14 marzo 2011
Missioni

Buenos dias, soy Rita la moglie di Francisco, per la quarta volta in Guatemala.
Francisco vi ha già raccontato tutti gli inconvenienti per arrivare fino quaggiù, ma molte sono state anche le tensioni per i preparativi della partenza, per la preparazione del container, per la situazione psicologica di partire da soli in attesa dei nostri amici.
Vi parlerò pian pianino di tutto anche perchè non è facile sintetizzare e darvi un’idea delle sensazioni e degli umori che si accavallano: è difficile organizzarsi mentalmente, pensare di fare l’apripista in un paese che conosci poco e che per certi aspetti cambia repentinamente, ti carica di responsabilità che sembra difficile poter affrontare noi due da soli.

Il nostro incontro con i Padri Giorgio e Ottavio, con Mons. Mario, Gigi e Romeo è stato molto caloroso: sembrava di esserci lasciati il giorno prima. Ritrovi i fratelli lontani che hai tanta voglia di riabbracciare e di rivedere e nei quali trovi effettivamente una dimensione diversa. Tramite la televisione hanno notizie fresche dall’Italia, ma quello che forse più aspettano sono le notizie dei loro familiari e delle persone che li conoscono e che li ricordano: la salute, il lavoro, le attività della Onlus, il container.
A proposito di container: anche quest’anno si ripete la storia infinita dello sdoganamento per il quale ci sono grosse difficoltà. La “dogana” locale sta facendo un sacco di storie per un motorino che è stato imbarcato nel container all’ultimo momento; inavvertitamente non è stato riportato nell’elenco della spedizione e solo in un secondo momento sono stati inviati i documenti originari. Questo ha creato un mare di problemi perchè l’ufficio guatemalteco preposto ha pensato che volessimo “esportare” un mezzo di straforo senza dichiararlo e quindi “chissà quante altre cose non abbiamo dichiarato”. Pare abbiano svuotato tutto il container per la verifica e adesso bisogna ricaricarlo e trovare un mezzo per portarlo fino quassù (oltre 500 km.) con un notevole aggravio di spese. Si sta interessando della vicenda anche Mons. Fiandri – il Vescovo - perchè sembra che questi “doganieri” stiano giocando sporco procurandoci un danno economico importante: ogni giorno di permanenza al porto costa 55 dollari di penalità e ormai i giorni sono diventati veramente tanti. Anche la Caritas sta cercando in tutti i modi di sbloccare la situazione tra grossissime difficoltà. La situazione è veramente paradossale, quasi fantascientifica: i nostri Padri aspettano il container sapendo che contiene tante cose utili inviate da tante persone buone che in questo modo compartiscono la missione con i loro cari. Noi, io e Francisco, sapendo quante persone hanno contribuito, con tante ore di lavoro, ad organizzare e spedire il container: controllare e dividere l’abbigliamento per fasce di età e per sesso, fare le scatole adattandole alle dimensioni dei pallet, elencarne il contenuto, imballare quello che si poteva rompere, controllare, verificare e elencare le medicine, caricare i pallet, accompagnare il camion al porto di Vado Ligure, sistemare il tutto nel container. Vi assicuro non è cosa da poco, e vedere vanificato il sacrificio di tante persone fa proprio male al cuore. Io e Francisco non vogliamo neanche pensare che non valga la pena di fare tutto questo perchè capiamo quanto amore e dedizione disinteressata viene profusa con questa spedizione. Ogni giorno ci vengono propinate sempre più stupide scuse ed abbiamo la quasi certezza che questi doganieri ci marcino su. Speriamo che questa vicenda si concluda presto e felicemente affinché tutti, noi che lo abbiamo preparato e coloro che lo riceveranno, abbiano non solo un giusto riscontro morale ma anche pratico.
Abbiamo trovato tante novità, più o meno buone, e piano piano ci stiamo reimmergendo nella realtà guatemalteca.

