Holà soy Rita.
Oggi è venerdì 16 marzo e sono sola a casa con Francisco perché noi dobbiamo andare a conversare in italiano con i ragazzi del collegio di P. Giorgio, mentre Barbara e Marcello sono andati con P. Ottavio e Suor Angelica a Los Olivos, un'aldea di etnia maya.
Questa settimana, come avevo previsto, è stata pienissima e per i nostri due amici molto stancante.
Martedì 13 siamo stati a Sacùl Arriba con P. Ottavio; Francisco è rimasto a casa perché aveva la “gripe” (influenza) e si è preso una giornata di riposo. Con noi però è venuto un giovane, Freddy, che abbiamo caricato a Mopàn 1 e che doveva coadiuvare P. Ottavio nelle riunioni e nell'intrattenimento dei bambini. Al nostro arrivo - dopo circa un'ora di strada fangosa, tutta buche e sobbalzi - siamo arrivati alla nostra meta dove ad attenderci abbiamo trovato il catechista Don Esteban. Mi ha riconosciuta subito, ma immediatamente dopo mi ha chiesto di Francisco e di P. Alberto (ma P.Alberto no llega?). Per la verità tutti ci rimangono un pò male nel sapere che il nostro Padrecito non c'è, ma il loro viso s’illumina quando vengono a sapere che “llegarà en el mes de augusto”.
Intorno alle 11,00 - non prima di aver abbracciato tutti i bambini che si presentano, ai quali raccomanda che possono prendere il pallone che sta nella palangana, ma devono rimetterlo a posto appena hanno finito di giocare - P. Ottavio inizia la riunione con le persone che volontariamente seguono la comunità in campo religioso. Non sono in molti, ma tutti hanno qualcosa da raccontare al Padre. Il problema più ricorrente è la mancanza di volontari: i presenti cominciano ad avere una certa età (solo il Ministro dell'Eucarestia - Don Ciabelo - ha 82 anni e sua moglie - Doña Felicita - 84 ed è malata), i giovani non sono molto presenti.
Manca il catechista che possa seguire i bambini specie nella preparazione alla prima Comunione e P. Ottavio ha un bel d'affare per rincuorare i presenti, per motivarli nella ricerca di soluzioni e per incoraggiarli a non farsi abbattere dalle delusioni e dai mancati traguardi. L'importante è “luchar siempre” (combattere sempre). Sempre di più mi rendo conto di quanto siano importanti in questo contesto i laici per mantenere viva la fede nei parrocchiani che vengono sempre più insistentemente avvicinati dai pastori evangelici che, in cambio di prebende, promettono la guarigione da ogni male, la salvezza assoluta ed il paradiso. È da tenere conto inoltre che periodicamente questi laici partecipano, a Dolores, a delle riunioni nelle quali ognuno esprime le proprie difficoltà, confrontandosi con le esperienze degli altri. Non usufruiscono di mezzi di trasporto e pertanto il percorso che noi facciamo in macchina in un'ora, loro lo fanno a piedi o, se sono fortunati, a cavallo di un mulo, in un tempo che penso sia 4/5 volte superiore, con il caldo, la pioggia, il fango che arriva alle ginocchia e che avvolge gli stivali, trattandosi di strade coperte da terra argillosa. Proprio una bella costanza ed una grande motivazione. Tantissime volte penso alla nostra realtà ed alle nostre motivazioni…
Inoltre c'è sempre di più il problema della terra: pochi ne sono proprietari, moltissimi lavorano quella degli altri, pagando affitti che spesso si discostano poco dal ricavato della vendita del raccolto. Ed allora gli uomini si spostano dove c'è terra libera, ma questa si trova sempre più lontana e nell'area protetta e di conseguenza il Governo, se vuole, può impedire di coltivare e di conseguenza di raccogliere. Questo è un problema gravissimo che provoca solamente fame e malessere sociale, la risoluzione dei quali avviene quasi sempre con metodi sbrigativi, immediati e violenti. Ogni volta che si affronta questo argomento P. Ottavio chiede calma e serenità e si impegna, con il Vicariato Apostolico nella persona di Mons. Fiandri, a ricercare il sistema legale per non dover subire passivamente minacce e intimidazioni e qualche volta anche morti (da quando siamo qui ci sono stati diversi morti a causa della terra). Questo gravissimo problema sociale sta arrivando al collasso e i nostri Padri sono estremamente preoccupati.
Con Barbara e Marcello sono andata in una capanna vicino alla Chiesa dove una decina di donne stavano preparando i “tamales” per tutta la comunità. Infatti quel giorno il Trittico sarebbe tornato in chiesa dopo una sosta settimanale presso una famiglia. Questo Trittico è una specie di icona con due ante che la chiudono: al centro c'è raffigurato il Cristo risorto, nelle antine ci sono le rappresentazioni di Gesù che aveva fame e gli è stato dato da mangiare, aveva sete e gli è stato dato da bere, era incarcerato ed è stato visitato e così via. Il Vicariato ne ha regalato uno ad ogni aldea del Petén e questa immagine sacra viene ospitata settimanalmente presso famiglie sempre diverse, dove vanno in visita i fedeli dell'aldea. Sta a dimostrare che Cristo peregrino è impegnato permanentemente nella Sua opera missionaria, che non potrà avere mai fine. Avvicinandosi la S. Pasqua, il Trittico doveva rientrare in Chiesa, pertanto l'ultima famiglia ospitante e quelle dei bambini che sarebbero stati battezzati la sera hanno organizzato questa festa alla quale erano invitati a partecipare tutti.
