7 Novembre 2004 Domenica
La casa parrocchiale che mi ha accolto è una costruzione su un piano, pulita, essenziale, senza fronzoli. Il pavimento è in cemento colorato di rosso. Appena si entra ci si trova in una grande sala. In questa sala trovano posto, proprio davanti all’ingresso, una cucina economica a gas e un lavello per i piatti. Alla sinistra dell’ingresso una credenza divide in due la sala. Di fronte all’ingresso, a sinistra della cucina, due porte: la camera del padre Giorgio (in questi giorni ceduta a me) e la camera del p. Ottavio. A destra della cucina, un’altra stanza e l’ufficio parrocchiale.
Dietro la credenza un tavolo per la mensa, un frigorifero e un distributore d’acqua potabile. Il mobilio di questa stanza è completato da uno scaffale di libri, da una bacheca con tutti i programmi ed orari e vari poster su Gesù e sulla chiesa. Alla mia porta un grande cartello di benvenuto.
La mia stanza ha un tavolino, un letto ed un armadio pieno delle cose di p. Giorgio, una finestra che dà sul saloncino parrocchiale. Annesso un bagno con doccia: solo acqua fredda, quando c’è! Nel bagno ci sono vari recipienti per raccogliere l’acqua per quando manca quella dell’acquedotto e per usarla per lavarsi.
La stanza del p. Ottavio è simile. Mancano in tutta la casa gli attaccapanni: qui non esistono proprio e si supplisce con dei chiodi alle pareti.
L’ufficio parrocchiale ha il suo archivio con i registri, come tutti gli uffici parrocchiali, una scrivania (bellina!) e due sedie; un fotocopiatore, uno scaffale per i libri ed un computer portatile che non so come faccia a funzionare ancora: miracoli della missione! Con questo computer sto scrivendo quello che leggete.
L’altra stanza la occupa, quando c’è, Gigi, il fratello del p. Ottavio.
Casa Parrocchiale |
|||
cortile |
saloncino |
ingresso |
ingresso |
sala da pranzo |
sala da pranzo |
||
bacheca avvisi |
cucina |
cucina |
ufficio parrocchiale |
Qui la gente si alza alle cinque circa del mattino anche perché, generalmente, va a letto molto presto e quindi sfrutta tutta la luce del giorno.
Io non mi sono alzato alle cinque ma alle sette.
Ho trovato che veniva l’acqua dal rubinetto e mi sono fatto la barba e mi sono potuto lavare. La doccia non l’ho fatta perché l’acqua era fredda ed ho ancora risentimenti alle ossa della schiena, ma sto molto meglio che in Italia: probabilmente perché qui non si dà tanto spazio ai dolorini...
Barba ad acqua fredda e poi conoscenza con i bambini che già dall’alba avevano fatto invasione nella casa parrocchiale per salutare padre Ottavio: credo che non possano cominciare la giornata senza salutare il padre e che la cosa sia vicendevole: ho così conosciuto Jose (non Josè) e Juan Carlos, due marmocchietti vispi di dieci e otto anni e altri più piccini e più piccine che si muovono come fossero a casa loro!
Alle dieci si va alla chiesa che, come mi ha spiegato Ottavio è la più antica della zona, dovuta probabilmente alla predicazione dei Domenicani. Infatti, secondo le notizie avute dai padri Ottavio e Giorgio, i Domenicani, alla fine del 1600, scorrazzavano in lungo e in largo per questa regione portando il Vangelo di Gesù. In questi loro viaggi apostolici fondarono comunità ed edificarono chiese che poi servivano come base per i viaggi successivi. In zona ci sono vari luoghi e chiese dedicate a santi Domenicani, segno appunto di questa presenza. Questo pueblo non ha mai avuto, tuttavia la presenza stabile di un sacerdote che si curasse di tener viva la fede e solo da pochi anni la chiesa di Dolores è diventata parrocchia. In tutto questo tempo, fatte salve le visite sporadiche dei missionari, sono stati i laici a tener viva la presenza del vangelo.
