20 marzo 2012 Francesco
Missioni

20 marzo 2012

Ciao a tutti. Eccomi di nuovo qui e voglio provare a raccontarvi la mia vita guatemalteca.

Dovendo essere sincero vi confesso che sono reduce da un brutto momento di abulia da diario. Non sentivo il desiderio di sedermi e scrivere per raccontare le mie ultime “avventure”. Forse il motivo è da ricercare nel fatto che le cose da raccontare sono così tante da non riuscire a trovare un punto di partenza.

Basta uscire dalla porta di casa per sentire e vedere di tutto. A volte l’aria è irrespirabile a causa dei fuochi accesi per bruciare le immondizie. Visto che il servizio di ritiro della nettezza urbana, che dovrebbe avvenire ben due volte alla settimana - il lunedì e il venerdì - non viene fatto,  gli abitanti onde evitare di ritrovarsi invasi da mosche e tafani la brucia nel cortile antistante la propria casa creando così una cappa di fumo denso e fuligginoso che copre il cielo di Dolores.

La strada centrale del paese, quella dove si concentrano “las tiendas”, è sempre sporchissima. Non è raro trovare bottiglie di plastica di vari colori, buste variopinte di alluminio che una volta contenevano chissà quali prodotti. Basta entrare in una tienda e, appesi al soffitto, si trovano dei nastri lunghissimi dai quali pendono queste bustine tanto che non si può stare eretti senza sentir strusciare la testa da queste buste. Più avanti la “carniceria”/macelleria di Saudì che si trova proprio fronte strada – forse non c’è un metro di marciapiede  - con la carne appesa in bella mostra; questa ha una protezione naturale dovuta dalle mosche che la ricoprono a decine, preservandola dalla polvere e dagli sbuffi di fumo nero lasciato dai camion e dai furgoni che passano numerosi.

Saudì lo scorso anno aveva espresso il desiderio di venire in Italia e in particolare in Sardegna almeno per un mese e ogni volta che mi vedeva non faceva altro che chiedermi il costo dei biglietti perchè sarebbe venuto con la sua famiglia (la moglie e le sue 4 bambine).  Ho fatto in tempo a tornare anche questo anno e Saudì continua a vendere il filetto di manzo al prezzo di 20 quetzales alla libbra. A questo proposito esattamente i giorni scorsi sui giornali locali è apparsa la notizia che tutti i rivenditori di carne sono in agitazione in quanto c’è stato un aumento a dir poco “indiscriminato” di 2 quetzales alla libbra. Tanto per ricordarlo a chi legge, il rapporto euro/quetzales è di 1 a 10 e così la carne è aumentata di ben 20 dei nostri centesimi alla libra (circa 40 centesimi al chilo) ed il filetto di conseguenza, costa la bellezza di quattro euro. Un prezzo decisamente irrisorio se rapportato al nostro in Italia. Varrebbe quasi la pena di chiudere bottega in Italia e trasferirsi qui.  Proprio i giorni scorsi ho comprato da Saudì quattro libbre di filetto (quasi 2 kg.) che ho pagato 80 quetzales (8 euro). Sempre percorrendo la strada centrale la maggior concentrazione di negozietti si trova sul lato sinistro. Si incontrano le tiendas che vendono verdure ma ci sono anche dei negozi che vendono di tutto o quasi (quaderni, scarpe, pentole, contenitori di plastica, bombole, machete, selle, ecc).

Nei giorni scorsi nella casa abbiamo avuto un problema nella vasca che viene utilizzata al posto della lavatrice. Fin dal primo giorno dal nostro arrivo l’acqua non defluiva correttamente di conseguenza quando si lavava la biancheria era necessario recuperare l’acqua del risciacquo che si era accumulata e bisognava gettarla in un bagno vicino onde evitare che, stagnando, fosse un incentivo per le zanzare che qui sono veramente fameliche (a questo proposito anche quest’anno ho già avuto modo di verificare la loro voracità in occasione di una visita all’aldea di El Sos. Ci sono andato con dei pantaloni corti visto il caldo della giornata, ma ho sbagliato perchè per gli insetti e le zanzare è stato un vero invito a pranzo. Ancora oggi a distanza di diversi giorni i segni lasciati dalle pizzicate sono ben evidenti). Dicevo della vasca: un altro problema che si è incontrato nella casa è quello di cercare di limitare l’invasione delle blatte che, già dai primi anni del nostro arrivo, spuntavano da ogni fessura e tra l’altro erano molto grosse. Fuoriuscivano anche dagli scarichi della vasca ed anche al di sotto della stessa; pertanto è stato necessario fare un lavoro che evitasse l’inconveniente. Nel frattempo visto che dalla vasca l’acqua non defluiva, a causa di un’ostruzione, e dopo aver provato in tutti i modi a eliminarla, a malincuore abbiamo dovuto demolire integralmente il lavoro fatto in precedenza. Ero perfettamente consapevole dei problemi che questa scelta avrebbe provocato pensando a come riuscire a ripristinare tutto correttamente. Una volta smontata la vasca dal suo alloggiamento – ed aprendo un pozzetto di collegamento dal quale le bestioline sono uscite numerosissime -  siamo riusciti a trovare il problema: era uno straccetto che chissà come si era infilato nel tubo di scarico ostruendo completamente il deflusso dell’acqua. Trovato l’inghippo é stato necessario ripristinare il tutto e qui sono cominciati i problemi!!!! In tutta Dolores, nei due negozi di “ferreteria”/ ferramenta, non si trovava un pezzo di tubo di gomma da un pollice; per trovarlo era necessario andare a Flores…. (a un’ora di macchina da qui). Vi lascio immaginare lo “spasso”. Alla fine, realizzando tutta una serie di restringimenti siamo riusciti ad innestare un pezzo di tubo da ¾ che avevamo a disposizione e che si infilava direttamente sullo scarico principale. Verso le cinque del pomeriggio il lavoro è stato portato a termine: avevamo iniziato dal giorno prima a cercare il guasto… Di cose ne capitano tutti i giorni.

