28-30 gennaio 2007
Missioni

Domenica 28 alle 7.30 si parte per Rio Durce. Ci accompagna Romeo con la sua moglie Giulietta, pardon, Nidia. Romeo è un signore sempre gentilissimo con tutti noi e che ci ha messo a disposizione il suo pulmino bello e nuovo già per andare a Tikal e oggi per andare a Livingstone: una località alla foce del Rio Dulce.
Avevo sentito spesso parlare di Livingstone ma la realtà, come spesso capita qui in Guatemala – nel bene e nel male – supera di gran lunga le attese. E’ stata una gita splendida accompagnata da una giornata “quasi” senza pioggia.
Arrivati dunque a Rio Dulce come vi dicevo, abbiamo affittato una barca a motore (qui la chiamano lancia) ed abbiamo cominciato a discendere il fiume. Un estuario larghissimo con sulle due rive una fittissima giungla. Ogni tanto delle costruzioni e dei villaggi, degli imbarcaderi e delle rivendite di cocco. Uccelli di svariatissimi tipi e bellissimi colori popolano i rami della fitta vegetazione tropicale e riempiono il cielo di voli. Non avevo mai incontrato i pellicani e vederli qui in tutta la loro mole ed il grandissimo becco mi ha fatto un certo effetto: ero abituato a vederli nei santini di prima comunione o delle ordinazione sacerdotali, con il petto squarciato per dar da mangiare ai loro piccoli nel nido il proprio sangue: è vero spesso abbiamo delle icone di certe realtà che poi non solo si dimostrano diverse ma anche di difficile realizzazione!
Dunque uccelli, fitta giungla e acqua, tantissima acqua, un gruppo di splendidi amici e, dietro la svolta di un isolotto, una distesa di fiori bianchi: siamo tutti estasiati da ciò che ci sta succedendo!
Intanto la lancia, spinta dal suo fuoribordo continua a bordeggiare le verdissime rive e, laggiù in fondo, all’orizzonte, l’oceano Atlantico.
Romeo e la moglie hanno indossato i salvagenti e stanno fermi più che possono: sono anche loro estasiati dalla natura circostante ma il trovarsi circondati dall’acqua li tiene con il fiato sospeso.
Dopo un poco arriviamo a uno sfocio di acque calde nel fiume: è piacevole stare con i piedi immersi nell’acqua mentre minuscoli pesciolini ti mangiucchiano il pollicione! Stiamo per un bel po’ di tempo alla sorgente di acqua calda e poi riprendiamo la nostra navigazione verso l’Atlantico.
Arriviamo alla fine a Livingstone: un paese prettamente turistico, con tante bancarelle e negozi di tipicos: era da tanto che non si godeva di tanto “ben di Dio”!!!

Un’ora per esplorare il paese, coloratissimo,  con un forte odore di pesce che pervade l’aria. Davanti a noi una distesa di grossi pesci spaccati in due longitudinalmente e messi ad essiccare: baccalà. Un pescatore ci spiega tutto il procedimento: si prepara il pesce per la settimana santa: questi essiccati e conservati nel sale li ritroveremo sulle mense di tutto il Guatemala: dei ricchi come dei poveri, perché questo è il tipico mangiare della settimana santa, per tutti.
Al ritorno splende il sole ed i colori si esaltano mentre la nostra lancia solca volecemente le acque risalendo la corrente placida, direi rilassata, del Rio Dulce. I nostri occhi si riempiono di immagini splendide, le nostre menti vagano lontane a cercare e  desiderare come improbabili compagni di viaggio, le persone care che abbiamo lasciato laggiù, lontano lontano, aldilà di quella immensità blu che ci stiamo lasciando alle spalle, perché possano compartire con noi queste emozioni. Stiamo per lo più in silenzio.
Tornati all’imbarcadero ci rechiamo a mangiare (sono ormai le 13.30) e, prima del pranzo celebriamo in un tavolo un poco appartato, lasciato libero per noi proprio per questo, la Santa Messa.
La prima lettera di Paolo ai Corinti ci ricorda che solo l’amore vale e varrà sempre e che senza di esso è inutile arrabattarsi nella vita: è l’occasione per rivedere le nostre relazioni interpersonali e il modo che abbiamo per proporre noi stessi nella vita che la Provvidenza ci dipana perché possiamo arrivare all’Amore, quello appunto con la A maiuscola che è Dio nostro Padre, in modo che guardandoci, chi c’incontra possa dire: “Guarda, è tutto suo Padre” che poi è la frase che ogni padre vorrebbe sentire dei suoi figli, anche quello celeste!
L’appetito non manca, anzi rassomiglia molto alla fame e così, terminata la Messa divoriamo l’eccellente cibo che ci viene messo dinanzi.

Dopo il pranzo, altra breve uscita in barca: si visita il "Castillo de san Felipe". Un antico castello spagnolo costruito sulle rive del rio Dulce per controllarne il traffico: ottimo riparo dalle tempeste dell’Atlantico e rifugio sicuro per pirati e avventurieri d’ogni sorta. I ricordi di Salgari e di tutta la saga dei mari caraibici riaffiorano dalla nostra adolescenza e, chiudendo gli occhi, possiamo ancora vedere i galeoni del corsaro Nero e degli odiati governatori  affamatori e sfruttatori dei loro sudditi…
Poi la strada del ritorno a casa.
Grazie, Signore, ci sai davvero fare, Tu e anche se noi ci affanniamo a distruggere le tue opere, per fortuna non sempre ci riusciamo, almeno non completamente. Solo l’uomo, quello si che riusciamo a distruggerlo, fino in fondo, eppure è la tua immagine!
Domani ci aspetta un'attività con coloro che si incaponiscono a salvare questa immagine: sono dei poveri pazzi che qui chiamano “agentes de pastoral: religiosa, de la mujer, de la tierra, de salud”, sono quelli che la Tua voce ha chiamato qui a condividere con te la pazzesca voglia di salvare l’uomo.

