RELAZIONE LETIZIA VACCA
Missioni

Diario di viaggio sull’esperienza in:

Guatemala Corazòn del Mundo Maya
Un viaggio che consiglio a chi ha voglia di vivere un insieme di emozioni così brevemente riassunte:
autobus variopinti e stracolmi di gente, pioggia, freddo, “tormentas” e caldo tropicale, pollo “frijoles” e “tortillas” a colazione, pranzo e cena, verde lussureggiante della giungla e vaste piantagioni di granoturco, la maestosità delle rovine Maya e la povertà delle case dei “campesinos”, case in lamiera nei paesini e “canchas” (case di legno con i tetti di palma) nei villaggi, la dignità, ma sopratutto la religiosità, l’umiltà e gli sguardi innocenti di una popolazione indigena che a tutt’oggi preserva e mantiene intatte le sue lingue e tradizioni malgrado la grande repressione spagnola!

Gracias Guatemala
L’intento di questo lavoro, non è semplicemente quello di descrivere una grande esperienza formativa a livello sia didattico sia personale, ma ancor più quello di cercare di racchiudere e di trasmettere in poche pagine un mese e mezzo ricco di emozioni. Con esse vorrei farvi sognare un paese forse ancora sconosciuto a molti di voi o conosciuto sotto un'altra prospettiva, farvi percepire i profumi di una ricca vegetazione tropicale e scorgere i colori di quei mercati e vestiti tradizionali caratteristici dei discendenti Maya.
Prima di iniziare a raccontare di questa mia grande avventura mi sembra doveroso fare una breve premessa sui giorni che hanno preceduto la mia partenza. Giorni di grande tensione e preoccupazione dovuti all’indecisione di intraprendere o no quest’esperienza formativa nonché tirocinio Universitario. Una grande opportunità per tutti gli studenti universitari offerta dalla professoressa F. Bayle promotrice di tale accordo universitario.
Definisco questi giorni come i più emozionanti e terribilmente inquietanti della mia vita, il mio stato d’animo è in perenne stato d’ansia e paura. Paure fomentate dalla scarsa conoscenza di questo Paese. Le poche informazioni si limitavano a ciò che maggiormente si sente dire del Guatemala: la sua estrema condizione di povertà ed enorme pericolosità generata dai problemi del narcotraffico, tralasciando così tutte le ricchezze e incanti che questa terra ha da offrire!
Dunque, vi chiederete da cosa nasce la mia scelta di partecipare a questa proposta di tirocinio..
Il tutto è merito di una mia collega che, conoscendo la mia irrefrenabile voglia di scoprire nuove culture e terre lontane, mi sceglie come sua compagnia di viaggio e mi motiva a partecipare all’iter selettivo di questo bando con lei. Da quel giorno in poi incentriamo la nostra ricerca quasi ed esclusivamente sui rischi e pericoli a qui saremo state esposte, ad esempio la tanto temuta malaria e i problemi di brutale criminalità e violenza. Questo è quello che più ci preoccupava e allo stesso tempo come potete immaginare non ci agevolava nella scelta bensì la complicava. Col passare dei giorni, le paure aumentavano così come la gran voglia di vincerle e partire! Per non rischiare di tediarvi troppo e di togliere spazio al fulcro dell’esperienza, vi annuncio che la mia compagna di viaggio, nonché protagonista principale di questa iniziativa decide di abbandonarmi, rendendomi così la protagonista assoluta di quest’avventura. La scelta si fa ancor più ardua ma solo ora posso dire che sia stata la più saggia che io potessi fare!