Ieri sono stato con P. Ottavio e Barbara all’aldea di Mopàn 1 che si trova a circa mezz’ora da Dolores. Anche gli anni scorsi ho avuto modo di parlarvi di questa enclave. A distanza di quattro anni le cose non sono cambiate molto tranne il fatto che le persone invecchiano i bambini continuano a correre sporchi e scalzi ma, nella loro ingenuità, appaiono felici. Ho incontrato una ragazza che ha l’abitazione all’interno del recinto che delimita il sito della chiesa e l’ho vista nuovamente in stato interessante. Il suo primo figlio ha ora quattro anni e corre scalzo in lungo e in largo. Osservo il bimbo e vedo che ha uno stomaco decisamente prominente. So che questo problema è dato da denutrizione. Mi si stringe il cuore. Mentre aspettiamo che arrivi l’ora delle varie riunioni previste con las mujeres/le donne e con “los niños”/i bambini, stiamo ad osservare i bambini che corrono felici dietro alla “pelota”/il pallone che immancabilmente P. Ottavio si porta sempre dietro. Ieri per radio ho sentito che era la giornata mondiale dei Down. A Mopàn 1 c’è un ragazzo così. Con il pensiero non posso non pensare ad una Signora di mia conoscenza che è Presidente dell’Associazione Down di Cagliari la quale si prodiga in tutti i modi per aiutare questi giovani. Penso che qui non esiste niente che possa in qualche modo aiutare questi ragazzi e le loro famiglie, anche se il Governo, a parole, dice di essere al corrente dell’esistenza di questa situazione e dice di lavorare per la sua risoluzione. Vengo a sapere anche che in base alle statistiche stilate dal Governo esiste un bambino down ogni ottocento ragazzi normali. Il ragazzo che oggi conosco, Alexander, è un giovane di diciassette anni che non si rende conto della sua situazione anche perchè chi gli sta intorno, consapevole, accetta delle piccole intemperanze integrandolo in ogni attività.  Appena siamo arrivati è corso incontro a P. Ottavio e subito gli ha chiesto se avesse  con lui il pallone. Alla risposta affermativa corre subito a casa sua non prima di aver implorato il Padre ad aspettarlo. Riappare dopo circa dieci minuti completamente cambiato: pantaloncini corti, maglietta rossa sdrucita che sicuramente deve aver vissuto tempi migliori e un paio di scarpette da calcio – bucate -  di almeno due numeri più grandi del suo piede.

Lui è felice e subito si dà da fare per organizzare una squadra di calcio con altri bambini che sono arrivati numerosi al sentire lo strombazzamento con il quale il P. Ottavio tutte le volte annuncia il suo arrivo. Vedo che si avvicinano delle persone che entrano in chiesa. Questa è sempre come l’ho conosciuta, sempre con assi di legno e sempre più fatiscente. Proprio di fianco c’è la nuova costruzione il cui muro laterale è a circa ottanta cm dall’ingresso della vecchia. Con P. Ottavio e con Barbara entriamo in chiesa e di lì a poco inizia la riunione. L’argomento iniziale è sempre lo stesso: le lamentele da parte del Catechista che non riesce a farsi capire dagli altri e pertanto si sente in profonda crisi esistenziale tanto da mettere in conto la possibilità di declinare l’impegno portato avanti fino a quel momento.  P. Ottavio cerca di dargli delle indicazioni su come comportarsi e di come proporsi, ma alla fine una verità viene a galla. Il campesino è senza lavoro e come lui tanti altri e qui emerge un reale problema che riguarda non solo il nostro amico Catechista ma quasi tutto il Petén. Il problema della terra è una grossissima bomba ad orologeria che rischia di esplodere da un momento all’altro riportando il Guatemala ad una situazione di arretratezza peggiore di quella attuale. Spero di riuscire ad affrontare questo argomento in maniera un pochino più dettagliata.