29 gennaio
Eccoci dunque pronti per una esperienza di quelle che lasciano il segno.
Arriviamo alla “Finca Ixobel” (la finca è un’estensione di terreno). Luogo splendido dov’è costruito un albergo fatto di piccole case in mezzo al verde. I proprietari hanno messo a disposizione la loro struttura perché il Vicariato Apostolico del Pétén (VAP) possa svolgervi questa attività. Il Vicariato Apostolico è la fase che precede l’istituzione di una Diocesi, soprattutto nei paesi di missione.
Siamo tra i primi ad arrivare anche perché Dolores è abbastanza vicino. Ma di che riunione si tratta? Tutti i responsabili, a livello vicariale (noi si direbbe diocesano) delle varie promozioni religiose e sociali si ritrovano insieme: oggi per conoscere i nuovi e fare festa tutti insieme, domani per programmare il nuovo anno sociale.
E’ quindi una giornata di festa. Preghiamo insieme, ci scambiamo un regalito, condividiamo il pranzo: ciascuno porta qualcosa e si mette tutto in comune, poi tutti mangiamo di queste buone cose portate da tutti.
Dopo il pranzo musica dal vivo di marimba, balli e canti: il Vescovo non si lascia pregare per cantare (ha una bella voce) e per animare la giornata. Noi non ci tiriamo indietro: sembriamo nati e cresciuti qui, perfettamente integrati! Ci hanno presentati come “los agentes italianos de pastoral” e sicuramente al nostro rientro vorremo tutti onorare questo titolo!
Ho rivisto Enza, una suora giovane di Crema, missionaria ormai da vari anni qui, in un paese al confine con il Messico, pieno di violenza, presidiato dall’esercito proprio per questo e dove anche i sacerdoti fanno difficoltà ad andare! E lei vive proprio lì. Si è sfogata a parlare con noi in italiano e il suo sorriso splendente ha contribuito ad illuminare la nostra giornata.
Ogni parrocchia ha presentato i suoi “sogni”, compresa la nostra di Dolores che sogna campesinos proprietari della terra che dà loro da mangiare e coltivazioni più adatte al desarollo del pueblo, con la possibilità di poter curare gl’infermi perché i Figli di Dio possano avere una vita più dignitosa.
La cosa che maggiormente mi ha colpito in questa giornata?  Parlavo con il Vescovo del nostro container che è arrivato al porto di San Thomas ma che ancora non ci hanno consegnato (vi terrò informati degli sviluppi), quando è arrivato il proprietario della finca, accompagnato da una ragazza di 25-30 anni e alcuni campesinos: avevano da fare una pregunta a Monsignor. La portatrice de messaggio e animatrice della relativa iniziativa è la ragazze e quindi fanno parlare lei. Dice che nella sua aldea (ormai tutti sapete che cosa sono le aldee!) stanno costruendo una piccola chiesa cattolica e certo vorrebbero un sacerdote che si prenda cura della loro fede. Qui, in tutto il Vicariato, i sacerdoti sono 18 per una estensione grande una volta e mezzo la Sardegna ma con mezzi di comunicazione e strade impossibili, quindi immaginatevi un po’ la faccia del Vescovo!  Si è detto disponibile ad appoggiare la richiesta di aiuto per la cappella, ma si trova impossibilitato ad inviare un sacerdote in permanenza perché, purtroppo non ne ha. Capite: i laici che promuovono la chiesa, in particolare una ragazza che si fa responsabile di una inziativa così importante!
Qui vivo veramente in un altro mondo!
Ciao.
Padre Alberto

Caro diario,
dopo 5 giorni ho il tempo di scrivere. Stiamo vivendo intensamente questo mese. Mi preoccupa solo una cosa, magari è solo una stupidaggine mia: di non essere sempre in sintonia con gli altri o con le persone che ci ospitano. D’altro canto, io mi trovo a mio agio con tutti. Non ho avuto motivo di polemizzare o litigare con nessuno e sono piacevolmente sorpreso dell’armonia regnante nel nostro gruppo, considerando che siamo diversi per età, lavoro, stile di vita. Ho scoperto che ci accomuna la voglia di esperienze nuove e profonde che possono cambiarci profondamente dentro e permetterci di vivere più intensamente la nostra vita, una volta ritornati al nostro vivere solito. Vorrei spendere due parole in più per queste 4 giovani donne. La loro sana curiosità, lo spirito di adattamento anche in situazioni letteralmente agli antipodi del nostro mondo, mi hanno piacevolmente sorpreso.

