22 novembre
Missioni

22 Novembre 2004  Lunedì

Questa mattina ho aggiornato il diario al computer e poi sono andato alla chiesa parrocchiale dove cominciava un corso di restauro.  Ho trovato la signorina (la professora) che deve tenere il corso, insieme a un bel gruppo di alunni del nostro collegio.
Il padre Giorgio mi aveva presentato l’insegnante qualche giorno fa e mi aveva chiesto di fare delle foto per lei, per il restauro della chiesa parrocchiale.
Così, armato di machina fotografica mi sono dato da fare, fotografando tutto quello che mi è stato richiesto di fotografare per organizzare il restauro.

La chiesa ed il gruppo di restauro

Tornato a casa ho continuato l’aggiornamento del diario.
Il pomeriggio è stato di tutto riposo.
Alle 18.00 sono andato con il p. Ottavio a Poptún per mandare una e-mail al p. Daniele Cara con il progetto del mio ritorno a casa: partirò da Dolores il 2 dicembre verso la Capitale e poi di lì andrò in México il 4 dicembre alle ore 10.00 con una compagnia aerea locale. Dal Messico ripartirò, secondo il programma già fatto, il 5 dicembre alle 22.00: il tutto a Dio piacendo!
Dopo Internet, siamo andati alla Villa de los castellanos perché è in corso un ritiro dei laici responsabili della pastorale di tutto il vicariato. Ottavio è venuto qui perché è vicario del vescovo che è impedito a venire.
Abbiamo cenato insieme ai laici e dopo cena abbiamo celebrato la messa.
É stata una messa molto partecipata: la preghiera dei fedeli non finiva più!
Dopo la messa mi è stato chiesto un intervento, che ho fatto, in italiano e che il p. Ottavio ha tradotto. Tra le altre cose ho detto che uno dei ricordi più belli che porterò con me in Italia è il coinvolgimento e la preparazione dei laici nell’apostolato: sono stupendi!
Dopo la messa canti con dinamicas e poi, a casa.

23 Novembre 2004  Martedì

Partenza per l'aldea di El Pedregal. Con noi la sempre disponibile suor Josefina e gl’immancabili ospiti sulla palangana: gente che approfitta del viaggio del missionario per andare a trovare parenti all’aldea alla quale siamo diretti o a qualche aldea che troviamo di passaggio. O  anche persone che tornano a casa, o hanno altri motivi per intraprendere questo viaggio: il padre non nega un passaggio a nessuno e siccome il luogo più capiente del Petén, secondo l’esperienza che sto facendo, sono le palangane dei vari carri o camion, il passaggio si trova sempre.
Lungo la strada vediamo molti lavoratori campesinos (=contadini) che stanno sembrando la selpa (seminando il mais) o sembrando frijoles (fagioli). Ancora non è stata cosechada (raccolta) la milpa della semina precedente e già si provvede alla nuova perché qui nel Petén e solo nel Petén, non in tutto il Guatemala, si fanno due raccolti all’anno di mais e di fagioli.
Il viaggio dura un’ora ma sembra molto più lungo per il disagio della strada già raccontato e che è sempre lo stesso in questi spostamenti alle aldee.
Arriviamo finalmente e capisco il nome dell’aldea: El Pedregal: rocce e pietre affioranti dappertutto. L’aldea si trova in una bella valle, manco a dirlo verdissima, con una sorgente incanalata a realizzare un lavatoio per i panni e pieno di donne a lavare.

El Pedregal
I Bambini
L'inossidabile hermana Josephina

El Pedregal
Catechesi
Albertina
El Pedregal
Le Mamme
Le risorse del machete

Il solito campetto verde con il fondo “naturale”, cioè non spianato a dovere, i cavalli che pascolano nel campo e un po’ dappertutto. Qui tutti hanno il o i cavalli, che sono il mezzo di locomozione e trasporto più usato, data la condizione delle strade e la impossibilità non solo di avere un’auto. Alcune aldee hanno comprato comunitariamente un camioncino che fa servizio giornaliero tra l’aldea e il paese e questo è già un grosso passo avanti. Si incontrano spesso cavalli, muli e somari carichi di sacchi gonfi di mais o di altro e che vanno o al molino o al mercato o da chi comprerà il prodotto dei campi così trasportato.
La chiesetta è chiusa perché anche il catechista è a seminare e veniamo accolti in casa di don Adrian, un signore molto attivo e dalle tante iniziative: ha una casa “signorile”, in pietra (cosa più unica che rara), i campi ben tenuti ed ha scavato varie pozze per raccogliere e conservare l’acqua piovana (delle specie di laghetti) perché il bestiame possa dissetarsi.
Ha undici figli (sei femmine e cinque maschi) ed uno di loro, Vidal, ha avuto da sua moglie una bella bambina, Iriselda, nata un mese fa. Il babbo e la mamma della bimba seduti sul bordo del letto con la loro figlioletta in mezzo, sembrano il quadro di un natale vivo e che, come data di calendario, è alle porte.
Scopro che una bambina di don Adrian, di otto anni, si chiama Alberta: nome abbastanza singolare  che mi colpisce anche per la omonimia con me. La bimba, appena sente che mi chiamo padre Alberto, si avvicina senza alcun timore e mi si siede accanto.
A metà mattinata, verso le 11.00, il padrone di casa mi porta una tazza da caffellatte colma di riso cucinato con zucchero di canna: è un alimento dolciastro che non incontra i miei gusti. Don Adrian insiste perché lo mangi e così provo a ingurgitarne qualche cucchiaiata ma dopo un po’ desisto perché proprio non mi va giù. Il p. Ottavio mi viene in aiuto, levandomi dall’imbarazzo e finendo lui (un po’ di nascosto per non farmi scomparire davanti ai nostri ospiti) tutto quel tazzone di riso: mi ha proprio evitato una brutta figura!
Pranziamo da don Adrian: gallina in brodo con riso e le immancabili tortillas di mais. Il pasto è molto buono e saporito. Sto attento a non bere se non acqua “pura”: acqua trattata per i germi, per evitare problemi di dissenteria.

Il pomeriggio, riunione e poi messa, preceduta da confessioni, come al solito. Oggi risulta difficile, siamo nel periodo della semina, avere il popolo riunito nel primo pomeriggio e così si tergiversa e si comincia la messa alle ore 18.00 (era prevista per le 16.00) per dare tempo  alla gente di rientrare dal lavoro nei campi.
Finalmente si comincia la messa al lume di una lanterna a petrolio. Qui si conserva il Santissimo nel tabernacolo. Il solito entusiasmo e la solita grinta nell'esecuzione dei canti.
Un rammarico del padre Ottavio: ci sono poche comunioni perché qui come anche nel resto del Guatemala, molte coppie sono irregolari, convivono senza essere unite dal sacramento del matrimonio (come ho già detto sopra) e quindi non possono accedere all’Eucaristia e alla Penitenza. L’hanno scorso in tutta la parrocchia, aldee comprese, ci sono stati più di 300 battesimi e 17 matrimoni religiosi!!
Terminata la messa si rientra con il nostro solito carico di umanità nella palangana e tante cose che ti frullano nella mente e ti obbligano a riflettere e, forse, a crescere.

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