Nella chiesa, quando arriviamo noi,ci sono già tanti fedeli e ragazzi perché oggi ci sono le cresime alle ore 11.00.
Ottavio si mette a confessare ed io faccio foto e riprese. Finalmente arriva il padre Giorgio, gioviale ed entusiasta come sempre: grande abbraccio e un pò di... commozione.
Arriva il Vescovo: Mons. Oscar Julio Vian Morales e cominciamo la messa.
celebrazione delle cresime e ministeri |
|||
Un bel coro di ragazze anima la liturgia e tutta l’assemblea canta al suono della marimba percossa da vari uomini ed un ragazzo: il tutto è molto coreografico ed esotico per me ma per loro penso che l’unica cosa di esotico in quella chiesa, sia proprio io che devo avere una faccia che si meraviglia di tutto. Il Vescovo mi autorizza a fare delle foto e delle riprese e così posso portare una bella testimonianza di un’assemblea che canta con vivacità e fede e di un pastore che, da come si esprime e dal tono della sua voce, appare coinvolto con il suo popolo.
Nessuno fa caso al cane “catolico” (che poi diventano due) che “partecipa” alla celebrazione. Qualche mamma allatta il suo piccino: la chiesa è la sua casa!
La descrizione delle cresime la affido alle immagini.
Terminata la messa di crismazione si va a pranzo nella casa parrocchiale. Oggi pranzo di lusso: pastasciutta (di grano tenero), fettine arrosto con patatine fritte, verdura, tortillas, caffè e... mirto di Rosetta che, bevuto qui è, se possibile, ancora più buono!
Dopo pranzo i padri hanno un lungo colloquio con il vescovo ed io mi sdraio sul letto. Sento che parlano di problemi legati alla pastorale della zona e soprattutto dell’urgenza del tema della terra che ha visto un altro martire proprio ieri: un animatore e coordinatore diocesano è stato sequestrato, brutalmente torturato ed ucciso. La stampa non ne dà notizia! L’impunità favorisce questi eventi ed il vicariato sta promovendo un’opera di divulgazione delle notizie e di difesa e protezione delle persone più esposte, in questo coadiuvato anche dalla caritas svizzera e un’altra associazione pure svizzera.
Il vescovo nutre grande fiducia e, mi sembra, anche ammirazione per i padri Ottavio e Giorgio e non ne fa mistero.
Quando il vescovo se ne è andato, Ottavio e un gruppetto di bambini hanno caricato l’onnipresente pick-up rosso della missione con un tavolo e delle sedie e siamo andati, con i ragazzi nella palangana (= cassone), al “Colegio” (si scrive così qui) dove ho trovato padre Giorgio con tanti giovani alunni e collaboratori. Il Collegio dista dalla casa parrocchiale circa un chilometro. Collegio vuol dire scuola ma qui è anche collegio perché i ragazzi (settanta circa) vengono alloggiati e mangiano tutti insieme. È la prima importante creatura della Missione. Padre Giorgio è il direttore e l’animatore onnipresente. Frequentano la scuola ragazzi e ragazze, ma il cruccio è che queste sono poche rispetto ai ragazzi: si cerca anche qui la promozione della donna, che è uno degli scopi principali che i padri si sono dati. Queste ragazze non mangiano né alloggiano al Collegio ma i padri si preoccupano di trovare e affittare per loro delle case e pagare luce, acqua e gas e quant’altro. La ”carrera” di perito in ecoturismo (tre anni dopo le medie), come tutte le carrere che in Guatemala danno un diploma). Nel Collegio c’è il refettorio e la cucina con una cuoca come si deve (ben piazzata): donna Celia; un dormitorio con i letti a castello, le aule dotate degli strumenti didattici adatti allo scopo dell’insegnamento: computadoras (per le lezioni di computer, appunto) e tutte le lavagne, eccetera di cui ogni aula ha bisogno. Mi ha colpito la giovane età degli insegnanti, per lo più formatisi a questa stessa scuola che sembrano anche loro tanti studenti e che p. Giorgio chiama rigorosamente “professore” perché (penso) non sia sminuita la loro autorità davanti ai giovani alunni. Una cosa che nelle nostre scuole non c’è, ma qui invece si, è la lavanderia e cioè un lavatoio dove i ragazzi lavano le loro cose.