Anche nelle situazioni più shokanti e imprevedibili non si sono mai lasciate andare allo sconforto o al fatidico “nunca màs”, anzi, chiedendo di poter provare e vedere sempre qualcosa di nuovo. Ieri sera, nel nostro solito dopocena con il genio tutto fatica e regolatezza che è Ottavio e con la personificazione del genio finto tonto e vero “sbentiau” che è Giorgio, si parlava della prossima visita all’aldea di S.Marcos, presentataci da p. Alberto come percorso di guerra degno dei marines più incalliti e confermato da Ottavio. Due ore di pista sterrata con el carro, (pick-up) poi un ora di marcia nella giungla, con il fango a mezza gamba e insetti di ogni genere a darti il benvenuto. Arrivo all’ora di pranzo stremati, pomeriggio dedicato alle solite attività con la messa alle 21 e pernottamento lì, perché anche Indiana Jones ha i suoi dubbi a camminare nella foresta e nel fango di notte…ma la notte no! Non è una notte a cinque stelle, dice Alberto, ma a tutto cielo…quello che sei costretto a vedere, (bellissimo, pulito e non fangoso, almeno quello!) perché l’amaca disposta nella chiesa-baracca è una tortura, freddo intenso per la forte escursione termica che ti manda in tilt le vie urinarie e, dulcis in fundo, ritorno a dorso di 1 mulo, talmente generoso da regalarti buona parte dei suoi parassiti, dalle cui punture dovrai curarti per i tre mesi successivi al rientro in Italia, e ancora due ore di pista con il pick-up. Dopo questo quadretto aulico presentatoci da Alberto e Ottavio mi sono lasciato convincere a lasciar perdere.
Il buon senso mi ricorda che c’è un limite a tutto. Oltre alla mia salute, penso ai casini che farei passare agli altri. Ma la più giovane del gruppo, Laura, mica ha paura di farsi la bua, fosse per lei ci andrebbe comunque a S. Marcos… beata giovinezza e beata incoscienza! Queste sono le donne del nostro gruppo. Che ne dite? Con loro non c’è da aver paura di niente.
A parte la rinuncia all’aldea di S.Marcos, prima della nostra partenza, avremo la possibilità di visitarne altre tre. Infatti, lo scopo principale rimane quello di conoscere queste realtà di miseria per prenderne coscienza e sensibilizzare i nostri amici per poter aiutare la missione di Dolores.
Anche senza visita alle aldee, questa settimana appena trascorsa non è stata priva di emozioni e scoperte utili ad arricchire il nostro bagaglio di esperienze.
Mercoledì 24
, in parrocchia, alle 19 de las tardes con Alberto partecipiamo alla liturgia penitenziale confessando fedeli di ogni età e sesso. Sono ancora sorpreso dal fatto che i comuni fedeli presiedono alla liturgia animandola benissimo con in tutte le sue parti, con l’ascolto e il commento della Parola di Dio, pregando e cantando senza la presenza di un sacerdote. Eppure è lo stesso popolo di Dio che abita i nostri paesi in quanto battezzato e appartenente alla Chiesa Cattolica Romana, non sono eretici o spontaneisti. E questo è comprovato dalla convivenza degli agenti pastorali che si è svolto venerdì 26 e sabato 27 nel Centro  poliformattivo della parrocchia della Missione. Questa struttura è attrezzata per accogliere 120 persone e comprende un salone centrale per le assemblee con altri piccoli ambienti adatti a gruppi minori. Una cucina con refettorio e altri due cameroni per la zona notte permettono a catechisti, cantori e operatori pastorali laici provenienti dalle 22 aldee che compongono la parrocchia di Dolores di riunirsi periodicamente per formarsi su tematiche rigurdanti la catechesi in  genere, aggiornarsi sul programma promozione umana messo in atto dalla parrocchia comprendente i diritti dei contadini, l’educazione alla salute, la promozione della donna. Partecipo con grande interesse all’assemblea sul sacramento del’Unzione degli Infermi presieduta da Ottavio che dà solo un informativa generale guardandosi bene dall’occupare tutto il tempo a scapito del confronto e del dialogo con i  60 presenti che non si sono fatti pregare per intervenire dimostrando competenza e maturità. Ho suscitato l’ilarità generale quando ho detto che da noi si chiama il prete solo quando il malato è arrivato alla fine e che c’e una grande paura a chiedere l’unzione in quanto non c’è informazione in proposito e neanche si vuole essere informati. Sorprende come il prete non è un capopopolo factotum detentore esclusivo del sacro, al vertice di una piramide, ma un ministro al servizio di un popolo di Dio partecipe, per niente pecorone e belante, capace di essere fondamento e pietra angolare senza addossare sul proprio pastore tutto il peso delle responsabilità. Anche il modo di rapportarsi per niente finto, ossequioso, molto diffuso e preteso da noi, fa sì che ci si senta a proprio agio senza complessi di inferiorità o superiorità da parte di chichessia, prete o laici. Dopo i gruppi di studio seguiti dalle relazioni dei responsabili, tutti a cena a base di fagioli, uova e verdure. Dopo, proiezione del film realizzato da Alberto nello scorso anno, dove alcuni si rivedono partecipare agli stessi eventi che stiamo vivendo in queste settimane. Grande spasso a vedere Alberto camminare in mezzo al fango e in groppa al mulo di cui sopra… la sua non è certamente la maschera de “su compoidori” alla sartiglia di Oristano, forse ricorda più il Sancho Pancha, scudiero di D. Chisciote. Grande Alberto! Capisco la sua preoccupazione per la nostra intenzione di andare a S. Marcos.

