il quale la prese la visionò attentamente e poi con tono calmo:
- Sì, tutto in ordine, ma per ritirare il bagaglio deve esibire il permesso.
- Il permesso? Il
permesso di cosa? Non basta la cedola che Le ho mostrato?
- A quanto pare Lei non ha letto quello che c’è scritto.
- Cioè? - Ecco qui al punto 4 delle condizioni richieste per il ritiro di materiale
sequestrato
– e mostrando al medico il verso della cartolina l’impiegato lesse: - L’interessato deve presentarsi all’U.R.O.S.P.C.D.S (Uffico Restituzione Oggetti Sequestrati Per Controlli Di Sicurezza). con il permesso rilasciato dall’ufficio permessi dell’Ambasciata. –
quindi aggiunse categorico: Chiaro. Lei deve farsi rilasciare il permesso per accedere all’U.R.O.S.P.C.D.S. Viene con il permesso e la cedola e Le saranno restituiti i bagagli.
- Il permesso? Di nuovo! Ma è
una mania! – sbotto Guerric già con il serbatoio di pazienza in riserva rosso fisso –
- Spiacenti ma queste sono le regole. La aspettiamo al nostro ufficio dopo che avrà ritirato il permesso.
– e l’impiegato lasciò la sala di attesa.
Restato solo nella sala d’attesa tra l’affranto il costernato e il perplesso, emesso un sospiro di rassegnazione si incamminò verso la guardiola
del piantone per chiedere ragguagli sull’ufficio permessi. Il piantone gli spiegò con precisione dove era situato, ma quando Guerric si stava incamminando verso l’ascensore lo bloccò:
- Mi spiace
signore, ma a chi ha avuto il sequestro del bagaglio, non è consentito muoversi liberamente all’interno dell’ambasciata.
- Ma il sequestro è sblocccato, l’esito dell’indagine è
risultato negativo, guardi è tutto scritto qui! – e mostrò la cedola
- Mi spiace , ma queste sono le disposizioni degli organi superiori , un ex sospettato anche se pienamente scagionato non può
circolare liberamente all’interno dell’ambasciata.
- E dunque?
- E dunque deve essere accompagnato
- Accompagnato? E da chi?
- Da un vigilante
- E per avere il vigilante?
- Bisogna richiederlo
- Richiederlo? E chi lo dovrebbe richiedere?
- Nella fattispecie spetterebbe all’ufficio sicurezza interna su segnalazione della Ricezione.
- Quindi.
- Quindi spetta a noi della Ricezione inoltrare
una richiesta all’ufficio sicurezza perché inoltri una richiesta al comandante del corpo dei vigilanti che metta a disposizione un vigilante per accompagnare una persona all’ufficio permessi.
- E tutto
questo quanto tempo comporterebbe?
- Mh. Dipende. Noi ci attiviamo subito. Ma poi ci vuole un certo tempo tra che arriva la nostra richiesta e la leggono. Poi altro tempo per la stesura della domanda al comandante dei
vigilanti. Poi bisogna calcolare la disponibilità di personale. Non può mica credere che siano tutti lì ad aspettare la Sua richiesta e farsi in quattro per accompagnarLa.
- Insomma più o meno?
- Più o meno dalle quattro alle dieci ore il che può significare che potrebbe essere necessario che torni domani.
Il Pyton a questo punto non capì più nulla. Gli si annebbiò la mente,
gli si oscurò la vista, gli cominciarono a fremere le mani, le gambe si misero a tremare, le labbra divennero turgide e paonazze la faccia rossa come un pomodoro sfatto e sbottò, sbottò e sbottò:
- Basta!Basta!Baaaaasta! Inaudito folle assurdo pazzesco. Questa farsa deve finire, finire, finiiiiire! Capito? Non si può prendere per i fondelli un cittadino in questo modo. Basta! –
e ciò detto
a passi concitati si diresse verso l’ascensore. Il piantone cercò di trattenerlo. Il dott. Pyton gli assestò un colpo e lo mandò a terra e poi via, pigiò il pulsante , l’ascensore si
aprì il chirurgo salì. Il piantone rialzatosi diede subito l’allarme. Scattarono le sirene per tutto il palazzo. Mobilitazione generale di tutti i vigilanti. Uscito dall’ascensore Guerric scorse due
di loro che si dirigevano verso di lui. Realizzò immediatamente che stavano venendo a prenderlo. Al diavolo il bagaglio e i plastici anatomici. Doveva scappare. Una volta fuori dell’ambasciata sarebbe stato libero
e fuori pericolo. Prese a sinistra seguendo le indicazioni per l’uscita. Arrivò alle scale con i vigilanti alle calcagna. Scese a scapicollo saltando i gradini tre alla volta. Arrivato al piano terra vide un lungo
corridoio davanti a sé. Udiva lo scalpitio dei vigilanti capì che stavano per raggiungerlo. Aprì la prima porta che incontrò. Entrò. Chiuse e mise il fermo all’uscio. Dentro la stanza
c’era una signora seduta al tavolo della scrivania la quale trasalì e si alzò emettendo un grido. Lui le si avventò contro. La afferrò alle spalle e mentre con il braccio destro le serrava
la gola, con la mano sinistra le tappava la bocca minacciandola di strangolarla se fiatava. La donna svenne. Poi si girò intorno per vedere se c’era una via di uscita. Andò alla finestra. Dava su un cortile
e dal davanzale a terra c’era un metro poco più. Aprì e saltò giù. Girò intorno al cortile per trovare un’uscita. Trovò una portafinestra. Girò la maniglia. Il varco
si aprì. Entrò nel corridoio. Intravide il cartello con la freccia per l’uscita. La seguì e si trovò presto vicino all’atrio della Ricezione tra il suono frastornante dell’allarme.
