LA MIA RELAZIONE SUL GUATEMALA
Prima che partissi per questa bellissima esperienza ero estremamente curioso di scoprire la realtà e la cultura di questo affascinante
quanto, purtroppo, povero Paese.
I luoghi in cui sono stato corrispondevano più o meno alla mia immaginazione, anche se alcuni mi hanno lasciato senza fiato sia da un punto di vista positivo che negativo. Sono venuto
a contatto con diverse realtà ed era già qualcosa che avevo assaporato tempo fa dopo aver conosciuto l'ospitalità, la gentilezza, l'umanità e la solidarietà della gente del Centro America.
L'arrivo a Dolores è stato tranquillo e la sistemazione nella casa missionaria mi ha dato modo di conoscere l'attiva opera di Padre Ottavio nelle “aldeas” e quella con i ragazzi del posto. Di primo acchitto,
l'impatto con la realtà di Dolores è stata di diffidenza nei miei confronti (fatto del tutto normale, che si può avvertire anche nei nostri Paesi), ma pian piano questa diffidenza si è trasformata
in un rapporto per così dire, di buon vicinato. I primi giorni gli studenti avevano grande curiosità di vedere cosa potevano aspettarsi da me.
L'ignoranza non esiste, ma forse “solo” una precaria
preparazione dalle prime classi fino al “básico”.
Alcuni degli studenti fanno confusione anche nello spagnolo scritto, ma ve ne sono altri che hanno una spiccata intelligenza, direi al di fuori della
norma, ed inoltre hanno precisi obiettivi da raggiungere come quello di “sacar sus familias” ovvero togliere dai problemi (economici) le loro famiglie, cercando di dare il meglio di loro
stessi a scuola. La maggior parte degli studenti è estremamente povera e cifre che a noi farebbero sorridere per loro sono di vitale importanza.
Pieni di sogni e desideri per il loro futuro e molto spesso anche per quello dei loro familiari, questi ragazzi mi hanno sorpreso positivamente con un qualcosa che non mi sarei mai aspettato: preoccuparsi del loro futuro
e di quello di chi gli sta vicino.
Elemento che denota già un abisso se lo rapportiamo alla “faciloneria e all'immaturità adolescenziale occidentale”.
Con il P. Giorgio |
La scelta di questi ragazzi di poter far parte del Collegio San Martín de Porres proviene dalla convinzione e dalla consapevolezza di ricevere una buona formazione inserita in un contesto, quello a vocazione turistica, che
potrà inserirli nell'immediato, nel mondo del lavoro come guide, in strutture ricettive o altro, senza dover affrontare delle spese (per loro esorbitanti) in altre scuole che offrirebbero una preparazione sicuramente
scadente.
Nel collegio vi sono diverse etnie tra le quali quella Quetchí della quale fa parte un alunno, a cui ho chiesto una registrazione nella sua lingua nativa (ha imparato per prima la lingua Quetchí,
poi lo spagnolo ed ora sta imparando inglese (già buono), italiano e francese (non male per un ragazzino di 17 anni). In lui come in altri ragazzi del Collegio ho nutrito una profonda stima e ammirazione, poiché
non hanno reso vane le mie lezioni e si sono sempre applicati il più delle volte con successo, dimostrando una grande voglia di imparare, di migliorare e di affermarsi.
Forte delle mie esperienze come insegnante, prima in Francia e poi in Süd Tirol,ed avendo assorbito una moltitudine di elementi (da trasmettere poi agli alunni) dai diversi professori e docenti avuti nella
mia carriera, ho avuto modo di metterli tutti (o quasi) in pratica sfruttando al massimo il poco tempo disponibile: disciplina, rispetto reciproco ma anche distensione.
Il mio approccio nelle 4 classi del “Colegio”
è stato inizialmente “abbastanza severo” dato che dovevo far capire loro che la mia non era una vacanza (e soprattutto loro non erano in vacanza), e che da me dovevano imparare il più possibile. Cosa
che alla fine della mia esperienza hanno fatto.
Dopo di che ho allentato piano piano “l'elastico della tensione” cercando di fargli entrare in un contesto appena più rilassante, in modo che sconfinasse
nella curiosità del ragazzo e nell'abbassamento del filtro affettivo (cosa che molto spesso gli impedisce di fare le classiche domande “non ho capito” oppure “può rispiegare” o ancora “cosa
vuol dire” quest'ultima domanda devo ammettere la più gettonata) senza che tutto ciò andasse però al di là degli schemi studente-professore.
Ho cercato di articolare il mio lavoro (in lingua italiana e in lingua francese) preparandomi delle lezioni prettamente grammaticali (ciò di cui hanno più bisogno), senza l'ausilio né di film né di dialoghi.
Ho iniziato il mio lavoro, facendo fare loro un ripasso di ciò che avevano fatto in entrambe le lingue, dopo di che ho visto le lacune e ho lavorato su quei punti. I tempi verbali, quali passato prossimo, presente e
con alcune classi futuro, hanno ricoperto molta importanza nelle mie spiegazioni, di modo tale che i ragazzi avessero per lo meno le basi per poter intraprendere un piccolo discorso; il tutto accompagnato da diversi esercizi,
descrizioni fisiche e dell'abbigliamento.
Ho continuato il mio lavoro con interrogazioni frontali o in coppia e con alcuni compiti in classe (ho registrato un netto miglioramento soprattutto in francese, dato che in italiano
non sono poi così male) Per le ultime lezioni (le ultime due) ho preparato dei lavori di completamento delle canzoni italiane e francesi: cercare di capire più parole possibili e completare gli spazi vuoti nel
testo.
Negli ultimi giorni ho dato loro delle scatole (la scatola cinese) costruite da me con del cartoncino di diversi colori, raffiguranti le bandiere di Italia e Francia e all'interno delle quali dovevano inserire tutti
gli argomenti trattati con il sottoscritto, di modo tale che potessero ripassare gli argomenti svolti anche in mia assenza.
Per quanto riguarda le persone che hanno collaborato con me, devo dire che mi hanno trattato in maniera squisita, sia sotto il profilo umano che per quello professionale. Sottolineo con fermezza la figura di Padre Giorgio, persona
eccezionale e dotata di grande carisma, ottima e preziosa guida per il Collegio San Martín de Porres.
Secondariamente la partecipazione di molti dei maestri del collegio, con i quali il rapporto personale è
stato piuttosto amichevole.
Terzo ma non meno importante, l'organizzazione interna del personale del Collegio, ex alunni i quali, nonostante la giovane età, dimostrano già di avere una buona responsabilità.
Personalmente posso dire di avere avuto un'enorme fortuna di conoscere la realtà del Guatemala e di entrare in contatto con le persone del posto, soprattutto con gli studenti, ragazzi adorabili per i quali non si può
fare che del bene, fornendo i mezzi ai più meritevoli e ai più bisognosi.
È stata un'esperienza che mi ha sensibilizzato maggiormente ai loro problemi ed inoltre è stato un arricchimento culturale
e professionale.
Spero davvero di poterci fare ritorno per aiutare i ragazzi.
Giovanni Orrù