Nella capanna le donne avevano già preparato la masa (il mais bianco macinato) bollente e piuttosto denso ma non compatto, i polli (52) tagliati a pezzettini (la pelle ed il grasso di un giallo insistente) conditi e lasciati macerare con spezie, un tipo di sugo rosso estratto dalla spremitura di un pianta (aciote). Inoltre avevano preparato pile di foglie di banano tagliate a pezzi di diversa grandezza, sovrapposte ed alternate uno piccolo sopra uno più grande sotto e così via. Prima di iniziare il lavoro le donne si sono lavate le mani tantissime volte, ma l'acqua del catino era sempre la stessa e dentro la capanna oltre alle donne ed ai bambini pascolavano cani e galline: forse qualcuno di questi animali avrà bevuto dal catino... ma in questi posti non va sprecato nulla e gli animali approfittano di qualsiasi cosa gli possa dare sostanza. Comunque tutti e tre abbiamo fatto tamales!!!! Sulla foglia piccola di banano, che si bagna preventivamente con acqua, si versa un pò di masa poi si aggiunge il pezzetto di carne macerato nell'aciote, quindi si chiudono le foglie avendo cura di fare con la piccola una piegatura che non consenta la fuoriuscita del ripieno. Infine si piegano ordinatamente le estremità verso il centro e si mettono in un pentolone a bollire. Ci vuole almeno un'oretta di cottura poi viene presentato ai commensali per essere mangiato. Per farla breve tutti e tre ci siamo cimentati nella produzione di questo cibo - tutto documentato dai filmati - e Barbara ha dimostrato maggiore manualità. A fine mattinata, al termine cioè della scuola, ho giocato a calcio con i bambini. Il terreno di gioco è un pò in discesa di conseguenza si perde sempre molto tempo nel recupero del pallone finito fuori campo. Le squadre sono composte per la maggior parte da femmine che, come i maschi, giocano scalze - de puntera - dimostrando però maggiore determinazione. Sono finita spesso nelle pozzanghere di acqua sporca - inzaccherandomi di fango grasso e appiccicoso - tra le risate dei bambini che si meravigliavano dalla mia faccia un pò perplessa. Il mio “equipo” ha perso ma mi sono divertita tantissimo e, con gli avversari, ci siamo dati appuntamento per la rivincita da effettuarsi nel pomeriggio.
Siamo andati a pranzo a casa di Don Esteban il quale ci ha fatto una piacevole sorpresa: abbiamo trovato la ciotola di brodo caldo con la patata e nel piatto piano metà pesce. Non avevo mai mangiato in un servizio di piatti così abbondante, ma soprattutto non avevo mai mangiato pesce nelle aldee e questa doveva essere un'occasione speciale. La casa era come tante, ma da piccoli particolari - all'ingresso c'è una montagna di fagioli neri segno evidente che il raccolto era stato buono - si capisce che la famiglia che la abita è più benestante rispetto alle altre. Al termine del pranzo con P. Ottavio siamo andati a visitare gli ammalati che chiedono anche di essere confessati. Il luogo e le circostanze sono molto informali ma perfettamente inseriti nel contesto ambientale. Con Freddy e Barbara ci siamo poi riuniti nella vecchia chiesa per fare attività con i bambini, i quali dapprima partecipano un pò timorosi all'incontro, trovandosi di fronte persone forestiere che non parlano la loro lingua.
Con la minaccia che chi non avesse partecipato non avrebbe avuto caramelle, i bambini si sciolgono un pò anzi ne arrivano altri. Alla compagnia si uniscono anche i catechisti e i Ministri dell'Eucaristia perché così anche loro potranno avere le caramelle. Anche noi misioneros entriamo a fare parte attiva del gioco ma poiché siamo un pò impacciati nei movimenti non conoscendo i giochi, scateniamo l'ilarità dei bambini. Al termine Freddy provvede a distribuire le caramelle raccomandando di depositare la “basura” - le carte delle caramelle - in un sacchetto messo a disposizione (non si fa la raccolta differenziata, ma si sta cercando di insegnare ai bambini il rispetto dell'ambiente che, assieme all'istruzione, sono due grossi capitali a disposizione loro e dell'intera società guatemalteca.
Nel frattempo le donne avevano messo a cuocere i tamales in diversi pentoloni ed aspettavano che si raffreddassero per distribuirli agli abitanti. Al termine delle visite agli ammalati P. Ottavio ha caricato i bambini nella palangana del pik up e li ha portati a giocare nel campo di calcio (questo ha 4 porte, una per ogni lato) a fare una partita maschi contro femmine. Poiché i maschi erano in abbondanza P. Ottavio e Marcello hanno giocato con le femmine. Barbara, Freddy ed io facciamo tifo per le femmine, ma purtroppo il nostro equipo “no gana”/non vince. P. Ottavio corre molto e gioca decisamente bene, purtroppo gli altri sono al di sotto dei 12 anni e questo vuol dire molto....
Verso le 17,00 viene organizzata la processione che riporterà il trittico in Chiesa, poi seguirà la S. Messa, all'interno della quale verranno amministrati 6 battesimi. In assenza di Francisco, Barbara è stata nominata reporter ufficiale e in tutta la giornata ha fatto tantissime foto ed ha girato tantissimi filmati. Al termine della celebrazione siamo stati invitati a cena per gustare i tamales, ma l'invito è stato declinato perché sono già le 21,00. Ci vuole ancora un'ora di macchina per tornare a casa e siamo stanchi. Don Esteban prima di ripartire ha consegnato a P. Ottavio la solita busta di plastica nera che conteneva i tamales per casa, poi sulla palangana vengono caricati 3 sacchi di mais e uno di fagioli che serviranno per preparare il pranzo durante la “convivencia” / gli incontri dei componenti le diverse pastorali.
In questo modo si evita di pesare completamente sulla comunità ed è un modo per “compartir” con chi ha meno di noi.
Hasta pronto e besitos
Rita