Il primo mese in Guatemala è volato via. Sembra di star qui soltanto da una settimana. Una settimana terribilmente intensa, scandita dall'incessante cantare dei galli. Di certo, tra le tante cose, non scorderò mai le tipiche giornate trascorse nei villaggi. Una mattina in particolare Padre Ottavio venne a prendermi intorno alle 9:00 per andare all'aldea di Limones. Barbara, Rita e Francesco erano impegnati con le lezioni di Italiano al collegio dei frati, ma Ottavio aveva bisogno che qualcuno l'accompagnasse. Doveva distribuire dei soldi agli abitanti del villaggio per un progetto legato all'acquisto di alcune vacche da latte e per questo necessitava di una persona che l'aiutasse a contare il denaro e a firmare le ricevute. D'altro canto osservare Padre Ottavio alle prese con la gente del posto è un'esperienza sempre ricca e piacevole, oltre che istruttiva.
«Oggi prenderemo un'altra strada. Sai com'è, le voci corrono e con tutto il denaro che abbiamo appresso c'è il rischio concreto di un assalto». Queste furono le prime parole di Ottavio dopo essermi accomodato sul sedile anteriore della macchina.
«Ora si che mi sento tranquillo», risposi deglutendo con una certa fatica.
In verità il viaggio fu piuttosto tranquillo, ma ogni ostacolo che incontrammo lungo il tragitto (tronchi, pietre o vacche che ostruivano il percorso) era accompagnato dal timore che fosse stato messo lì apposta. Come se ciò non bastasse, Padre Ottavio non perse occasione di rammentarmi che solo due giorni prima alcuni abitanti di un'aldea che avevamo appena visitato furono uccisi a sangue freddo da un paio di drogati armati di pistola. E fu così che con questo spirito sereno e rilassato giungemmo a destinazione.
Il villaggio era simile a tutti quelli che avevamo visto fino ad allora: pochi edifici in pietra, molte capanne più o meno sparpagliate, galli, galline, cavalli, maiali in libertà e tanti bambini curiosi che non vedevano l'ora di arrampicarsi sulla macchina di Ottavio o di giocare con il pallone che lui porta sempre con sé. Fummo accolti con pochi convenevoli e venimmo subito condotti presso un edificio non lontano. Dopo esserci accomodati ed aver atteso qualche ritardatario, Ottavio spiegò alle famiglie riunite i dettagli del progetto "Vacche da latte", mentre io cominciai a compilare tutte le ricevute. 26 ricevute, per la precisione. 26 ricevute seduto su di una panca di legno durissimo, con decine di piccoli insetti che pungevano ogni mio lembo di pelle nuda: una specie di antica tortura medievale. Ci volle quasi tutta la mattina, se alla compilazione delle scartoffie aggiungiamo il conteggio delle banconote. Al termine delle operazioni il mio fondoschiena aveva assunto la forma e la consistenza dell'asse di legno su cui era rimasto appoggiato per tutto quel tempo. Mi ci volle una buona mezz'ora perché il sangue riprendesse a circolare.
Nel frattempo fummo invitati presso una famiglia del luogo a consumare una ciotola di fagioli con uovo sodo al centro, nonché una sorpresa a me molto gradita: una specie di pastina dolce, fatta con il mais e avvolta dentro una foglia di banano. Tra le pietanze tipiche che ho avuto modo di assaggiare finora, questa è stata indubbiamente la più gradita.
Subito dopo pranzo decisi di rilassarmi in macchina, essendo Ottavio impegnato in una seduta di catechismo e non essendoci l'ombra di un bambino con cui giocare. In breve i suoni della natura cominciarono a penetrare le mie orecchie, all'inizio confusi e indistinti, poi sempre più chiari. Dopo qualche minuto raggiunsi un piacevole stato di dormiveglia, che tuttavia fu interrotto bruscamente dal ruggito delle scimmie urlatrici. Non avevo mai sentito nulla del genere, sembrava che gli spettri del bosco si fossero riuniti per gridare vendetta.
Poco dopo vennero i bambini ed organizzammo una partita di calcio. Data la penosa distanza che intercorre tra la mia preparazione fisica e quella degli abitanti dei villaggi, posso permettermi di giocare una partita soltanto con i bambini più piccoli e credetemi se vi dico che anche con loro incontro notevoli difficoltà in termini di resistenza. Tuttavia partecipare ai loro giochi è una gioia che difficilmente si riesce a spiegare.
Quella sera, dopo il tramonto e poco prima della funzione religiosa che avrebbe chiuso la nostra giornata, assistetti ad uno degli spettacoli più belli di questa mia esperienza in Guatemala: un trionfo di lucciole su tutta la distesa erbosa e sugli alberi intorno alla chiesa. Sembravano tante piccole lampadine natalizie che s'illuminano a intermittenza. Mai viste così tante lucciole in una volta sola.
Infine giunse il tempo dei saluti e il ritorno a casa. Una giornata intensa, vissuta in assoluta libertà nel bel mezzo della natura selvaggia. Così come vorrei che fossero tutte le giornate della mia vita.
Marcello