Mopàn Dos è un villaggio che si trova vicinissimo a Dolores, dista solamente 6 km. e per farla a piedi, mi racconta il Catechista, ci vogliono circa 75 minuti. La strada è sempre bianca e piena di buche nonostante le promesse dell’Alcalde di Dolores il Signor Marvin Cruz: questo signore si fa pubblicità invadendo il “pueblo” di cartelloni pubblicitari e scritte sui muri delle case in cui si “auto incensa” con frasi che ho imparato a memoria e che - a seconda dei casi - utilizzo per fare del sarcasmo: “Oi si que tenemos Alcalde, estamos cumpliendo. Un ombre de trabajo…” il suo significato è : “oggi si che abbiamo il Sindaco, stiamo completando. Un uomo di lavoro…” Infatti quest’anno per noi la prima vera novità è questa: Dolores invasa dai cartelloni che inneggiano all’Alcalde. Ne abbiamo uno anche fuori dalla porta di casa con il suo bel faccione baffuto e rubicondo: sembra proprio un amicone….
Tornando alla strada di Mopàn Dos questa è sempre piena di buche e sassi, ogni volta che si passa con la macchina ci sono da mettere in conto i soliti sobbalzi e colpi di testa ai montanti delle portiere anche perché p. Ottavio - abituato oramai da circa 14 anni a percorrerle per raggiungere i villaggi – va giù “duro/veloce” come dicono i bambini quasi fossero autostrade. Se poi, come capita spessissimo, in palangana ci sono delle persone che hanno chiesto un passaggio vi lascio immaginare come queste possano sentirsi.
Come sempre p. Ottavio, puntualissimo, alle nove del mattino è arrivato a casa per informarsi riguardo la compagnia. Questa volta siamo andati Marcello e io mentre, Barbara e Rita hanno deciso di andare a Poptùn per cercare un “barbiere” visto che Barbara, da alcuni giorni, non ne poteva più dei suoi capelli e ne cercava disperatamente uno che le facesse lo scalpo. Marcello e io, ognuno con il proprio zaino, siamo saliti in macchina, ma prima è stato necessario passare al Centro Nutrizionale dove bisognava caricare paraffina da consegnare alle donne dell’aldea affinché preparassero le candele da utilizzare per la chiesa e da rivendere in modo tale che fosse possibile ricomprare la materia prima e mettere da parte qualche soldino. Non basta passare solo al Centro Nutrizionale: p. Ottavio si ricorda di aver promesso ai Catechisti di Mopàn Dos che dopo la riunione ci sarebbe stata la proiezione di un film sulla vita di Mons. Romero, un Vescovo del Salvador ucciso da un sicario mentre celebrava la Messa il 24 marzo del 1980 (oggi ricorre l’anniversario) perchè il suo unico torto fu di lottare al fianco di chi aveva bisogno, i campesinos e i poveri. Pertanto passiamo anche al Centro Poliformativo dove ritiriamo un computer e un video proiettore. Dopo circa una trentina di minuti ripartiamo con tutto l’occorrente per produrre candele e proiettare film. Arriviamo a Mopàn Dos dopo circa una mezzora. Nel piazzale della chiesa un “Trailer” - un camion tipo quelli americani, lunghissimi, che si vedono nei film – ostruisce tutto tanto che non c’è neppure lo spazio per parcheggiare il pickup di p. Ottavio
Oggi 30 marzo - dopo alcuni giorni passati a correre in giro per aldee - riprendo il mio diario. Dicevo del trailer e mentre con lo sguardo cerchiamo di capire dove possa trovarsi l’autista eccolo apparire come d’improvviso, si avvicina e ci chiede se il camion disturba. Nel vedere la nostra faccia e senza aspettare la risposta veloce quasi come un fulmine sale sulla cabina e libera così il piazzale della chiesa dalla ingombrante presenza.