Ora doveva fare attenzione scegliere il momento giusto per schizzare fuori senza essere bloccato. I vigilanti che lo inseguivano avevano perso le sue tracce, ma vicino all’uscita c’era un blocco. Non sarebbe mai
riuscito a forzarlo. L’unica era tentare di trovare l’uscita di emergenza. Si girò intorno e individuò il segnale. Con passo felpato, approfittando della scarsa illuminazione vi si diresse. Arrivò,
pigiò sul maniglione antipanico, si aprì e il sospiro di sollievo che emise appena varcata la soglia gli rimase in gola. C’erano ad attenderlo due vigilanti. Gli si pararono davanti con un ghigno beffardo.
Guerric tentò di forzare il blocco, ma fu inutile. Lo afferrarono e lo portarono di peso all’ufficio sicurezza interna. Il funzionario si mise subito in contatto con la Polizia locale per chiederne l’arresto
con l’accusa di violazione dello spazio diplomatico, aggressione, vilipendio a pubblico ufficiale, danni a persone e cose, resistenza alla forza pubblica: tutti i reati contemplati nel codice di diritto internazionale
e in quello dalle leggi federali che prevedevano pene che andavano da ammende ingenti alla reclusione o all’internamento nei campi di lavoro coatto. Fu istituito un processo per direttissima senza appello. Il Prof. Guerric
Pyton fu condannato ad un anno di lavori forzati sul pianeta Terminum.
Tornato dalla colonia penale il primo pensiero fu quello di riprendere il lavoro e le sue amate ricerche. Aveva chiesto, prima di partire, alla Gennnifer,
lasciandole le chiavi di casa, di conservargli tutta la corrispondenza e pagare le bollette delle varie utenze, lasciandole la carta di credito con la quale poteva avere libero accesso al suo fondo personale, cosa che la fedele
segretaria si era premurata di fare coscienziosamente. Tornato nella sua abitazione trovò dunque tutta la posta da evadere ammassata in tre scatoloni. La prima settimana di ritrovata libertà la passò dunque
a vagliare tutto quello che in quel periodo aveva ricevuto. E tra le tante lettere, scartoffie e materiale poubblicitario da buttare, c’era un bel pacco di buste che recavano l’intestazione O.N.K.(Ordine Nazionale dei Kosmoiatri).
e contenevano reiterati appelli a chiarire la sua assenza dal convegno e la sua posizione nei riguardi dell’Istituzione, fino alla più recente che datava soltanto quindici giorni prima del suo rientro. Credeva
fosse uno degli ulteriori solleciti e già preparava nella testa la risposta nella quale avrebbe dato spiegazione di tutti i suoi trascorsi e gli spiacevoli imprevisti e imprevidibili incidenti toccatigli, ma si trovò
davanti uno scritto di ben altro tenore:
Ill.mo Prof. Pyton,
in data 03/04 c.a. si è riunito il Supremo Consiglio dell’ O.N.K. Tra i punti all’Ordine del Giorno figurava anche la Sua posizione. In realtà la Sua assenza ingiustificata e non notificata all’annuale convegno di Kosmoiatria, il Suo ostinato silenzio di fronte alle nostre reiterate richieste di chiarificazione, il mancato pagamento delle quote semestrali, hanno indotto ad esaminare il Suo caso alla luce della normativa vigente. Siamo quindi spiacenti di comunicarLe che a causa delle suesposte ragioni, il Supremo Consiglio ha decretato, in base al n. 35 dello statuto, comma 3, di radiarla dall’Albo. A partire dunque dai tre giorni successivi alla ricezione della presente deve ritenersi espulso dall’ O.N.K. e privato di tutti i diritti connessi alla registrazione.
Cordiali saluti.
Prof. Darrik Durdan
Presidente dell’O.N.K.