Fuori dalla chiesa i bambini, che corrono dietro al pallone, urlano a squarciagola e intanto arriva pure l’ora di pranzo. Una signora, Doña Cecilia la Ministra dell’Eucarestia  che è presente alla riunione, si offre di ospitarci per il pranzo, “l’almuerzo”. La sua casa è vicina così si va a piedi. Con noi anche il ragazzo down e due bambine che sperano, venendo con noi, di fare un pranzo. Appena arrivati a destinazione ci accoglie una torma di cani urlanti, sono magrissimi ma siccome il cane è sempre il migliore amico dell’uomo, svolgono egregiamente il loro lavoro cercando di allontanare gli sconosciuti. Vengono allontanati dalla signora che ci accompagna e così possiamo entrare. L’interno della casa/capanna è per certi aspetti ordinato, da una parte la vasca è piena di acqua e serve per lavare i piatti, la biancheria, i bambini e quant’altro. Dall’altra parte la cucina in argilla sulla quale un fuoco scoppiettante scalda la tortigliera (un grande piatto su vengono messe le tortillas a cuocere) che serve per cuocere le tortillas appena preparate dalle donne della casa. Il tavolino sul quale ci accomodiamo è piccolo ma sufficiente per accogliere quattro persone; sopra una tovaglietta a fiori fa bella mostra di sé. Questa volta i piatti sono tutti in ceramica ma ognuno di differente fattura nei quali viene servito il “caldo de pollo” l’immancabile brodo di pollo che P. Ottavio gradisce. Barbara mangia tutto tranne il cosciotto di pollo e io come al solito salto, mi rifarò dopo con le mie carote e i pomodori che mi sono portato da casa. Mentre vengono cucinate le tortillas rilasciano un profumo che stimola le secrezioni gastriche tanto che mi convinco e ne afferro una ben cotta che si trova all’interno di un cestino. Faccio fatica a tenerla tanto è calda, ci metto su un poco di sale perchè ho scoperto che con questa piccola aggiunta sono buonissime e inoltre P. Ottavio mi dice che sono fatte con il mais nuovo. Nel frattempo che gli ospiti (cioè noi) mangiano, gli altri (compresi i bambini che sono venuti con noi) sono in piedi ed aspettano pazientemente il loro turno che non tarda ad arrivare. Da lì a poco siamo nuovamente in strada perché bisogna fare la visita agli infermi. La strada è molto polverosa e il sole picchia di brutto: due maiali, usciti da una cunetta piena di liquami, ci attraversano la strada uno dietro l’altro e vanno ad immergersi nei liquami di quella posta all’altro lato. Chissà, avranno pensato, i liquami dall’altra parte saranno migliori di quelli appena lasciati. Sono così ordinati che sembra attraversino sulle strisce pedonali…

Arriviamo nuovamente sul piazzale della chiesa e P. Ottavio decide che è presto per andare a visitare gli infermi pertanto propone portare i bambini al fiume dove possono fare il bagno. I bambini, con urla e schiamazzi, approvano l’idea e sulla palangana del pick up il quale, rimanendo sotto il sole per tutta la mattinata all’interno è diventato un forno, ci saranno oltre 60°. Facciamo qualche difficoltà nel sederci per acclimatare le nostre terga al calore assurdo dei sedili.

Si parte e la palangana del pik up è piena di gente, anche quella signora di cui ho parlato all’inizio è presente con il suo figlioletto insieme a tutti i ragazzini. Prima di arrivare a destinazione superiamo due guadi ed ogni volta da parte dei bambini ci sono urla di approvazione. Arriviamo sul posto e lì il motore che serve per approvvigionare l’acqua a Dolores è in funzione. Ci troviamo in un posto bellissimo, alberi altissimi, verde tutto intorno e oltre al rumore del motore della pompa di aspirazione dell’acqua in funzione, c’è solo lo scorrere del fiume. I bambini si spogliano velocissimi: alcuni di loro, forse previdenti, si denudano completamente e di lì a poco si tuffano in acqua. Vedendo la reazione al contatto con l’acqua, questa non deve essere tanto calda. Ma i tuffi continuano e insieme a Barbara scattiamo tante foto. Quest’anno mi sono portato una macchina diversa da quella degli altri anni. Mi sto appassionando alla fotografia e oltre alla macchina ho con me alcuni testi da cui poter ricavare informazioni preziose.