A riceverci sono presenti i due Catechisti. La chiesa è desolatamente vuota anche se sapevano che ci sarebbe stata una riunione con gli abitanti del villaggio. P. Ottavio decide di aspettare un poco prima di iniziare, l’attesa dura un’ora ma nonostante tutto ancora non si vede nessuno. P. Ottavio decide di fare ugualmente la riunione. Siamo solo noi sei: p. Ottavio, Suor Imelda, i due Catechisti, Marcello e io. Dopo un poco veniamo a sapere che i Catechisti si erano dimenticati di avvisare che ci sarebbe stata una riunione e qui viene evidenziato l’aplomb di p. Ottavio che facendo finta di niente continua a mandare avanti la riunione. Si riprendono le discussioni e immancabilmente il discorso cade sul “Triptico” del quale ha già abbondantemente parlato Rita in un suo diario. Anche su questo argomento le domande rimangono completamente senza risposta, nessuna delle famiglie di Mopàn Dos è al corrente che il “Triptico” può essere lasciato nella famiglia per una settimana. Questa per me è la prima anomalia. La riunione termina intorno a mezzogiorno e si va a pranzo. Mentre percorriamo la strada per arrivare a casa di chi ci ospiterà, il Catechista informa tutte le persone che incontra che nel pomeriggio ci sarebbe stata la proiezione di un film per gli adulti e di uno per i bambini. Arrivati a destinazione mi accorgo che si tratta della stessa casa che mi ha ospitato lo scorso anno durante le Cresime. Mi riconoscono, confabulano tra di loro e da lì a poco arrivano dei bambini vestiti di tutto punto perchè sanno che gli farò delle fotografie. Le bambine sono le stesse dello scorso anno. Una in particolare attira la mia attenzione: quella che avevo fotografato l’anno scorso e che in quell’occasione indossava un abitino rosa oggi ne indossa uno simile come fattura ma questa volta è bianco. La cosa che mi colpisce però e il vedere che questa bimba è così come l’avevo vista l’anno scorso, non è cresciuta niente è come se per lei il tempo si fosse fermato. Penso che sicuramente deve avere qualche problema ma mi rendo conto anche del fatto che la madre - una giovanissima ragazza lì presente - non sembra crearsi troppi problemi. Anche questa volta scatto delle foto e tutti sono felici e contenti. Tutti vogliono vedere l’anteprima e per questo tutti - grandi e piccini - infilano la testa in direzione della macchina fotografica. Non riesco a vedere niente neppure quando la sequenza delle foto termina. Intanto anche il pranzo a base di “caldo de pollo” brodo di pollo volge al termine. Stiamo per rimetterci in cammino non prima di esaudire la richiesta del Catechista che mi chiede di scattare una foto anche alla sua famiglia. Il quadretto familiare ha per sfondo un albero a ridosso di una recinzione….
Rientriamo verso la Chiesa dove iniziamo a predisporre per le proiezioni. A Mopàn Dos la civiltà ancora non ha fatto il suo trionfale ingresso per cui l’energia elettrica non è disponibile. Useremo un generatore di corrente. Chi ha a disposizione un generatore? Il catechista si sarebbe dovuto preoccupare anche di questo ma non lo ha fatto perché ancora una volta se ne è dimenticato. Ci dice che di fronte c’è una tienda e che il proprietario dispone di un generatore, chiediamo se ce lo può prestare ma è completamente sprovvisto del carburante. Bisogna andare a Dolores per riempire una tanichetta da 5 litri. Nel giro di un’ora si va e si ritorna con il carburante. Finalmente abbiamo tutto ciò che serve per vedere il film. Accendiamo il generatore ma dopo poco ci rendiamo conto che quel generatore non è sufficiente per sopportare un computer portatile e un video proiettore. Altra andata a Dolores per recuperare un generatore sufficientemente potente per permettere la proiezione. Tutto questo andirivieni ci porta via due ore di tempo prezioso. Nel frattempo restituiamo il primo generatore a cui abbiamo riempito il serbatoio e montiamo il nuovo arrivato. La prima proiezione riguarda i bambini una specie di cartone animato che parla della nascita del mondo e un altro della Settimana Santa. Oggi sembra che non ne vada bene una: l’audio del computer non è sufficiente a coprire le urla dei bambini e proviamo ad aggiungere un altoparlante che ha portato p. Ottavio ma il risultato non cambia. L’altoparlante non funziona forse perché ha dei fili scollegati. La proiezione è senza audio, si guardano solo le immagini. Nel frattempo anche gli adulti si avvicinano alla chiesa, entrano e si siedono.
Dopo circa un’ora è il momento degli adulti con la proiezione del film su Monsignor Romero. Mentre sono tutti attenti a catturare le immagini che raccontano la storia scopriamo un altro problema relativo al DVD. Si vede che si tratta di un supporto masterizzato malamente per cui salta di continuo le scene e nel giro di meno di un’ora il film è terminato. Gli astanti appaiono alquanto delusi perchè si aspettavano una vera proiezione. Tanto lavoro per approdare a pochi risultati. A questo punto mi pare che le novità-anomalie siano diverse ma tutto lì pare normale. Anche noi necessariamente ci adeguiamo alla situazione. La sala di lì a poco viene rimessa in ordine e la Chiesa è di nuovo pronta per assolvere il suo compito abituale. L’unica cosa che rimane è il generatore che continua a funzionare per dare luce nel corso della Messa.