Partenza
L’avventura inizia il giorno Venerdì 15 0ttobre 2010 e termina Martedì 7 dicembre 2010, per l’esattezza solo undici giorni fa. Potete immaginare quanto le emozioni e i ricordi siano ancora freschi e vivi dentro me. Volo Cagliari/Roma in pronta mattinata e a susseguirsi Roma/Madrid e il mattino seguente Madrid/Città del Guatemala. Mi ritengo molto fortunata perché tutto si è svolto regolarmente sin dall’inizio, voli in orario e bagagli pervenuti. Avevo sentito dire che solitamente i voli per l'America centrale erano caratterizzati da forti situazioni emotive per via del rimpatrio di molti latino-americani… e così è stato. Durante la mia attesa in aeroporto, ho conosciuto diversi latino-americani che piangevano di gioia ma anche di tristezza, da una parte avrebbero riabbracciato la loro terra e dall’altra avevano appena salutato i loro familiari residenti in Europa, ormai da diversi anni. Il distacco dalla famiglia è causa di grande sofferenza per la maggior parte della popolazione latino-americana che, a differenza di molti altri popoli, si contraddistingue per un forte sentimento d’affetto che li lega alla loro famiglia.
Il mio viaggio ha un piacevole inizio, al mio fianco sono seduti una ragazza guatemalteca ed un signore spagnolo, per meglio specificare catalano! Mi sento sollevata e sento crescere dentro di me una forte carica adrenalinica accompagnata da un enorme senso di curiosità. Inizio a fare conoscenza con i miei vicini di bordo e si crea da subito un buon “feeling”. Entrambi si manifestano molto gentili e disposti a comunicarmi tutte le informazioni di cui ho bisogno per rendere il mio viaggio ancora più sereno e piacevole. Così inizio a prendere degli appunti e a far tesoro di tutti i preziosi consigli che mi vengono dati. Questi ultimi variano dalla violenza in Guatemala e le conseguenti raccomandazioni (evitare di prendere i pullman di colore rosso poiché fonte di assalto giornaliero), alle differenze lingustiche dello spagnolo standard con quello guatemalteco (coger-algo relacionado con el sexo, cillero-guay, pisto-dinero), alla cucina tipica, alla musica ecc.
Arrivo a Città del Guatemala:
La chiamano l’eterna primavera , merito del suo magnifico clima fresco e mite. Ad attendermi è una suora domenicana, suor Teresita (tutto precedentemente concordato dalla professoressa Bayle). Sono solo le cinque della sera ma il cielo è già cupo e si prepara a imbrunire. Non mi sento tanto stanca ma, al contrario, soddisfatta dal mio viaggio e con la giusta carica per iniziare la mia avventura. Le suore mi accolgono con un caloroso applauso e mi trasmettono un senso di protezione, ciò fa sì che io mi senta al sicuro anche in una delle città più pericolose dell’America Centrale.
L’indomani mattina sveglia presto, è Domenica e partecipo alla messa nella cappella del convento. Subito dopo, partenza alla scoperta di Antigua, città coloniale e antica capitale del Guatemala, dalla quale intravedo scorci mozzafiato: le vecchie ville dipinte a tinte forti, i mercatini dell’artigianato multicolore e un brulichio di venditrici ambulanti che incitano costantemente all’acquisto dei loro prodotti. Rimango profondamente meravigliata e colpita da questo mio primo approccio con la cultura Guatemalteca. Rientro in mattinata, giusto in tempo per preparami alla prossima partenza con destinazione Flores-Sant-Elena.
Arrivo a Sant’elena :
Anche qui per fortuna qualcuno è lì, fuori dall’aeroporto, che mi aspetta: suor Marcella, una suora sarda, in compagnia di una delle ragazze dell’orfanotrofio, Marta. Nel cammino verso il convento cerco di osservare la cittadina ma a causa dei vetri scuri della macchina riesco a intravedere solo tanta gente che circola per la strada e tanto fumo fuoriuscire dai barbecue. 

Finalmente, arriva la parte più emozionante: qui ad accogliermi non sono solo le suore del convento ma una fila interminabile di bambine, orfane di tutte le età. Ad una ad una, mi abbracciano e mi danno un tenero bacio, questo gesto è stato il primo di tante manifestazioni d’affetto di questa popolazione, che mi disarma; forse non ero preparata a ricevere tanto calore umano da povere creature a cui è stato rinnegato qualsiasi tenerezza sin dai loro primi anni di vita. E’ incredibile come dei piccoli e inaspettati gesti d’affetto siano in grado di farti sentire benvoluta in così poco tempo. L’indomani mattina, esco per le vie trafficate della cittadina e mi reco a visitare il suo mercato. I moto taxi (chiamati tuc-tuc o rotativo), dal colore rosso vivo, sfrecciano incessantemente noncuranti dei passanti e del codice stradale, così come le numerosissime moto dai rumori assordanti per via dei loro motori truccati. Per fortuna, a regolare il traffico ci pensano i tumulos, dei piccoli dossi, costruiti appositamente per ridurre l’eccessiva velocità dei guatemaltechi. Di pomeriggio, aspettando l’arrivo dei Padri missionari, che mi accompagneranno a Dolores, ne approfitto per giocare con le bambine e immortalare i loro occhioni, grandi e neri, che catturano lo sguardo e sensibilizzano gli animi di ogni essere umano. Padre Giorgio e Padre Ottavio, due missionari sardi residenti in Guatemala da oramai tanti anni, saranno i miei angeli custodi per tutta la durata del mio percorso di formazione. Durante il viaggio verso Dolores, mi da il benvenuto anche la pioggia torrenziale, che ci accompagnerà così per la durata di tutto il viaggio.
Arrivo a Dolores:
Giungo finalmente a destinazione verso le sette di sera; Padre Giorgio ha deciso di farmi alloggiare presso una famiglia e non nella casa dei volontari per motivi di maggiore sicurezza. Ad accogliermi la madre e il padre di famiglia, Dona Alicia e Don Erminio, con i due figli Wilmer e Johnny. La famiglia è “mestiza” ha cioè origini miste: spagnole e indigene, infatti, si differenziano dai discendenti maya per via dei loro tratti somatici e del colore della loro pelle, nettamente più chiara. Dona Alicia si occupa delle faccende domestiche, ogni giorno, come di consuetudine, porta il mais a macinare per preparare le famose tortillas (focacce di pasta di mais cucinate in dischi di terra cotta).

