Risonanze 2 Tonio e Daniela
Giubileo Domenicano

C’ero anch’io

 

Pur non essendo un profondo conoscitore della vita e delle opera di San Domenico di Guzman, ma affascinato dalla cultura domenicana e spinto dall’entusiasmo di mia moglie Daniela, non ho avuto nessuna esitazione nel dare l’ adesione al pellegrinaggio proposto da Padre Alberto Fazzini presso i luoghi della Spagna e della Francia che videro protagonista San Domenico, convinto che sarebbe stata una bella esperienza, ma, soprattutto, l’occasione per fare una conoscenza meno superficiale del grande Santo Predicatore.

                        Gli incontri di preparazione al pellegrinaggio tenuti dallo stesso Padre Alberto presso la Biblioteca della Chiesa di San Domenico in Cagliari, hanno avuto il pregio di approfondire le conoscenze sul Santo e sui luoghi dallo stesso frequentati, di accrescere la curiosità ed il desiderio del viaggio, di sentire intimamente la consapevolezza di un pellegrinaggio con la speranza di ampliare gli orizzonti di un mondo, non solo fisico, poco conosciuto.

Il trasferimento in pullman dall’aeroporto di Madrid a Salamanca è stata l’occasione per fissare alcuni punti caratterizzanti del viaggio, ma soprattutto è stata l’occasione perché ciascuno di noi cominciasse a chiedersi quale sarebbe potuto essere il suo ruolo attivo in questa avventura.

                        Gli interventi, ancor che timidi, di diversi compagni di viaggio hanno avuto il pregio di accrescere l’interesse per questo pellegrinaggio perché ho avuto la netta sensazione che tra essi non ci fossero “pacchi trasportati”, come li definisce un mio amico, ma persone consapevoli dell’occasione che si presentava per fare la conoscenza di “cose” importanti afferenti San Domenico e quindi migliorare se stessi col suo insegnamento.

SALAMANCA

                        Il trasferimento a piedi, in una Città ancora deserta, dall’Hotel al Convento e Chiesa di S. Esteban, dopo aver attraversato la regale Plaza Major, è stato il degno preludio alla prima S. Messa celebrata nella Cappella del Convento ed agli avvenimenti della mattina.

   

La emozione che ha contagiato tutti, per il primo vero incontro in un luogo domenicano, aleggiava nell’aria e si univa intimamente alla consapevolezza della nostra presenza reale in quel posto ed in quel momento. I silenzi e le meditazione personali erano talmente ricchi di patos da far apparire il raccoglimento dei presenti come una sinfonia, muta ma egualmente meravigliosa e totalizzante.

            Il ricordo del domenicano Antonio Montesinos, che negli anni a cavallo del 1500 denunciò lo sfruttamento e le condizioni di schiavitù degli indios, ad opera anche di persone che si definivano cristiane, ci ha ricordato di che tempra fossero i domenicani del tempo e lo spirito che li animava, per niente intimoriti dai potenti e dalla stessa corona aragonese. Grazie all’impegno di Bartolomeo de Las Casas, la conquista spirituale delle Indie andò di pari passo con quella “de la tierra”, aprendo la strada alla promulgazione delle Leyes di Burgos per la tutela dei diritti degli indios.

                        Le problematiche legate al Nuovo Mondo in ordine alla tutela degli Indios, portarono i professori dello Studium Domenicano di Salamanca, con particolare riferimento al domenicano Francisco de Vitoria, alla elaborazione della teoria del diritto naturale di tutti gli uomini e quindi del diritto anche dei popoli del Nuovo Mondo.

                        Tutto ciò ci sembra oggi quasi ovvio, ma ritengo che la realtà di allora fosse ben diversa e di difficile impatto, se è vero che ancora oggi i problemi connessi con i diritti umani, soprattutto in Sud America, sono ben lungi da essere risolti.

                        Se penso che tutti questi avvenimenti si svilupparono in questa Città per opera dei domenicani, che quindi possono essere considerati gli enunciatori dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale, non può non farmi pensare all’inizio della predicazione di San Domenico ed alla determinazione ed allo spirito di servizio che aveva inculcato nei suoi seguaci per diffondere la parola di Dio e salvare gli uomini a prescindere dal colore e/o dal credo.

CALERUEGA 

Distese immense di campi di mais, miglio, girasole, vigne e boschi hanno accompagnato il nostro trasferimento al piccolo paese natale di San Domenico, disteso sotto la collina del San Jorge, a poco meno di 1000 m di altezza, tanto piccolo quanto maestoso.