Sabato mattina, la convivenza si conclude decidendo insieme i punti all’ordine del giorno da portare alla convivenza degli agenti pastorali rappresentanti tutte le parrocchie del Vicariato del Pétén. Vado subito a parlare di questo evento vissuto proprio ieri, a Poptún una città a 25 chilometri da Dolores che raggiugiamo a bordo di un pulmino prestatoci da Romeo, un amico dei frati, molto gentile e disponibile. Da noi sarebbe stato un 9 posti, qui sono 17 o 18 che in caso di servizio publico possono diventare molti di più. Nella sala riunioni di un hotel sopra le righe per questi luoghi, 100 persone fanno festa. Si avete capito bene! Introdotti dai bravissimi marinberos iniziano i saluti ai convenuti presentati da P. Manuel Enrique, un giovane prete diocesano fresco di ordinazione, bravo e divertente che ci fa cantare come fossimo al festivalbar. Il vescovo arriva vestito semplicemente in borghese con la sola croce pettorale a ricordare il suo status. Niente ovazioni reverenziali e lui ci parla invitandoci a cantare con lui uno dei canti più popolari del Sud America. Imaginate i nostri vescovi a cantare in publico “Nanneddu meu” o  “Azzurro”.  Spazio allo scambio di doni agevolato da un gioco di abbinamento di coppie di figurine di animali trovate attacate alle nostre sedie. Manuel invita a fare il verso degli animali ed è un divertimento grandissimo vedere suore, preti, laici, uomini e donne, anziani, giovani tornare come bambini. Si passa al pranzo mettendo in comune tutto. Consolatevi! Il casu e sartizzu nostri sono spariti in un batter d’occhio. Dopo una passegiata nel bellissimo giardino del resort e rituale partitella sul prato verde ancora tutti riuniti per permettere a ogni parrocchia di presentare il suo programma particolare con una piccola rappresentazione canora o recitativa. I gravi problemi del Pétén, le aspirazioni di giustizia e di pace, la denuncia di piaghe ataviche come la violenza comune e politica, il machismo, sono stati proposti in queste piccole performances, senza paure né falsi pudori, anticipando i lavori  veri e propri che si sono svolti oggi a Flores, città sede del vicariato. Questo per raccontarvi ancora di un popolo povero materialmente ma ricchissimo di entusiasmo, che la comunità dei credenti vuole aiutare a cercare e trovare un futuro migliore sperando che non perda Dio, ma lo trovi veramente nella solidarietà di tutti noi, meno distratti e presi dai fatti nostri, più interessati e responsabilizzati verso il prossimo. Concludo per accennare alle giornate di sabato con il clou del pranzo offerto al vescovo al quale abbiamo partecipato tutti per la sua preparazione e conclusa con le cantate di P. Giorgio. Domenica, gita in barca sul delta del Rio Dulce tra lo spettacolo meraviglioso della natura… ma di questo parleranno più ampiamente i miei amici. Ciao e…viaggiate ancora con noi.
Mariano.

30 gennaio 2007
Hola, questo è il mio ultimo scritto prima della partenza. Ancora un giorno e poi si riprende il viaggio del rientro. L’avventura guatemalteca è alla fine, rimangono ancora due giorni prima della partenza che avverrà il 1° di febbraio alle 5,30 ore locali dall’aereporto di Flores per Città del Guatemala. Come in ogni finale che si rispetti pare doveroso fare un bilancio sui giorni trascorsi in questa regione del Guatemala che, come ormai saprete si chiama Pétén. E’ una Regione affascinante, bella e selvaggia dove tutto ti attrae, ti coinvolge emotivamente, ti entra dentro e, in certi casi, ti lascia senza fiato. Ricordate le notizie sulla andata mia e di Mario all’Aldea di Suculté? Ecco proprio a quella volevo riferirmi per dare un significato alle mie parole ma prima di parlare di questo vorrei spendere alcune parole per parlarvi di una persona straordinaria che risponde al nome di Padre Ottavio.
È un uomo, un sacerdote, una figura di straordinaria forza e grandissimo carisma nei confronti di tutti coloro che in un modo o in un altro hanno a che fare con lui.
Non si ferma mai, è un iperattivo. Personalmente non l’ho mai sentito lamentarsi di nulla, al contrario, ha sempre una buona parola per tutti è sempre sorridente e, cosa ancora più importante è per tutte le persone di Dolores, lo è stato anche per noi, un punto di riferimento.
Desidero fare qualche esempio per far capire a chi legge chi è questo Missionario che risponde al nome di Padre Ottavio Sassu.
Come più volte detto, io e Mario, nel corso della nostra permanenza, abbiamo passato parecchio del nostro tempo a lavorare all’interno della Casa di accoglienza. I primi giorni, ancora sotto l’influsso delle nostre abitudini italiane, ci sembrava impossibile che chi aveva fatto i lavori nella Casa avesse fatto le cose così superficialmente e fatte male. Cercavamo ora questo materiale ora l’altro e Padre Ottavio si faceva in mille pezzi per cercare di accontentarci e trovare ciò che cercavamo.
Dopo un certo tempo lo vedevamo tornare sconsolato dicendoci che non aveva trovato nulla di ciò che avevamo chiesto, ci sembrava impossibile, e allora andavamo con lui per trovare le cose di cui necessitavamo. Giravamo in tutte le “ferreterie” di Dolores e Poptún senza risolvere nulla, tornavamo a casa anche noi sconsolati e ci si arrangiava con quello che si trovava e che, se ci fossimo trovati a casa nostra, mai avremo usato per fare i lavori che abbiamo fatto.