Letizia: Classe con il diploma

In ogni famiglia è consuetudine preparare le tortillas di mais almeno due o tre volte al giorno, e anch’io ne approfitto per cimentarmi nella lavorazione.
Il padre di familgia , con la collaborazione dei figli, lavora nei campi e si dedica principalmente alla coltura di mais e fagioli, come la maggior parte degli agricoltori guatemaltechi. Inoltre, ogni mattina si recano nei terreni vicini per mungere le vacche e portare a casa il latte fresco. Per quanto riguarda la casa, si presenta abbastanza bene, ma nasconde delle sorprese. La prima di queste sono i bagni che al posto di una normale porta hanno una semplice tendina! Mentre la seconda sorpresa riguarda la temperatura dell’acqua... vivere con questi disagi mi porta ad apprezzare ogni giorno di più le piccole cose della vita. Devo ammettere che tutto questo ha un suo fascino e non tardo a farci l’abitudine come se fossi nata e cresciuta in questa realtà.
La mattina successiva al mio arrivo, incontro Padre Giorgio, il direttore del colegio di “San Martin de Porres”, per discutere sulla mia attività formativa; sarà lui a farmi da Tutor Universitario. La mia esperienza verte fondamentalmente su due fronti: docenza della Lingua italiana all’Università pubblica di “San Carlos” e docenza della lingua inglese presso le scuole medie “Nufed”, con infine qualche lezione sporadica agli alunni e al personale del Colegio.L’università si trova a Poptun, una piccola cittadina non molto distante da Dolores,  in quest’Università, il normale svolgimento dei corsi si concentra durante il fine settimana. L’Università così strutturata è la forma più diffusa, poiché da ai giovani studenti la possibilità di lavorare durante la settimana e contemporaneamente dedicarsi alla propria famiglia. Devo ammettere che lo svolgimento delle lezioni è più facile di quanto mi aspettassi in quanto sono agevolata dal fatto che non è la prima esperienza come docente di lingua italiana a studenti di madre lingua spagnola. Di conseguenza, sono già a conoscenza di alcune delle più grandi difficoltà che incontrano gli studenti, ma non vengono a mancare il verificarsi di tante altre problematiche. Inizialmente gli alunni presentano un grande interesse verso la materia, ma purtroppo per situazioni legate al lavoro, la maggior parte sono impossibilitati a seguire le lezioni con costanza ma raggiungono comunque dei buoni risultati.
L’insegnamento nelle scuole medie è stata un’esperienza totalmente differente da quella universitaria, per due fattori fondamentali: la giovane età degli studenti, dai dodici ai diciassette anni, e la materia d’insegnamento, l’inglese. In questo caso, il mio compito si presenta più arduo, poiché consiste nel mantenere viva l’attenzione dei giovani adolescenti màs rebeldes , (più ribelli) e insegnarli la lingua inglese a loro molto ostile, ma la difficoltà maggiore è stata quella di non farmi distrarre troppo dai loro sguardi teneri e innocenti. Il corso d’inglese, malgrado tutte le difficoltà incontrate, ritengo sia stato quello che mi ha regalato più soddisfazioni sia a livello umano sia didattico. Rispetto alle enormi lacune manifestatesi all’inizio del corso, ho potuto riscontrare grandi miglioramenti, i ragazzi hanno partecipato attivamente alle lezioni e soprattutto hanno frequentato assiduamente per la durata di tutto il corso. Tutti insieme, abbiamo raggiunto un grande traguardo, coronato dalla graduaciòn final con la consegna dei relativi diplomi.
Nella mia attività di tirocinio, inserisco inoltre alcune ore destinate allo studio di ricerca sulle lingue maya, a partire delle quali elaborerò il mio progetto di tesi finale. Una parte di queste ore, le dedico alla ricerca sul campo e alla visita di alcuni villaggi, dove risiede la popolazione indigena.
Visita alle aldee:
In questa esperienza, la realtà supera l’immaginazione! Il villaggio si chiama “Monte de los olivos”. Un’aldea (villaggio) abitata da circa 200 famiglie indigene di origine Quetchì. Uno tra i villaggi economicamente più arretrati e isolati dl resto degli altri. Durante il giorno della mia visita ha luogo la celebrazione di ben quattro matrimoni e dieci battesimi, ne approfitto così per realizzare un intero servizio fotografico e fare delle brevi interviste utili alla realizzazione del mio lavoro di tesi.
Rimango folgorata dalla marea di bambini, dai loro sguardi unici e particolari, timidi e curiosi, ma allo stesso tempo sorpresi e felici della mia presenza. Mi aspettavo di venire a contatto con una realtà più straziante e disagiata, visi segnati da tristezza e disperazione, corpi magri o addirittura scheletrici ma al contrario, e nonostante le molteplici difficoltà economiche, gli abitanti del villaggio non si fanno mancare il sorriso sulle labbra e i bambini godono della possibilità di giocare liberi sui prati.
La celebrazione è caratterizzata da un rito peculiare: gli sposi vengono uniti insieme da una catena simbolica e così rimarranno fino alla fine del rito.
Al termine della cerimonia gli sposi offrono un ricco banchetto per gli abitanti di tutto il villaggio, con il seguente menù tipico: brodo di carne di gallina, tortillas, caffè di mais e tamales per tutti! (degli involtini di pasta di mais, farciti e avvolti con delle foglie di palma). E’ incredibile come io possa essere passata da uno stato d’immensa paura ad una condizione emotiva di grande serenità.
Giorno della Graduaciòn”

