11 novembre
Missioni

11 Novembre 2004  Giovedì

Alle 8,30 ora chapina e cioè verso le 9.00 per imprevisti e previsti vari, caricata sulla Toyota suor Josefina e il catechista Eusebio (Cebito) con due sue figlie, si parte alla volta di Ixkún.
L’aldea di Ixkún si trova dopo il sito archeologico omonimo al di là di una lussureggiante foresta/giungla  tropicale.
La solita strada incredibile, ma questa volta un pochino meglio di ieri e ieri l’altro, forse a causa del sito archeologico al quale conduce: la strada infatti termina alla recinzione di detto sito.
Si continua a piedi. Attraversiamo un prato bellissimo dove vedo scritto “zona di campeggio” e poi c’infiliamo nella foresta. In questa zona ci sono gli animali selvatici ma non ne ho visti anche perché il nostro è un gruppo ciarliero e, si sa, gli animali non si fanno vedere se c’è chiasso.
Gli studenti del “colegio” oggi sono venuti qui a piedi per visitare il sito e mi avevano pure invitato, ma ho preferito andare all’aldea dove avrei incontrato persone e situazioni di vita.
Il nostro camminare si svolge su un sentiero tracciato nella foresta. Alberi secolari incombono su di noi e il sottobosco è fittissimo. Qualche tempo fa Eusebio in questa zona ha catturato un enorme cucciolo di anaconda di più di due metri di lunghezza e della circonferenza di almeno trenta centimetri (ho visto le foto e siccome lo tiene in cattività - poverino - lo vedrò di persona in uno di questi giorni e lo fotograferò). Da un momento all’altro sembra che possa saltar fuori chissà quale bestia: una tigre (qui la tigre non c’è ma chiamano così il giaguaro, se ho capito bene) o chissà quale serpente (culebra) o qualche scimmia e invece niente, solo piante e piante e sottobosco fitto e il nostro sentiero che a tratti è tanto fangoso che ci si affonda. È un fango incredibilmente appiccicoso, nero per le foglie marce e la terra da cui si forma.
Cammina cammina arriviamo dopo circa quaranta minuti alla chiesetta dell’aldea di Ixkún. Ci aspettano tante persone, come al solito vestite a festa perché si celebra l’Eucaristia. Ci offrono delle ottime naranjas (arance) che dopo tutto quel camminare nella foresta sembrano ancora più buone. Come le altre volte, confessioni e durante le confessioni, catechesi di suor Josefina e poi la messa cantata con entusiasmo e concelebrata da me e Ottavio che ha fatto, come sempre in questi giorni, una bella e pratica omelia.

A Ixcún
La Messa
e il cammino nella foresta

Alla fine della messa Cebito parla alla comunità dei problemi sia di vita cristiana che di vita sociale: Eusebio è uno dei responsabili dell’operazione tierra e invita i capi famiglia ad incontrarsi con lui dopo la messa.
Noi ci avviamo senza Cebito nella foresta sulla via del ritorno. Quando ripasseremo dal sito archeologico, rientrando, ci fermeremo a visitarlo. Di nuovo immersione totale nel verde. Incontriamo un ruscello con le acque limpide che scorre e il suo rumore accompagna per un breve tratto i nostri passi.
Arriviamo al sito archeologico: sono le 12.40 e lo visitiamo. È abbastanza piccolo: delle steli e qualche pietra scolpita e un altare dove si facevano sacrifici umani. Una delle steli è la più alta di tutto il Petén ed ha delle figure: due re dell’antico impero maya. Il sito dev’essere grande e bello ma non è ancora scavato e sistemato: ci sono tante collinette di terra che circondano una bella piazza (un prato splendido) e certamente scavando queste piccole colline emergerebbe la città antica.
Terminata la visita, aspettiamo che arrivi Cebito che era rimasto a fare la riunione con i capi famiglia e poi tutti sul nostro “carro”, (che cammin facendo si è arricchito di altre presenze, compresa una gallina, tutte sulla palangana!) alla volta di Dolores.
Bellissimo pranzo! No niente aragosta o maialetto, ma quello che è rimasto dal pranzo di Federico e di padre Giorgio. Il P. Ottavio scalda la pastasciutta ed io mi faccio due uova fritte con cipolla e pomodori: era da molto che non mangiavo così di gusto!!
Il pomeriggio si decide di andare al ponte sul Machaquilá, il fiume che scorre nei pressi di Poptún, per lavare il carro che non si capisce più di che colore sia tanto è coperto di fango e per fare il bagno nel fiume, dato che siamo tre giorni senza acqua corrente. Facciamo un breve giro per il paese reclutando bambini per andare a Machaquilà e poi, quando la palangana è strapiena di bambini e bambine si parte alla volta del fiume

Bagno a Machaquilá

Arrivati al luogo di destinazione, tutti a terra e... bagno nelle acque abbastanza fredde anche perché non c’è sole. Anch’io faccio il bagno con tutti i miei acciacchi di artrosi varie. Dopo il bagno mi sento rinato e cominciamo a lavare il carro con l’aiuto dei bambini: è una festa. Io sto in acqua e porgo secchi pieni a quelli che sono su un ponte di cemento sul quale è fermo il carro e poi giù acqua e olio di gomito per staccare il tenacissimo e abbondantissimo fango dal carro. A proposito, il carro ha un nome, ottenuto cancellando sapientemente in tutto o in parte, alcune lettere della sua marca, toyota: (T)O (Y) C TA: già: Octa, mi sembra evidente!
Ho conosciuto molti bambini che stravedono per il p. Ottavio (Octavio, come dicono loro!) e imparato anche alcuni nomi, improbabili dalle nostre parti: Suyama, Jabip e altri che non ricordo.
Tornati a casa è scoppiato un temporale di quelli che noi chiamiamo tropicali: la grondaia versa acqua a tutto pieno. Mi sono seduto sotto la lolla (reminiscenza sarda per “loggiato”) della casa a vedere e ascoltare la pioggia: era da molto che non avevo questo tempo e questa opportunità: qui mi riscopro umano ed ho occhi per le cose che la vita strattonata che vivo a Cagliari mi nasconde mettendo urgenza ad altre cose che chissà poi se sono davvero più urgenti ed importanti!

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