Padre Ottavio a quel punto ci lasciava perché aveva mille compiti da assolvere o con i bambini o con i malati di Dolores o con riunioni di tutti i generi o con visite ora a questa Aldea ora a quella. Insomma una macchina infaticabile e sempre in movimento. Il più delle volte lo si rivedeva qualche volta a pranzo con noi o alla sera all’ora della Messa.
Non so quante persone possano riuscire a fare quanto lui riesce a fare. In definitva Padre Ottavio è un GRANDE.
Torno sui miei passi e riprendo le mie riflessioni su questa “vacanza” e in particolare sulla visita mia e di Mario all’Aldea di Suculté.
Parlando con Padre Ottavio, a proposito di quella “passeggiata”, ci ha riferito che l’Aldea di Suculté non è delle peggiori anzi…c’è l’aldea di San Marco che può essere raggiunta solo dopo oltre un’ora di cammino a piedi in mezzo alla giungla e per arrivarci con un mezzo ci vogliono, in condizioni normali, cioè con una strada senza fango, oltre due ore. Se per caso la notte prima è piovuto allora le cose si complicano e il tempo necessario per arrivare “quasi” a destinazione si raddoppia senza ovviamente mettere in conto l’ora da fare a piedi.
Pensate che delle persone, degli essere umani, vivono in posti del genere. La loro alimentazione è formata dai soliti fagioli bolliti e dalle solite tortillas di mais e, quando è giorno di festa allora, una gallina che vive allo stato ruspante è il pasto del giorno e che consente a tutti di variare il menù e di acquisire un po’ più di energia. Non pensate comunque che i vari animali domestici che vivono nella comunità vengano allevati con mangimi o grano come si faceva da noi circa trenta anni fa questi, se vogliono vivere, si devono alimentare con mezzi propri, devono cercarsi da loro il cibo per sopravvivere, non esiste che possano ricevere avanzi di pasti.
Un’altra cosa che mi ha colpito in questi posti è l’incapacità o l’indolenza della gente a cercare di migliorare la propria posizione. Non so se i termini usati siano appropriati. Non ho nessuna esperienza di vita in questo posto ma le mie considerazioni nascono solo per le poche e forti impressioni che in questi giorni ho avuto nell’osservare le persone che abitano qui.

Posso solo dire che nel guardarsi intorno non si può evitare di sentirsi assalire da una grande voglia di fare, di insegnare alla gente che le cose si fanno in un certo modo e non come le fanno loro.
C’è da insegnare di tutto a partire dall’igiene della persona, alla pulizia della “casa”, alla sistemazione delle strade, della luce….. e via via tutto, ma proprio tutto. Non esiste una cosa che possa balzare ai nostri occhi e che non si senta la necessità di mostrare loro come questa deve essere fatta. Riuscite a questo punto ad immaginare il lavoro che qui svolgono i nostri, Padre Ottavio e Padre Giorgio?
Domenica scorsa siamo stati a Livingstone, un paese che si trova alla foce del Rio Dulce, e che davanti a se, proprio alla foce, si ritrova l’immensità dell’Oceano Atlantico. Una gita meravigliosa sulla quale io non mi soffermo perché sicuramente già tutti gli altri compagni di viaggio vi avranno ampiamente informati.
Preferisco invece raccontarvi alcuni aspetti che mi paiono più significativi dal punto di vista umano e morale e che a me sono rimasti particolarmente impressi come ad esempio il fatto che poco prima del pranzo in un “comedor” (ristorante tipico), all’interno, davanti a tutti noi presenti ed ad altri avventori, Padre Alberto  ha celebrato la s. Messa, un momento alquanto particolare, intenso e coinvolgente  considerato il posto.
Ad un certo punto il mio sguardo cade su una famigliola, padre madre e due o forse tre bambini. La cosa particolare che mi ha colpito profondamente è l’aver visto il padre di questi bambini con quanta faciloneria e pressappochismo sfoggiava un pistolone alla cintola dei pantaloni; la pistola era fornita di un caricatore che a parer mio era sovradimensionato in quanto questo, sporgeva dal calcio di circa altri cinque centimetri, come se un caricatore normale non fosse sufficiente o come se da un momento all'altro questo signore, dovesse affrontare chissà quali pericoli….. Il Guatemala è anche questo.
La sera, rientrati a casa, parlando dell’accaduto con Ottavio, ho scoperto che quell’episodio è considerato una cosa comune. Questo quindi, in questo posto, significa che la normalità è proprio questa e non la nostra.
Si è parlato, in quell’occasione, del ruolo che la Polizia locale ha sul territorio…..nella lingua locale si chiama “Securitade” ma la gente del posto la chiama “Insecuritade”.
In sintesi, è stato detto, che si tratta di una congrega legalizzata di delinquenti che trincerandosi dietro il ruolo di essere poliziotti e quindi tutori della legge e dell’ordine, il più delle volte, passano il tempo a far si che qualcuno indifeso cada nelle loro grinfie per poter aver gioco facile nell’aggredire e derubare il o i malcapitati. Ottavio ci ha raccontato di un episodio in particolare che è capitato ad un loro Catechista il quale è riuscito a liberarsi solo perché è sopraggiunto un altro poliziotto che conosceva altrimenti probabilmente avrebbe passato grossi guai. Giudicate voi la situazione.
Altro episodio che mi è rimasto impresso, un funerale. Qui quando uno muore, è una grande festa, tutto il paese o quasi, partecipa al “lutto” dei familiari.
Viene innalzato un gazebo, vengono allineate delle sedie almeno un centinaio, dove far accomodare e concedere riparo a tutti i convenuti, viene allestito un complesso musicale con tanto di pianola e chitarre e, alcuni dei presenti, si alternano con canti religiosi.
I familiari del defunto intanto si prodigano nella distribuzione di bevande e alimenti per rifocillare tutti i presenti, il funerale è un momento di aggregazione sociale dove si parla e ci si racconta di tutto, noi abbiamo partecipato come spettatori e abbiamo, anche noi usufruito del servizio comune a tutti i presenti. Abbiamo avuto anche il permesso di riprendere e fotografare il tutto dopo aver chiesto ai parenti i quali si sono dimostrati entusiasti della cosa….
Qui la moneta ufficiale è il “Quetzales” per fare un euro ci vogliono dieci quetzales. Con uno di questi si comprano tre banane e in alcuni casi anche quattro a prescindere dal peso. Io personalmente, quando abbiamo avuto ospite a pranzo il Vescovo del Peten, ho comprato per venti quetzales (due euro) cinque ananas del peso ognuna di oltre un chilo. L’economia del posto è molto bassa, la gente non ha i soldi per comprare la carne, non ha i soldi per comprarsi il minimo per un sostentamento dignitoso. Le loro case sono misere, sono coperte di foglie di palma e nel migliore dei casi con delle lamiere. La casa dove noi siamo ospiti non ha il solaio, per copertura le solite lamiere, e siccome qui la pioggia in molti casi la fa da padrona anche noi abbiamo dovuto mettere le bacinelle per raccogliere l’acqua che veniva dal “tetto”. Il problema è stato poi risolto perché con Mario abbiamo deciso di togliere il perlinato che separava l’ambiente, in cui noi stiamo, dal tetto e così abbiamo scoperto che dentro pioveva perché le lamiere avevano pendenza contraria a qella dovuta.
Colgo a questo punto l’occasione per parlarvi della piccola ma importante cerimonia che è stata eseguita sabato scorso, quando abbiamo avuto ospite per il pranzo, il Vescovo del Vicariato Apostolico del Pétén Monsignor Oscar Julio Vian.
Come ricorderete, rappresento la Sezione Sardegna dell’Associazione Nazionale Alpini, e nell’ottobre scorso, abbiamo organizzato, a Cagliari una Marcia alpina della solidarietà per raccogliere dei fondi da destinare a Padre Ottavio e Padre Giorgio affinchè questi venissero utilizzati per il completamento della Casa di Accoglienza.
Affinchè restasse un segno tangibile, dell’opera che gli Alpini di Sardegna hanno contribuito a realizzare, ho chiesto ed ottenuto il permesso, da Padre Ottavio, di apporre su una parete interna della Casa il logo della nostra Associazione.