Chissà perchè ho l’impressione che i “rumori” di Dolores si siano un po’ più attenuati, forse perchè mi sto abituando a loro. La mattina mi sveglio sempre molto presto, ma gli autisti delle macchine che portano studenti, lavoratori e visitatori a Poptún (paese a circa 20 km. da Dolores) sembrano meno esagitati. I galli continuano a cantare giorno e notte, ma ormai ho l’orecchio abituato. I cani abbaiano tutta la notte, ma nessuno denuncia i proprietari perchè quasi nessun cane ha padrone e quindi non si possono intentare cause contro i proprietari come da noi in Italia. I cani sono talmente tanti e magri che sono di tutti e di nessuno, e nessuno gli procura il cibo: si arrangiamo mangiando tutto quello che trovano per strada (quasi nulla).
Al nostro arrivo, giovedì 10, abbiamo trovato la casa completamente sistemata e riordinata. Lo scorso anno sono stati effettuati lavori di consolidamento dei muri che, costruiti senza alcuna fondazione, stavano cedendo con possibilità di grossi danni alla casa. I muri della camera dove hanno dormito Mario prima, e Ivan l’anno scorso (Mario e Ivan sono due misioneros che hanno già compartito questa esperienza) avevano delle grosse crepe ed uno era completamente intriso d’acqua. Così sono stati buttati giù e rifatti tutti, sono stati ripristinati i bagni, è stato cambiato il lavandino della cucina, ma a poco a poco ci stiamo accorgendo delle “magagne”.
Pertanto quest’anno le “pulizie di Pasqua” sono state abbastanza limitate perchè i Padri avevano disposto per una pulizia generale anche in considerazione che in febbraio nella casa sono stati ospiti 16 italiani dell’Associazione “Amici del Guatemala”. Sto procedendo con ordine e, in attesa di riprendere con lena le nostre visite alle aldee o il nostro impegno nella scuola, passo il tempo rinfrescando le camerette che ospiteranno i nostri amici.

Abbiamo cominciato anche le visite alle aldee e ormai parecchie persone dei villaggi ci accolgono molto calorosamente avendoci conosciuti negli anni scorsi. Francisco è accolto dagli uomini con una stretta di mano ed una pacca sulla spalla (in gesto molto amichevole), con me si tolgono il cappello da cowboy con deferenza e vedo che apprezzano che anch’io tenda loro la mano. Le donne sono più riservate e la maggior parte sempre con gli occhi bassi e ridono nascondendo il viso. Comunque il lavoro che stanno facendo le Suore ed i Padri è veramente encomiabile perchè negli anni ci accorgiamo dei piccoli passi che queste persone hanno fatto nel comportamento e nel modo di approciare con i forestieri. Inoltre queste persone molto grate delle nostre visite, si sentono considerate e contano molto sul nostro aiuto e sulla nostra presenza e partecipazione. Ora ci siamo accorti che il discorso “aiuti” sta cambiando valenza: non sono più erogazioni a fondo perduto, ma la metà del “prestamo/prestito” deve essere restituito in un tempo ragionevole. E questo sistema, a parte qualche irriducibile, pare funzioni: Anzi qualcuno cerca di rendere i soldi prima del tempo un po’ per togliersi il peso, un po’ per poterne avere altri - magari di importo più elevato - per altre necessità, un po’ per far vedere agli altri la propria operosità. Per il momento funziona, ma non potete immaginare quanto impegno ci mettano i Padri per far rispettare le regole pur tenendo conto delle diverse situazioni e necessità. Questo atteggiamento comunque comincia ad inculcare nelle persone un po’ di fiducia in loro stessi, riesce a dare più coscienza sulle proprie possibilità e sul modo di affrontare la vita. Sabato abbiamo partecipato alla “cerimonia” di chiusura di un incontro della popolazione con i catechisti avvenuto nell’aldea di San Lucas: Il tema dell’incontro è stato “l’autostima”: non hanno partecipato molte persone, ma essendo quella un’aldea molto lontana da Dolores e molto povera è stato importante gettare il seme. È impegno della comunità “innaffiare” questo seme per farlo crescere, aiutare i più deboli a prendere coscienza delle proprie possibilità senza peraltro incorrere nell’eccesso inverso.
Para haora es bastante. Muchos besitos a todos.
Rita

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