ottavo invio: dal 25 marzo 2008
Missioni

Carissimi, ci stiamo ormai preparando al rientro. Mentre continueremo a mandarvi il nostro diario, cominciamo ad organizzare il nostro incontro quando arriveremo  in Italia. Penso che potremo vederci tutti a Selargius, presso il Centro Giovanile Domenicano il sabato 5 aprile alle ore 18.00 per condividere racconti, foto ed esperienze. Nella biblioteca di San Domenico in Cagliari, invece, potremo incontrarci la domenica 6 aprile alle ore 17.00. È chiaro che vi aspettiamo tutti e vogliamo parlare con tutti e raccontarvi tutto, rispondere alle vostre domande ecc.... A presto dunque p. Alberto

Carissimi, ci stiamo ormai preparando al rientro. Mentre continueremo a mandarvi il nostro diario, cominciamo ad organizzare il nostro incontro quando arriveremo in Italia. Penso che potremo vederci tutti a Selargius, presso il Centro Giovanile Domenicano il sabato 5 aprile alle ore 18.00 per condividere racconti, foto ed esperienze. Nella biblioteca di San Domenico in Cagliari, invece, potremo incontrarci la domenica 6 aprile alle ore 17.00. È chiaro che vi aspettiamo tutti e vogliamo parlare con tutti e raccontarvi tutto, rispondere alle vostre domande ecc.... A presto dunque p. Alberto

MARTEDì 25 marzo 2008
Carissimi, in questi giorni mi sono immerso completamente negli avvenimenti pasquali ed ho trascurato il diario: scusate. In compenso i miei amici e "compagni di avventura" hanno provveduto a tenervi aggiornati. Sono arrivate Françoise e Rita. Françoise è rimasta dalle suore di Santa Eléna, insieme alle bambine delle quali si occupa e Rita è venuta a stare con noi a Dolores. È stata una presenza preziosa per noi e, penso anche per loro, almeno al vederle e sentirle! Francesco e Fabrizio hanno portato a termine la costruzione di quattro panchine (già cominciate da Mario e Francesco) al centro del giardino antistante la casa.

In questo momento sono solo in casa e aspetto un operaio, Francesco e Fabrizio sono a Poptún con il p. Ottavio e torneranno un tempo per consegnare le magliette alla squadra di calcio locale. È stata per me una Pasqua anomala, passata lontana dalle nostre liturgie, con molta nostalgia ma senza rimpianti. Il calore umano nelle celebrazioni alle aldee mi ha insegnato tante cose che a volte l'abitudine al consueto e allo "scontato" (perché si è sempre fatto così), non crea il senso di attesa e di risurrezione che è il centro motore della pasqua: un passaggio, un cammino dunque con tanto di meta e di fatica e non una meta scontata, sempre la stessa, una meta liturgica, ma una meta umana, sempre coinvolgente, sempre da raggiungere.

La veglia Pasquale l'ho celebrata nella chiesa parrocchiale di Dolores, straboccante di gente festosa, insieme al Padre Giorgio, che è il parroco, circondato da chierichetti in "alba" e da tante luci nella chiesa restaurata, assistito da un impianto di amplificazione, accompagnato da canti e marimba. Quasi tutto come da noi... La sera della domenica di pasqua la aspettavo con ansia perché dovevo incontrare i giovani missionari della settimana santa alle aldee (dei quali vi ho parlato) e dovevo io concludere con la Messa e una riflessione questa esperienza loro e nostra. Erano 55, per lo più ragazzi e ragazze, la gioia di Pasqua traspariva dai volti e dagli sguardi e non lasciava spazio alla stanchezza dei giorni di aldee, con cibo precario, spesso con la terra per letto, esposti a tutti gli insetti, circondati da un fango implacabile e appiccicoso dovuto alle abbondanti piogge di questi giorni. Mi sono ricordato del passo del profeta Isaia "come sono belli, sui monti, i piedi dei messaggeri di pace..." Ho letto loro il passo di Luca dove si racconta il ritorno dalla missione dei 72 discepoli inviati da Gesù, dicendo loro che non si formalizzassero al numero, perché in effetti, quelli di oggi non erano 72 ma 55, il resto andava tutto a pennello (lc. 10,17-20). Poi la santa Messa con il vangelo di Emmaus ("la sera di quello stesso giorno..."), la lettura della catechesi di Pietro a Cornelio e la storia del lievito che fermenta la pasta per un buon pane. Tutti ascoltavano e le parole mi venivano bene, una dietro l'altra, con la convinzione che questi temi suscitano sempre dentro di me. Penso che una celebrazione così ripaghi abbondantemente disagi e problemi di giorni vissuti immersi nel solo essenziale: ti accorgi che Essenziale va scritto con la lettera maiuscola perché si chiama anche Dio. Dopo la Messa abbiamo condiviso una cena con pizza italiana preparata dallo splendido Gigi e poi condivisione delle esperienze vissute nei "giorni santi". Di quest'ultima condivisione ve ne parla con abbondanza di particolari, Francesco.