Quel giorno, approfitando della presenza del Vescovo nella Casa, ho chiesto a lui di benedire il nostro logo e, insieme a tutto il nostro gruppo e a dei ragazzi  che frequentano il Centro Educativo del Turismo gestito da Padre Giorgio, si è svolta la piccola ma intensa e coinvolgente cerimonia. Si sono fatte delle riprese e si sono fatte delle fotografie che potranno essere riportate dal nostro giornale nazionale L’Alpino per fare in modo che questa notizia possa fare il giro di tutta l’Italia in quanto la nostra Associazione conta circa 400.000 iscritti ripartiti su tutto il territorio nazionale..
E’ ovviamente scontato che con questo evento si è dato il via affinchè, gli Alpini di Sardegna e possibilmente a anche quelli a livello nazionale, possano essere attori partecipi nel progetto che Padre Ottavio e Padre Giorgio con tanto zelo, partecipazione e convinzione portano avanti.
Come suddetto, il viaggio mio e di Mario è al termine, mentre scrivo mancano quattro minuti alla mezzanotte, sto per andare a dormire; in Italia sono quasi le sette del mattino e a casa mia, mia moglie e mio figlio si stanno preparando per andare al lavoro. A me e a Mario ci rimane una giornata piena di lavoro, speriamo di portare a termine quello che ci eravamo prefissati.
Cari amici che leggete queste righe non pensate che io sia un pessimista per cui sarei portato a vedere le cose in maniera distorta da quello che è la vera realtà.
Venite e rendetevi conto di persona di come si vive nel Pétén e nelle Aldee. Sicuramente questo ci metterebbe nelle condizioni di avere una visione della vita un pochino diversa da quella alla quale noi siamo abituati.
Mi dispiace andare via e ritornare senza aver terminato quanto io e Mario ci eravamo prefissati. Sento un poco di benevola invidia verso i miei compagni di viaggio che qui devono fermarsi ancora due settimane.
Un caro saluto a tutti da parte di Francesco Pittoni e…hasta luego (arrivederci in italiano).
Francesco

