9 novembre
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9 Novembre 2004  Martedì

La mattina si parte per l’Aldea di Mopán 3. (Mopán è il fiume che passa in quei luoghi e l’aldea si chiama Mopán 3 e ci sono anche Mopán 1 e 2).
Cosa sono le Aldee. C’è il paese: Dolores che è come uno dei nostri paesi dell’interno, magari un po’ più abbandonato nelle strutture comuni (strade tutte bianche e spesso pericolose per il fango e per le buche, quella principale è asfaltata). Qui c’è la Parrocchia con le sue strutture: chiesa, ufficio, registri ecc… A questa Parrocchia appartengono 21 villaggi sparsi per la campagna: le Aldee, appunto. Per arrivare da Dolores alle Aldee si devono percorrere strade sterrate che a volte tutto sembrano fuorché strade: buche incredibili anche di mezzo metro di profondità e grosse pietre buttate là in mezzo per coprire in qualche modo il fango che invade in profondità e in larghezza/lunghezza la “carreggiata”. All'inizio i padri andavano alle aldee a piedi o a cavallo. Oggi si va con il “carro” (la Toyota a trazione integrale) generosamente donato da un amico fiorentino. A certe aldee si continua, comunque, ad andarea piedi o a cavallo perché c’è solo un sentiero, spesso in mezzo alla giungla, che porta ad esse. Le aldee sono abitate da gruppi di famiglie (da dieci a un massimo di ottanta - Esmeralda però ne ha ben centotrenta!) che coltivano i terreni, spesso sottratti con il fuoco alla foresta pluviale del Petén e che quindi danneggia e impoverisce la natura. Queste famiglie vivono in capanne con le pareti di legno e con il tetto di frasche o lamiera. Ho visto solo una casa (costruita in blocchetti di cemento) all’aldea Pedregal e nell’aldea di Esmeralda quasi tutte le abitazioni sono costruite con blocchetti di cemento. Ma questa è un’aldea particolare che raccoglie gli ex esuli dei tempi della guerriglia. Famiglie che con la pacificazione del 1996 sono tornate da vari posti di esilio (soprattutto Messico) dove si erano rifugiate e il governo ha dato loro questi terreni per viverci in pace. Alle aldee si coltivano soprattutto fagioli, maìs, ananas, banane, caffé e canna da zucchero.
Oggi in viaggio per Mopàn 3 siamo in quattro: p. Ottavio, un padre Cappuccino americano che si chiama Michele (è qui, ospite delle suore, per fare un’esperienza missionaria), suor Josephina delle vincenziane ed io, tutti sul “carro” rosso.
La chiamano strada, quella che porta all’aldea ma non si potrebbe chiamare neppure sentiero. A bordo del nostro pick-up gli scossoni sono incredibili. Attraversiamo zone fangose dove ci sembra di scivolare via, giù nella scarpata sottostante, guadiamo in due punti il fiume e non è proprio una cosa semplicissima, per fortuna non è piovuto da poco e l’acqua non è alta.
Alla fine arriviamo a Mopán 3 ed il padre Ottavio torna indietro perché deve andare a san Benito: arrivano, infatti dalla capitale delle persone inviate dal governo e dal tribunale per il fatto di giovedì.
Restiamo così a Mopán 3 il cappuccino, la suora ed io.
Suor Giuseppina riunisce i catechisti ai quali espone il piano pastorale. La suora è molto brava e la ascoltano con attenzione e piacere.

Faccio qualche foto e qualche ripresa e poi si va a pranzo da don Celestino, noto don  Tino che è il responsabile dell’aldea per la catechesi. La moglie, che si chiama donna Lola, ci accoglie con delle buonissime tortillas di maís e con un piatto di frijoles neri come la pece e cucinati come una purea. È tutto buono. Documento il tutto con foto e riprese con la telecamera.
Alle 17.00 confessioni ed anche questa volta è la prima volta in spagnolo!
Poi alle 18.00 la messa dentro la chiesetta con grande concorso di popolo che canta con molta grinta e gioia. Presiede e predica l’amico p. Michele, il cappuccino.
Dopo la messa arriva un camioncino per portarci indietro a Dolores. Lo guida  Juanon un uomo enorme. Il ritorno è avventuroso, se possibile più dell’andata, per via del buio pesto e del mezzo di trasporto abbastanza precario. Il cassone (palangana) è stracolmo di gente e c’è anche sr. Josephina perché in cabina non c’è sufficiente  posto.
Come Dio vuole si arriva a casa. Alzo gli occhi al cielo e vedo un cielo meraviglioso con le stelle che brillano molto vivaci: qui non ci sono le luci della città e lo smog a disturbare la visione del firmamento!
Una caratteristica che non può passare sotto silenzio è che qui ogni tanto cantano i galli, non importa a che ora del giorno o della notte: devono aver fuso il loro orologio. Già, l’orologio! Esiste qui un tempo di orologio, che poi è l’ora normale e precisa ed esiste l’ora chapina che è l’ora interpretata dai chapini (i guatemaltechi sono chiamati amichevolmente così dalle popolazioni degli stati circostanti) e ciascuno la interpreta come vuole!!!
Anche il giorno di oggi è finito e ringrazio il Signore per questa splendida grazia, opportunità, privilegio che ho avuto.

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