Al momento della distribuzione dell’Eucarestia e quindi di togliere le ostie dal tabernacolo - che P. Ottavio apre con una chiavetta che si trova appesa al lato – il nostro fa un balzo indietro come se all’improvviso qualche cosa lo avesse impaurito. Per prima cosa penso che un serpente corallo possa avere eletto il tabernacolo a sua dimora calda e sicura, ma poi vedo che dal tabernacolo iniziano a venir fuori alcune grosse blatte dal classico colore marrone lucido brillante.… Si vede che si tratta di blatte religiose!!!. P. Ottavio allora estrae completamente il tabernacolo dalla nicchia in muratura nella quale è racchiuso e con un panno cerca di ripulire il posto. I presenti non si agitano più di tanto, i bambini, come se niente fosse successo continuano imperterriti a correre e a urlare a gran voce e i loro genitori, fermi ai loro posti, non pensano assolutamente di intervenire per calmarli un poco affinché la Messa possa riprendere.
Dopo la benedizione p. Ottavio riprende il discorso riguardo il Trittico con l’obiettivo finale di trovare delle famiglie disposte ad accogliere nella propria casa questa icona per una settimana. Non fa tanta fatica per convincere gli astanti perché alla fine sono parecchie le famiglie disponibili a ospitare l’Icona.
Prima di concludere questo diario devo però dirVi che oggi mi è arrivata una “solicitud”. Qui chiamano così le richieste-petizioni per contribuire alla copertura del tetto della chiesa di Los Arrollos. Un piccolo particolare che ho scoperto solo oggi:in questi anni ho sempre scritto il nome di questa aldea come: “Los Arroyos” invece si scrive Los Arrollos. Ho imparato una cosa nuova.
Dopo aver letto la richiesta che p. Ottavio mi ha fatto pervenire, noto che la cifra richiesta è decisamente esorbitante sia per pagare il materiale necessario che per la mano d’opera per portare a compimento l’opera. Inizia un “estenuante” confronto con due dei Catechisti del villaggio per cercare di capire meglio come sono arrivati a stabilire quel prezzo. Ho visto la loro chiesa e non mi pare fosse così grande da dover giustificare un così alto prezzo. Chiedo quindi delucidazioni e chiarimenti. Chiedo le misure e mi danno dei numeri espressi in piedi e quindi devo ricorrere a mie reminiscenze matematiche per trasformare : “33 pies de largo por 16 pies de ancho” 33 piedi di lunghezza per 16 di larghezza per cui più o meno 10 m. di lunghezza per quasi 5 di larghezza. Chiedo anche la misura delle lamine e anche qui una novità le nuove misure vengono espresse in parte in piedi e in parte in pollici…. Per fortuna, come d’incanto vedo apparire Romeo e gli chiedo la cortesia di fermarsi per aiutarmi a dipanare la matassa. Ci vogliono poco più di dieci minuti per venire a capo del problema: ci vogliono 32 lamine per la copertura del tetto che in soldi valgono poco meno di 400 € quindi alquanto distante dalla cifra richiesta. Viene fuori nel prosieguo del discorso che la cifra richiesta sarebbe servita anche per completare altri lavori relativi alla “casita de la oraciòn” la casetta della preghiera. In effetti la casa della preghiera non serve esattamente per pregare ma viene utilizzata oltre che per cucinare anche per ritrovarsi tutti insieme. In Guatemala non si può cercare di trovare un filo logico che possa spiegare cosa succede, ogni volta è diverso, non si riesce a dare mai niente per scontato e per questo tutto è bello e intenso e va vissuto pienamente. Questo continuo dialogare, questa continua ricerca dello stare con la gente, queste continue esagerazioni nelle richieste per “farci star dentro tante cose”, dimostrano come la gente del posto chiede tre per avere uno perché, per povertà, per grande necessità e per ignoranza, non hanno fiducia nei loro interlocutori esagerando nelle richieste. Pertanto è stato mio compito principale, in questa circostanza, assicurare i miei amici di Los Arrollos che li avrei aiutati nelle loro necessità, ma volevo una richiesta che corrispondesse alla realtà perchè la fiducia reciproca doveva essere la base per i nostri rapporti di collaborazione. Una stretta di mano ed un gesto di accondiscendenza della testa e degli occhi ha sancito il nostro accordo. Spero in questo modo di aver instaurato con loro un nuovo rapporto che farà bene ad entrambi…
Francisco