1 febbraio 2006
Missioni

1 febbraio - mercoledì
La madrugada (l’alba), appena è  arrivata, mi ha subito visto perché ero lì che l’aspettavo.

Rosicchio un pezzo di cioccolato che mi ero portato dietro per i momenti bui e ne faccio parte al p. Octavio. Mi preparo, poi, per il viaggio di ritorno.

La sera prima, alla Messa, era stata chiesta la disponibilità di un cavallo per il padre Alberto perché vecchio e con problemi al cuore.  Qualcuno si deve essere commosso perché il p. Octavio, indicandomi un mulo mi ha detto: “vedi, quello è il cavallo per te”. Non andavo a cavallo da quando avevo quattro o cinque anni ed ebbi anche una brutta avventura: questo ricordo mi ha sempre tenuto lontano dal cavalcare.

prima di montare camarone: urgenze...

La mia apprensione è grande e anche la scelta non è serena: il cavallo o il fango?

 

Incoraggiato da tutta la compagnia, mi sono fatto coraggio. Camarone (gamberone), così si chiama il mulo è stato all’altezza della situazione e molto comprensivo della mia apprensione. Docile, ubbidiente, mi ha fatto dimenticare anche il mulo di don Abbondio!

Lungo il cammino, Camarone sceglie in tutta autonomia dove secondo lui sia meglio passare e così, affondando nel fango, con il mio rispettabile peso sul groppone, si è avviato alla volta di Las Brisas. Passato il primo momento nel quale il pomolo della sella è l’ancora di salvezza alla quale mi attacco con tutte le forze e la mia rigidezza totale non mi permette di guardarmi intorno per paura di cadere rovinosamente e ingloriosamente a terra, mi sono abituato alla cavalcatura. Così, con sempre la paura che Camarone mi perda nelle salite o che io precipiti in avanti nelle discese, fra uno scivolone e l’altro avanzo nel fango, in mezzo alla giungla, attraverso ruscelli e campi di mais. All’andata non mi ero accorto di tutti quei bei terreni con il mais quasi pronto al raccolto.

Camarone si ferma ogni tanto a mangiare ora questa ora quell’erba, ma gradisce soprattutto il mais: il frutto proibito, è da sempre quello che attira di più, tutti, muli compresi. Guardandomi bene dal distoglierlo dai suoi “assaggi”, sia per riconoscenza, sia perché memore del versetto biblico: “non mettere la museruola al bue che trebbia”, si avanza e penso che alla fin fine, pur rimanendo per lui un peso notevole, gli sto diventando anche simpatico.

Il p. Octavio si è divertito a filmarmi  durante questo viaggio.

Arrivati così a Las Brisas: questa volta con le scarpe pulite e abbastanza riposato ma divorato dai moscerini dai quali non mi sono potuto difendere per non mollare la presa del pomolo della sella: la paura di cadere! Cosa volete, c’è sempre qualcosa che non va!! Ma forse non è bello essere pignoli! Invece penso sia bello ringraziare il Signore per questa splendida opportunità che la Sua bontà mi ha dato: grazie, Signore.

Mentre scrivo, dopo l’ “avventura”, ripenso agli abitanti di San Marcos: loro quella strada la devono percorrere  per vivere, non possono ammalarsi perché non c’è medico e neppure, almeno per ora, le medicine più essenziali. Cioè, loro lì ci vivono!

Las Brisas, pur essendo anche questa un’aldea, con le capanne che chiamano case, dove l’essenziale è il condimento di tutti i giorni, Dove non ci sono negozi, strade, servizio medico, dove la Parrocchia è la realtà che si fa carico, pur nella povertà dei suoi mezzi, di questa umanità, Las Brisas, dopo l’esperienza di ieri mi sembra in’aldea diversa.

Anche qui si fa la riunione con i responsabili delle varie attività apostoliche e sociali (a volte mi chiedo se ci sia differenza, vivendo a queste latitudini!).
Le suore si dimostrano molto capaci e conducono gli incontri loro affidati con molta cura e convinzione.
Partecipo all’incontro dei bambini e a quello dei giovani. Mi colpisce soprattutto l’incontro dei giovani: vi prendono parte 25 ragazzi, maschi e femmine e abbiamo con loro instaurato un bel dialogo: il responsabile oggi è occupato nel raccolto del mais e il vice responsabile è un laico sposato che ha molto ascendente sui giovani. Si chiama Alonso e ha messo su anche un coro che, dato anche il notevole numero dei partecipanti, si distingue dai cori delle altre aldee.

Responsabile della Comunità di Las Brisas è Adrian, fratello di Domingo, il responsabile di San Marcos. Anche lui è una persona molto affidabile e impegnata nel desarrollo (sviluppo) sociale.
C’è anche un bel gruppo di ragazzi che si preparano alla cresima che hanno fatto l’incontro con il p. Octavio.
La ragazzina che il giorno prima mi aveva pronosticato il fango guardando scettica le mie scarpe da tennis, improbabili compagne di viaggio per la strada che mi aspettava, si chiama Clara Luz ed è vivace e partecipe nel suo gruppo e mi vuole portare a casa sua per farmi conoscere sua madre. Non ci vado, per non creare possibili problemi: la sua mamma l’ho conosciuta alla sera, dopo la Messa.

Anche qui l’aldea ha problemi di acqua soprattutto d’estate. Per fortuna c’è un pozzo maya che non si secca mai e per il quale ci sono progetti per portare la sua acqua in vari punti dell’aldea.
Mi sembrano molto organizzati.
Qui l’unità minima di salute è già costruita, mancano però ancora le medicine di primo intervento, soprattutto il siero per il morso dei serpenti velenosi, cosa che qui avviene con una certa frequenza!! A pranzo il nostro pollo con riso, anche oggi saporitissimo e poi si riprende il programma della visita pastorale.

Dopo le riunioni di cui ho già parlato, la “campana” suona per la santa Messa e confessioni.
Moltissime le confessioni seguite da una celebrazione partecipata in modo totale. Non è che da noi non sia partecipata o che l’erba del vicino è sempre più verde, qui c’è un’altra sensazione che non sa di obblighi né dei vari rispetti umani. Qui se uno ha bisogno di preghiere, chiede alla Comunità che preghi per lui e dice anche quale è la sua necessità. Qui coloro che sono preposti ai vari incarichi pastorali esprimono liberamente alla Comunità ciò che è meglio fare per la crescita di tutti. Qui la preghiera dei fedeli non abbisogna di foglietto per potersi esprimere, perché è carica delle attese e della fede ci ciascuno. Anche da noi la Messa è partecipata, non sempre è la festa dell’incontro della Comunità con il suo Signore e con i fratelli, almeno questo non sempre si vede …

Dopo la Messa arriva da San Marcos il nostro carico di sofferenza da portare a Dolores. Oltre la ragazza della mosca ciclera, con la sua mamma, ci sono anche due bambine piccole (pochi mesi), malate gravemente di denutrizione, e che verranno portate  al centro nutrizionale delle suore in Dolores. Le accompagnano i genitori. Le bambine trovano posto in grembo alle suore, nella cabina, tutti gli altri, ai quali si uniscono anche altre persone, prendono posto nella palangana (il picolo cassone del pick-up).

Il viaggio di rientro a casa è affollato dalle immagini di queste due giornate passate nelle aldee. Immagini, idee, riflessioni, tutto si accalca e cerca il suo spazio per uscire dalla mente ed entrare nella mia vita.

Domani il p. Octavio andrà ad un’altra aldea: Sacùl abajo. Non penso che sarò della partita: sono distrutto da stanchezza e dalle emozioni.
ciao
p.Alb

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