Ciao a tutti carissimi amici, sono Francesca-Paquita, riprendo a scrivere per raccontarvi di una veglia funebre alla quale abbiamo assistito. Vicino alla nostra casa, abbiamo notato già dal pomeriggio che hanno bloccato la strada e hanno pivigato per il Rio Dulce costeggiato da alberi lussureggianti, attraversato dalle canoe che lo solcano  silenziosamente e i bambini che pescano,  fanno il bagno, i pellicani che sfiorano l’acqua e un'altra infinità di uccelli bianchi grigi, un tipo sembrava addirittura un aquila. Poi siamo arrivati a Livingston e lì sembrava di stare ai caraibi, in effetti eravamo molto vicini, persone azzato un grande tendone. Verso le nove di sera hanno iniziato a suonare, cantare e pregare con un mega impianto stereo ad altissimo volume. Dopo cena, spinti dalla curiosità, ci siamo avvicinati timidamente, ma subito ci hanno offerto una sedia per unirci a loro (anche perché in questi casi è invitato tutto il paese), poi  hanno offerto il caffè, tramezzini, frutta ecc… intanto fra un canto e l’altro si sono fatte le undici di notte al ché preoccupati abbiamo chiesto se questa particolare veglia durasse ancora a lungo, per fortuna ci hanno rassicurato che sarebbe finita a mezzanotte, dopo di che Franco prende la telecamera e inizia a filmare. Io e Laura ci siamo preoccupate, e se si offendono? Invece appena hanno visto la magica macchina hanno invitato tutti a fare foto non solo lì ma anche dentro la casa dove c’era la bara col caro estinto. Il giorno dopo si svolgeva il funerale vero e proprio con pianti urla e svenimenti con i provvidenziali sali che qualcuno tira fuori al momento opportuno con contorno di vicini di casa a guardare lo spettacolo. A noi tutto questo “folclore” ai funerali sembra un po’ eccessivo, però ricordo che quando ero bambina ai nostri funerali c’erano molti più pianti, scenate e via dicendo. Questa è una delle cose strane alle quali abbiamo assistito, ma in questi giorni abbiamo visto soprattutto la grandezza della natura e quindi la grandezza di DIO, natura incontaminata selvaggia splendente, abbiamo nadi colore discendenti degli schiavi neri portati lì dai mercanti di schiavi qualche secolo fa, colori musica caraibica, un turbinio di sensazioni esaltanti ma come se non bastasse abbiamo anche visto un fortino di epoca spagnola famoso perché attaccato varie volte dai pirati, senza peraltro grande successo, peccato perché io tifo per i pirati (colpa della maledizione della prima luna). Abbiamo constatato che in Guatemala c’è anche qualche riccone, lungo le coste del lago dal quale nasce il fiume c’erano delle ville bellissime con yacth parcheggiati come fossero una utilitaria. Insomma questo Guatemala è pieno di sorprese non è solo pieno di siti archeologici quasi tutti ancora da scoprire; solo qui intorno a Dolores ce ne sono tre o quattro che si possono raggiungere anche a piedi, certo non grandiosi come Tikal ma ugualmente interessanti. Sono certa che avremo ancora tante sorprese piacevolissime, la prossima volta parlerò delle persone che qui ho incontrato, persone che lavorano duro ma sempre con il sorriso sulle labbra e soprattutto nel cuore. Asta Luego a todos abbiate fede in Dio perché è Grande. Ciao da Francesca. Ciao Vasco.