Suor Marcella consegna dell'anello del diploma

Il giorno 25 di novembre, si conclude l’anno accademico con un avvenimento molto importante per il Colegio e gli studenti di “San Martin de Porres”:la consegna delle pergamene ai nuovi diplomati in “Ecoturismo”. La sala è solennemente addobbata per questa grande occasione che vede concretizzarsi un triennio di studio con la consegna dei diplomi. E’ un momento di commozione profonda, in cui si realizzano tutti gli sforzi educativi dei ragazzi e soprattutto i sacrifici economici delle rispettive famiglie. Non mancano le cerimonie di protocollo: l’ingresso della Bandiera guatemalteca e della Bandiera italiana, con la musica dei relativi inni nazionali, l’ingresso della bandiera del Colegio e di una piccola statua del santo patrono, San Martìn.
Terminata la consegna dei diplomi, (anch’io ho l’onore di consegnarne alcuni), il Padre Giorgio visibilmente commosso saluta con un caloroso abbraccio tutti suoi cari “figliuoli” . Anche la mia attività di tirocinio è giunta al suo termine e ne approfitto per dedicare i miei ultimi giorni ai rapporti interpersonali: trascorro ore dietro ai fornelli per far assaporare alla famiglia che mi ha accolto i piatti tipici della cucina italiana, o almeno ci provo.. e mi perdo nel verde delle foreste Maya.
Il giorno della “despedida” (saluti) purtroppo è arrivato. Saluto Dolores con le lacrime agli occhi, e ringrazio il Guatemala e la sua calorosa gente per avermi accolto con le braccia aperte. Auguro a me stessa di poter ritornare quanto prima possibile, perché sento che questa gente ha bisogno di me, come io di loro.

Concludo, ringraziando particolarmente tutte quelle persone che hanno fatto si che io potessi vivere questo grande percorso formativo, a partire dalla promotrice di tale accordo Universitario, la professoressa Bayle, dal mio tutor universitario Padre Giorgio fino al mio compagno di avventura, Padre Ottavio, per avermi accolto nella loro terra di missione e avermi reso partecipe delle loro attività pastorali, li ringrazio per la loro comprensione, disponibilità e senso di protezione nei miei confronti. E ora:

Hasta pronto Guatemala.

Letizia Vacca