Riflessioni di Françoise dopo il ritorno 4
Missioni

RIFLESSIONI DI FRANÇOISE DOPO IL RITORNO
Faits divers

Non sono riuscita a combinare l'aereo delle otto per Città del Guatemala, era già pieno; potremo prendere solo quello delle 18, che anche lui si rivelerà colmo, ma stavolta c'eravamo anche noi. Intanto pattuisco un giro di quattro ore con un "tassinaro" locale. Si parte verso la Cattedrale e la Municipalidad. Strada centrale che si restringe nelle vicinanze del Palazzo del Governo. Sul marciapiede, in mezzo alle tiendas fatiscenti, a ridosso dei gas di scarico di tutti i "carros", vedo un ragazzo di sedici/diciassette anni, bocca spalancata, pallido come un cencio, sudore che gli cola abbondante dalla fronte quanto le lacrime dagli occhi. Di fonte a lui un uomo trasandato si sta infilando un guanto tipo usa e getta. Il tassi è fermo per il semaforo. La mano inguantata penetra violentemente nella bocca dell'adolescente e ne esce trionfante con un molare insanguinato. Il ragazzo piange copiosamente mentre il tassi riparte. Scena felliniana. Da urlo silenzioso. Pietà! Cattedrale di Città di Guatemala. Un uomo dai tratti fortemente scolpiti, zigomi alti, carnagione ramata, naso aquilino, certamente indigeno, magrissimo, vestiti laceri ma puliti (capita!), viso intensamente concentrato e come marcato da un dolore interiore. Viene verso di noi e s'inginocchia davanti all'altare dell'Adorazione. O meglio, si prostra. Si rattrappisce come per ridursi al minimo. Comincia a battere la testa per terra. Ritmicamente. Una, due, tre... cinque volte. Si rimette in posizione composta. Recita due Ave Maria ad alta voce poi esce. Chiesa "Madre della Misericordia". Tutti i Simulacri della processione sono pronti per uscire. Silenzio. Intorno alla chiesa il "mercado popular" schiamazza e strombazza. Una donna recita il rosario. Le diverse stazioni della Via Crucis sono ben illustrate dai carri che sostengono le figure. Su uno dei carri, una statua della Madonna, eretta, che indossa un lungo e abbondante vestito di velluto nero ricamato d'argento, il viso contorto dalla sofferenza, con sette spade di ferro piantate nella zona del cuore. Mercato ufficiale al centro del mercatino popolare. Zona costruita, numerosi box destinati alla carne e al pesce, alla frutta e alla verdura. Alcuni stand decisamente interessanti e invoglianti, come quello di grossi manghi ben lucidi, o di quella montagna di melanzane viola e brillanti. Entriamo. Il lezzo ci afferra immediatamente alla gola. Puzza di carne che sta macerando, di pesce salato che si scoglie. Svanisce subito la curiosità e si esce a precipizio, prima di stare male. Aeroporto di Città di Guatemala. Immenso. Vuoto. Strutture metalliche incompiute. Consegnate le valigie e preso il ticket per l'imbarco, si percorre un lungo corridoio che ti porta alla cassa per le tasse dell'aeroporto, non comprese nel prezzo del biglietto. E sia. Zona Polizia. Controllo dei bagagli a mano. Giacche, orologi, borse. Passo... un urlo... "Françoise!" Oddio, stanno perquisendo Rita. Senza scarpe, senza giacca, valigia spalancata, una donna in divisa di fronte a lei col viso corrucciato che parla concitatamente, Rita è terrorizzata. Ma era un normale controllo. Brevi spiegazioni. Si richiude la valigia. Ci si ricompone e si riparte. Rita, ma perché non hai voluto studiare quel minimo di spagnolo? Lungo corridoio e si arriva nella zona partenze. Spoglia: un bar, un bagno (pulitissimo), un duty free poco fornito, e via. Convento delle suore all'ora della cena mentre si aspetta Suor Marcella. Nella sala da pranzo le religiose stanno prendendo posto. Guardo l'orologio a muro sul lato del nostro tavolo. Da dietro l'orologio si affaccia un geco di belle dimensioni e rientra subito nel suo nascondiglio. Un'ombra procede cauta sullo stesso muro, scendendo lentamente. Guardo con più attenzione. Una blatta lucida e cicciotta di ben 3 cm di lunghezza. Apro la bocca per parlare. Un fulmine. Il geco sfreccia da dietro l'orologio, apre la bocca, ingoia la blatta e torna a missile dietro l'orologio.

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