Collegio
|
||
ingresso |
p. Giorgio, fondatore |
studentesse |
ultimo ripasso |
studenti e p. Alberto |
aula di informatica |
cancha deportiva |
cancha deportiva |
donna Celia |
E poi ed è la cosa che subito ho vista anche perché noi di Cagliari siamo stati coinvolti nella sua realizzazione, è la Cancha deportiva: un bel campetto polivalente per calcetto, pallacanestro e pallavolo con tanto di illuminazione(¡!). Alla fine ho visitato l’ufficio (l’officina) della scuola dove la musica abbastanza forte diceva la presenza di ragazzi ed infatti appena entrato, mi sono trovato davanti i giovanissimi “manager”: con loro c’è anche Rudi, un giovane che è venuto a Cagliari e che parla italiano e che mi ha fatto un sacco di feste.
Rimontati sul pick-up (i ragazzi rigorosamente nella palagana) ci siamo poi recati al nuovo centro poliformativo per lasciare anche lì un pò di sedie. È una bella costruzione nuova fiammante, non ancora inaugurata, fatta per potervi svolgere le più svariate attività formative, religiose e sociali. Ha due bracci e una parte centrale, il tutto fatto a "U". I due bracci di circa 30 metri ciascuno, ospitano due dormitori ciascuno e i servizi (WC e docce e lavandini): da una parte per le donne e dall’altra per gli uomini. Nel braccio centrale c’è la cucina ed il refettorio. All’ingresso dei due bracci della "U", ma staccato da essi, un bellissimo salone ottagonale per gli incontri di ogni genere. È un’opera veramente notevole, fatta nello stile locale, senza nessuna indulgenza per quello che può sapere di sfarzo o comunque di ricchezza. I catechisti, gli operatori di qualsiasi gruppo dovranno sentirsi a loro agio e potersi muovere liberamente come nelle loro case. Credo che i padri siano riusciti a fare un’opera bene inserita nella progettualità della loro presenza missionaria.
Intorno al Centro poliformativo c’è del terreno dove troveranno posto due “champitas” (delle tettoie di frasche) per gli incontri all’aperto, verranno messi a dimora degli alberi per avere l’ombra e una parte della terra sarà coltivata, sotto la guida di un perito agricolo, nell’ambito della sperimentazione ed incentivazione delle culture agricole.
Abbiamo fatto poi un giro per il paese e comprato dei recipienti per l’acqua perché quel borghese di p. Alberto si possa lavare più agevolmente e poi di nuovo a casa..
Ancora non ho capito “dov’è” Dolores perché noi siamo abituati a vedere l’agglomerato urbano dei nostri paesi e città e poi intorno la campagna. Qui mi sembra invece che sia tutta campagna con delle case sparse qua e là. Ma saprò vedere meglio il tutto fra qualche giorno quando anch’io mi sarò abituato a questo “nuovo mondo”.
Fa buio presto: alle sei e mezza già non ci si vede più.
Siamo tornati a casa, abbiamo parlato un pò tra noi e poi è arrivato Federico, un ragazzo di Nuoro che è qui come volontario e sarebbe dovuto rientrare domani dalla Capitale dove era andato per visitare e comprare tipicos. Insegna inglese al Collegio e prepara la sua tesi su un letterato guatemalteco. Federico studia all’università di Siena. Ci ha mostrato con entusiasmo i suoi acquisti: è veramente contento di ciò che ha comprato, ma soprattutto delle cose viste e delle persone incontrate in funzione della sua tesi.
Arrivano anche Giorgio e Rudi, abbiamo mangiato un boccone degli avanzi (ottimi) del pranzo e dopo una fraterna chiacchierata, buonanotte a todos.
Ritorna a sommario | vai a pag. 8 novembre |