Il Prof. Pyton scolorì. Ciò significava una sola cosa: la fine. La fine della sua attività, la fine delle sue ricerche, la fine delle sue pubblicazioni… la fine della vita. Già, cosa gli restava
infatti una volta perduto il suo lavoro.? Non aveva famiglia, non aveva amici, non aveva interessi al di fuori della sua branca medica. Lo afferrò un senso di sconforto totale e si insinuò all’istante nella
sua mente il pensiero di farla finita. Ma lo cacciò, cercò qualcosa che ne lo distraesse. Gli apparve il viso di Gennifer. La cara e fedele Gennifer. L’unica persona al mondo con la quale intratteneva rapporti
interpersonali, con la quale poteva anche aprire il suo cuore. Senza por tempo in mezzo si precipitò al telefono e chiamò la segretaria. Rispose con la sua vocina delicata congratulandosi con il professore del
suo rientro. Pyton la ringraziò anche per avergli conservato la posta e pagato le bollette e le chiese se poteva farle visita. Gennifer acconsentì con grande piacere. Pyton si precipitò portando con sé
la lettera dell’O.N.K.
Arrivò presto all’abitazione di Gennifer, un isolato in una zona residenziale della città, posteggiò l’auto, percorse il vialetto d’ingresso, raggiunse
la porta, suonò il campanello. Arrivò subito la segretaria, la quale, appena aperto, non gli diede il tempo di varcare la soglia che lo abbracciò chiamandolo ripetutamente per nome con la voce rotta dalla
commozione. Poi lo condusse dentro l’appartamento, lo invitò a sedersi sul divano e gli offrì una bevanda rinfrescante con pasticcini preparati sul tavolinetto antistante. Lo tempestò di domande alle
quali Pyton rispondeva diffondendosi con dovizia di particolari sul terribile periodo passato a Terminum, sulla vita al limite della sopravvivenza:
- Cani, cani quelle guardie carcerarie, cani feroci che ci trattavano
come cani.
Poi spiegò come con la forza di volontà e la speranza di riprendere presto la sua amata attività era riuscito a superare l’abbattimento e ad uscirne.
- Allora si ricominicia!
– esclamò raggiante Gennifer.
Il volto del professore si incupì e con voce strozzata:
- Purtroppo no. Cara Signorina Genni. No. Non si può ricominciare. E’ finita.
- Non si può
ricominciare? Finita?
Pyton tirò fuori la lettera dell’O.N.K. e la porse alla donna. Genni la lesse e rimase costernata. Guardò il professore con le lacrime agli occhi incapace di pronunciare una qualche
parola.
- Capisce? Sono finito. La mia vita è finita.
Di fronte a quelle affermazioni piene di tristezza, comprendendo che il professore le stava pronunciando con estrema convinzione Gennifer capì che dipendeva da lei la salvezza dell’uomo e con voce la più dolce
possibile cominciò a consolarlo. Prima di tutto gli assicurò la sua perpetua amicizia, poi lo convinse che anche se non poteva più esercitare la sua professione poteva sempre però trovare un lavoro
affine con il quale vivere e ricavarne anche qualche soddisfazione, tenuto conto che era anche specializzato in biologia, genetica e veterinaria ed era radiato dall’albo dei kosmoiatri ma nessuno gli vietava di iscrivere
ai rispettivi albi delle suddette specializzazioni. Così pian piano, con tali e altri argomenti della Genni, Pyton si rasserenò. Promise che ci avrebbe pensato su e che nel giro di un paio di giorni gli avrebbe
fatto piacere rincontrarla per pianificare insieme il futuro. Lasciò la casa ringraziando l’amica e fece ritorno nella sua abitazione. Il discorso della Genni non era male. D’altra parte aveva sempre avuto
una particolare passione per gli animali anche se, dato il suo lavoro indefesso che gli impediva di accudirle, non aveva mai voluto tenere bestioline in casa. Ma quella del veterinario non era male. Così quando si rincontrò
con Gennifer le manifestò la sua decisione di sfruttare la sua specializzazione in veterinaria. Prese contatto con l’O.N.V. . Gli fu richiesto un esame per essere iscritto. Gli ci volle un mesetto per ripassare
la materia e sostenere la prova. Passò brillantemente e si ritrovò iscritto all’albo dell’O.N.V. Forte di tale iscrizione, con l’aiuto dell’ex segretaria trovò un lavoro in una pensione
per cani. La sua vita riprese . Certo non con l’entusiasmo di un tempo, non con l’interesse di una volta, ma a poco a poco anche il mondo delle bestiole lo coinvolse interiormente. La tenerezza dei cuccioli, gli
scodinzolamenti festosi con i quali le bestie esprimevano la loro gratitudine, lo ripagavano di tante amarezze e quando qualche pensiero nostalgico dell’illustre passato gli stringeva il cuore e si riaffacciavano i sintomi
dell’ipocondria ripensava alla triste esperienza della colonia penale e si consolava ripetendosi spesso l’adagio da lui stesso coniato e di cui aveva fatto fare una targa da appendere nel suo ufficio: Meglio libero tra cani in gabbia che in gabbia tra cani liberi.