Ciao a tutti sono Rosa Maria, i miei familiari si lamentano perché dicono che io non scrivo mai sul diario ed allora questa volta mi presento prima di iniziare a raccontare così capiscono che ogni tanto scrivo pure io…
Venerdì e sabato c’era al centro poliformativo la convivenza degli agenti di Pastorale, religiosa e sociale, della parrocchia di Dolores: tutti i catechisti di comunità e dei bambini, i ministri straordinari dell’eucaristia e i sacrestani di Dolores (paese) e di tutte le aldee (per la cronaca 22) per questi due giorni hanno lasciato la loro casa, il loro lavoro e la loro famiglia per recarsi a quest’incontro di formazione, che si tiene con cadenza mensile l’ultimo fine settimana di ogni mese.
Io e le ragazze assieme a Padre Mariano abbiamo seguito subito dopo pranzo Padre Ottavio al centro poliformativo pensando di finire ad un banale incontro catechistico ed invece siamo rimasti tutti piacevolmente sorpresi di quest’esperienza così lontana dalle nostre aspettative.
I lavori del pomeriggio sono iniziati alle 14 con alcuni canti e la preghiera il tutto gestito esclusivamente dagli agenti di pastorale nonostante la presenza di Padre Ottavio,  di Suor Lucia e di Suor Dolores, alle 14.30 ha preso la parola Padre Ottavio per dare il tema dell’incontro che era “La liturgia dei Malati” ha dato alcune indicazioni soffermandosi in maniera particolare sul Sacramento dell’Unzione degli Infermi, dopodichè tutti i partecipanti si sono divisi in quattro gruppi di lavoro per riflettere su alcune domande legate al tema in oggetto. A questo punto mentre veniva servita la merenda, i vari gruppi preparavano i loro lavori per poi rendere partecipe tutta l’assemblea delle loro considerazioni alle 16.30. Alle 17.30 preghiera di ringraziamento sempre gestita “esclusivamente” dai laici, prima forse ho dimenticato di dire che questi agenti di pastorale non sono religiosi ma laici, come me e come la maggior parte di voi, persone normalissime uomini e donne, padri e madri di famiglie, giovani e meno giovani, insegnanti, campesinos, casalinghe. Alle 18 cena a base di fagioli e verdura cotta con uova, anche noi abbiamo compartito questa cena buonissima, con i nostri colleghi laici guatemaltechi.
La cosa che mi ha colpito maggiormente di quest’esperieza è stata la grande partecipazione dei presenti, ad un certo punto Padre Ottavio ha chiesto dov’è che si parla di Unzione degli Infermi, voi avreste saputo rispondere? Io no… ma loro invece con molta sicurezza hanno subito risposto “San Giacomo 14,15”… Eppure molti di loro sanno appena leggere e scrivere… E che partecipazione:  volevano parlare tutti, e non tanto per parlare, ma con interventi mirati ed intelligenti, con umiltà e tanto entusiasmo. Quante cose abbiamo da imparare da questa gente… E non pensate che sono così partecipi perché i missionari gli hanno fatto il lavaggio del cervello, qui in Guatemala solo il 70% della popolazione è di religione cattolica il restante 30% sono protestanti e vi garantisco che anche nei posti più sperduti le chiese protestanti sono diffusissime. Forse la loro partecipazione viva e attiva è dovuta principalmente al fatto che i religiosi sono pochi rispetto al numero dei credenti e dunque se vogliono crescere nella fede devono impegnarsi in prima persona senza aspettare la pappa pronta preparata dal parrocco che comunque non ci piace mai…
Sabato la giornatina è stata “intensa” al mattino grandi pulizie per le ragazze sia della casa dove siamo ospitati qui a Dolores che della casa parrocchiale dove vivono Padre Ottavio e Padre Giorgio e spesa per i “ragazzi”, il tutto perché avevamo come ospite per il pranzo il Vescovo del Pétén, persona squisita e di grande compagnia. Dopo la Santa Messa celebrata da Padre Giorgio in parrocchia alle 20 de la noche scopriamo che Padre Giorgio deve assieme a Padre Mariano Celebrare un matrimonio… Come lasciarsi sfuggire una simile occasione? Chiediamo il permesso di poter partecipare alla celebrazione e ci uniamo al corteo nuziale formato dai due sacerdoti, dal padre e dalla madre dello sposo, da noi ragazze e da Franco e Mario. I due novelli sposi ci attendono nella loro casa, dove vivono assieme ai genitori di lui, ai loro 3 figli e non so chi altro, per celebrare il matrimonio… Lo sposo ha 47 anni, mentre la sposa ne ha 44 ma è malata e martedì gli è stato amministrato il Sacramento dell’unzione degli infermi ed in quest’occasione hanno deciso di regolarizzare davanti a Dio la loro posizione celebrando dopo 3 figli e circa 20 anni di convivenza il Sacramento del Matrimonio. Gli sposi erano emozionati ma molto felici, erano circondati dai loro cari e pur senza abito bianco, né fiori, né macchine d’epoca, né bomboniere e neppure anelli, si sono sposati commuovendoci tutti… Questo si che era un “vero” matrimonio… Tutto l’essenziale e davvero niente di superfluo… E il banchetto nuziale direte voi? Quello c’era a base di ciocciolata calda, fatta con l’acqua al posto del latte (che per la cronaca qui a Dolores si trova solo in polvere) ed una torta buonissima fatta in casa ovviamente senza gli sposini ad adornarla… Credo che anche oggi noi italiani evoluti, abbiamo imparato una gran bella lezione…

Domenica abbiamo fatto i turisti e siamo andati a fare una gita sul Rio Dulce in compagnia di Romeo e Nidia, una coppia di Poptún, amici di Padre Ottavio che ci fanno da guida oltre che prestarci molto gentilmente il pullmino per le nostre gite. Rio Dulce è il fiume più grande del centro america e dopo un’ora e mezza di navigazione con una "lancha" nel bel mezzo di uno spettacolo che definire paradisiaco è poco, in mezzo alla natura, siamo arrivati a Livinstong caratteristica cittadina, raggiungibile solo via mare, ed abitata dai Grifuna discendenti degli schiavi importati in america dall’Africa. Dopo la gita sul fiume siamo rientrati nella cittadina di Rio Dulce dove abbiamo pranzato in un ristorantino: ambiete modesto e cibo buonissimo, ma prima di pranzo su quello stesso tavolo dove poi abbiamo pranzato Padre Alberto e Padre Mariano hanno celebrato la Santa Messa, e che Messa: bilingue e con una predica che ci ha colpito al corazon… Dopo pranzo altra breve gita in Lancha fino al castello di San Felipe che però non abbiamo potuto visitare ma solo ammirare dal fiume perché era tardi e dovevamo tornare a Dolores che dista circa due ore da Rio Dulce. Giornata bellissima ed intensa che per le tante emozioni resterà impressa a lungo nei nostri ricordi.
Oggi lunedì siamo stati all’incontro degli agenti di pastorale, religiosi e laici, di tutto il Pétén organizzato dal Vicariato per programmare i lavori del nuovo anno. L’incontro dura due giorni, oggi era la prima giornata ed era dedicata alla conoscenza reciproca: la giornata è trascorsa in allegria all’insegna del divertimento e dell’amicizia e della “condivisione” di sogni, speranze, regalitos (regalini che tutti i presenti si sono scambiati) e comida (cibo), e devo dire che la comida italiana è andata a ruba, apprezzata da tutti…
Sono quasi le 19 ed è ora della Santa Messa che oggi verrà celebrata nella Parrocchia di Dolores.
Un caro saluto a tutti, ciao Rosa Maria.

sommario