Dopo un’ora circa e prima che i bambini schiattino dal freddo si riparte. I bambini si infilano i pantaloni direttamente sulle mutande bagnate. Ripenso a quando ero bambino e marinavo la scuola per andare al mare a fare il bagno, ma quando era il momento di rivestirmi toglievo lo slip bagnato che sicuramente sarebbe stata una prova inequivocabile a mio carico. Sorrido a quei pensieri e tutti risaliamo sulla macchina per rientrare verso la chiesa. I bambini sono felici della giornata che hanno appena trascorso. Anche la ragazza di cui vi ho parlato prima si è unita a noi nella gita con il suo figlioletto ed è contenta e sorridente. Una volta arrivati i bambini giocano nuovamente con il pallone, mentre P. Ottavio e Doña Cecilia vanno a fare le previste visite agli ammalati. Con Barbara ci fermiamo insieme ai bambini e alla ragazza e ci sediamo tutti su una panca fuori della sua capanna. Lei pare molto nervosa perchè non fa altro che mangiarsi le unghie;, osservando le sue dita vedo che ormai di unghie  ne sono rimaste ben poche… Mi pare di ricordare che problema si chiami “onicofagia” ed è sicuramente in relazione ad aspetti che riguardano la personalità. Mentre aspettiamo viene giù un acquazzone che nel giro di pochi minuti rende il terreno circostante impraticabile  per il fango. I bambini sembrano non preoccuparsi né dell’acqua che viene giù né del fango in cui sguazzano e continuano a correre felici dietro al pallone. Intanto P. Ottavio è rientrato dai suoi giri mentre si avvicina l’ora della Messa. All’interno della chiesa i musici fanno le prove dei canti che faranno nel corso della celebrazione. Hanno una bellissima voce e penso al mio amico Roberto a Cagliari che sarebbe stato ben felice di assistere. Iniziano le confessioni, lentamente la chiesa si riempie di fedeli, arrivano pure le signore incontrate nella casa dove abbiamo pranzato. Sono vestite molto decorosamente e anche la signora che è stata con noi al fiume porta una camicetta e una gonna pulita e ordinata. Guardandola e sorridendole le faccio i complimenti che pare gradire: è seduta dietro di me ed ha con sè il suo bambino che ha un paio di pantaloncini che hanno sui fianchi una vistosa striscia gialla. Ai piedi delle scarpette colorate ma senza lacci, sono le stesse che aveva prima mentre correva nel fango e che la madre, previdente, gli ha fatto togliere. Fuori continua a diluviare, tuoni e fulmini ci fanno compagnia.  La Messa inizia e subito i canti melodiosi dei musici, sentiti prima, lasciano il posto ai canti urlati a squarciagola dalle signore presenti. La Messa finisce e prima del canto finale P. Ottavio comunica le notizie. Al confine con il Messico, da circa otto mesi, un intero villaggio è stato fatto sloggiare dalla località primaria in cui da anni viveva e ora si trova in condizioni precarie e di estremo disagio. Le famiglie non dispongono di capanne dove abitare, usano dei teli di plastica per coprirsi dal freddo e dalle intemperie, non possono seminare e di conseguenza non possono raccogliere i frutti, vivono quindi degli aiuti che ricevono dalla popolazione e dalla comunità internazionale.  Per questo P. Ottavio rivolge una richiesta di aiuto a tutta la comunità la quale anch’essa non pare vivere momenti migliori.

Intanto i bambini hanno sentito che ci saranno le caramelle per loro e tutti, sempre vocianti e spingendosi si mettono in fila per guadagnare un posto davanti a Barbara e me che consegniamo due/tre caramelle per bimbo. Dietro di me la ragazza che continua a mangiarsi le unghie, stimo  che non deve avere più di venti/ventidue anni. Le metto in mano una manciata di caramelle. È contenta e mi sorride felice. Dentro di me sono contento anche io. Risaliamo in macchina per tornare a Dolores, è buio e piove ancora. È stata una giornata pesante in tutti i sensi. Ti rendi conto di non essere in grado di poter risolvere grandi cose perchè forze troppo grandi per le nostre possibilità sembrano volere che le cose continuino così. Arriviamo alle porte di Dolores: tutto è buio, manca l’energia elettrica e tutto pare surreale. Delle lucine brillano qua e la: sono le candele accese per avere un poco di luce. Ai bordi delle strade le persone camminano con una candela accesa in mano, è una cosa nuova anche per me e da lontano sembrano tante lucciole. La macchina di P. Ottavio continua il suo cammino fino alla casa. Ai bordi della strada enormi rospi saltano e non sanno che corrono il rischio di farsi schiacciare terminando così ingloriosamente la propria esistenza. Non mi sento molto bene nello spirito. Ripenso alla giornata appena trascorsa e, per quanto venga da tanti anni in Guatemala, non posso esimermi dal fatto di riflettere su certe situazioni che si vivono…

Francisco