   

Il tempo trascorso in questo paese resterà indimenticabile, sia per l’atmosfera che si è creata nei luoghi tanto cari a San Domenico, come il natale El Pocito, la Chiesa, il Convento, il Monastero delle Monache, sia le visite a Gumiel de Izàn, col suo meraviglioso retablo, che al complesso di Santo Domingo de Silos con tutte le sue meraviglie.

Anche il soggiorno nel Convento resterà tra le cose più belle, vuoi per l’organizzazione interna, simpaticamente diversa dal solito, e vuoi perché ha consentito al gruppo di diventare un corpo molto unito grazie ai cambiamenti continui dei compagni di colazione, pranzo, cena e…talvolta dopo cena.

Questa circostanza ha consentito di conoscere persone che per età, esperienze di vita, spiritualità ed impegno sociale hanno lasciato in me un segno importante e sono diventate ormai una parte irrinunciabile di quello che potrebbe essere un non ben definito percorso futuro.

Anche il passaggio tra le strette rocce di La Yelca, al quale tutti hanno partecipato, è sembrato più una processione interessata che una visita turistica.

Indimenticabile l’ora trascorsa in un tardo pomeriggio con alcuni compagni di viaggio sulla collina di San Jorge, che con la sua croce sbilenca sembra proteggere il paese con il suo prezioso complesso domenicano, ma soprattutto sembra la custode dell’integrità di quel paesaggio, fino all’estremo confine dell’orizzonte, che tante volte aveva affascinato il Santo predicatore e che non sembra sia cambiato in questi ottocento anni.

            BURGOS e OSMA

 

Le visite alle Cattedrali delle due Città mi ha permesso di fare la conoscenza di due realtà architettoniche stupende anche se diverse, soprattutto la prima, ma per essere sincero all’appagamento estetico non è seguito nessun coinvolgimento interiore anche perché troppo coinvolto nel seguire formelle, colonne, forme gotiche piuttosto che retabli o statue con tutto il loro significato.

            LOURDES

 

Una giornata indimenticabile, forse o soprattutto perché vissuta in modo diverso da come abituato, unitamente a Daniela, come barelliere e dama O.F.T.A.L.

La sosta davanti alla facciata della Chiesa, dove si ammira la Vergine Santa che consegna il Santo Rosario a San Domenico, la visita alla grotta di Massabielle, il Museo, la prima abitazione di Bernardette ed quindi il misero Cachot che non aveva la dignità ad essere chiamata prigione, figuriamoci abitazione.

La preghiera muta, in un ambiente occupato solo dal nostro gruppo, è stato un momento unico, perché sembrava che le mani di tutti, con gli occhi chiusi, si cercassero reciprocamente per trasmettersi solidarietà, amore, serenità……..

            TOLOSA e DINTORNI

     

La sosta alla Maison Seilhan è stata, nonostante il caldo afoso, molto interessante, ma ciò che più mi ha coinvolto è stata la celebrazione della S. Messa in un ambiente carico di storia sovrastato dagli austeri cassettoni con le immagini di alcuni episodi della vita di San Domenico.

La discussione sugli inizi dell’attività del Tribunale dell’Inquisizione mi ha colpito profondamente perché mi ha dato la conferma dell’integrità morale dei domenicani anche di fronte ad avvenimenti  per molti cristiani non ancora chiari per non dire talvolta imbarazzanti. Serberò quei momenti nel mio cuore con la speranza di mantenere anch’io, di fronte agli avvenimenti della vita, la stessa integrità ed onestà morale.

Indimenticabile la visita al borgo di Fanjeaux, ma non tanto per aver avuto la possibilità di visitare la casa di San Domenico, quanto per i momenti trascorsi nel piazzale del Le Seignadou dove la vista della pianura e delle colline circostanti hanno richiamato nella mia memoria i bei momenti trascorsi sulla collina di Caleruega. L’idea che i miei pensieri potessero essere in sintonia, almeno per un tempo limitato, con quelli di San Domenico mi hanno fatto sentire un figlio amato piuttosto che un pellegrino.

La lunga fila indiana che il nostro gruppo ha formato lungo il bordo della strada da Fanjeaux al Monastero di Prouilhe, mi ha riportato indietro negli anni  quando da giovane percorrevo la strada dalla Porziuncola ad Assisi, con pensieri forse meno profondi, ma con lo stesso spirito ed entusiasmo.

Indegnamente ho scritto queste poche considerazioni su un pellegrinaggio fantastico, ma sarebbe più giusto soffermarsi più a lungo sulle singole tappe del viaggio per esternare sentimenti e stati d’animo che non possono né devono restare nascosti.

Chissà se un domani………

                                   Tonio Demontis con il contributo di Daniela

            Cagliari, 08.08.2013