Poi i saluti. Tutti questi Missionari torneranno alle loro case, ai loro studi, al loro lavoro e si porteranno nel cuore la pienezza di una semina e la nostalgia di presenze e luoghi dove Gesù si è presentato con la loro persona, con la loro voce e soprattutto con il loro cuore. Intanto oggi (25 marzo) sono ripartite anche Françoise e Rita, anche loro con le valige meno piene di cose e colme invece di gioia, che, per fortuna non pesa. E ora a presto p. Alb

Ciao a tutti, sono Fabrizio. Oggi è 24 marzo, sono qui da undici giorni e ci rimarrò per altri 5 ... troppo poco. E già, troppo poco perché qui il tempo scorre veloce, sarà perché siamo molto impegnati sia nei lavori che nelle visite alle aldee, ma purtroppo il tempo sembra davvero volare. Oggi insieme a Franco abbiamo terminato il lavoro delle panchine, quindi quando voi verrete qui ... perche voi verrete qui, e vi siederete nelle panchine a prendere un pò il fresco della sera con i grilli da mezzo kilo che cantano e le stelle che sembra puoi toccare con un dito ricordatevi che lo potete fare grazie a Mario, Franco e Fabrizio (che ha impastato cento sacchi di cemento). Oggi sono riuscito a terminare anche un altro lavoro a cui tengo molto e che insieme a Francesca (che sta facendo dei progetti per il Guatemala dalla Sardegna) vogliamo portare avanti perché potrebbe migliorare qualcosa nella zona più povera del Pétén, cioè nelle aldee. Si tratta della realizzazione di un forno solare costruito con del cartone, della carta alluminio, colla fatta con acqua e farina e un rettangolo di vetro. L'idea è stata di Francesca e già prima che io partissi lei aveva preparato diversi prototipi testandone l'effettiva efficacia. Io ho fatto oggi il mio primo fornetto solare e domani, nuvole permettendo, lo proverò mettendo un recipiente pieno d'acqua per portarla a ebollizione. Se funziona lo illustrerò agli alunni di padre Giorgio cercando di incuriosirli e di fargli capire l'importanza di poter sfruttare questa idea per cuocere dei cibi, magari non tutti, ma almeno potranno dimezzare il fumo introdotto nei loro polmoni e assorbito dai loro occhi prodotto dai forni a legna senza canna fumaria che tutti hanno nel centro delle loro capanne nelle aldee. Certo non è che in un giorno io pretenda di convincerli a usarlo, ma per adesso almeno riuscire ad incuriosirli sarebbe già un passo in avanti per spianare la strada più in là.

Ora che le panchine sono finite ed il forno deve essere solo collaudato inizierò a dedicarmi un pò alle biciclette arrivate con il container che abbiamo spedito perché hanno tutte bisogno di essere messe a punto, comincerò da quelle dei bambini piccoli, anche se sono davvero poche, chissà quanto saranno felici di poterle ricevere in regalo. Ho notato che la cosa che manca di più in determinate aldee sono le scarpe dei bambini dai 4/5 anni fino agli 11/12, bisognerà tenerne conto nella prossima spedizione del container. Quante cose ci sarebbero da fare qui, vorrei poter avere tutto il tempo del mondo e tutte le conoscenze artigiane utili per migliorare qualcosa qui. Mi sono ripromesso di imparare qualcosa di specifico da qui ad un anno per poter ritornare in questo bellissimo paese e impegnarmi personalmente nelle aldee per diversi giorni, spero di poter riuscire in questo mio nuovo progetto. Quando sono a contatto con la povertà più critica, con la sofferenza che mi disarma e mi fa sentire impotente, con quegli sguardi così profondi di chi non ha più gli anni per lavorare nei campi ma ancora ha la forza per brandire un pesante machete e mietere il mais, quando sono di fronte a tutto questo vorrei essere un medico per curare i loro malati, vorrei essere un ingegnere per costruire i loro ponti, vorrei essere una persona influente per gridare il loro urlo silenzioso ma assordante ed essere finalmente ascoltato. Ma purtroppo non lo sono, e nel mio piccolo dovrò migliorare me stesso per poter provare ad essere più utile a queste persone. Già nel prossimo container che invieremo dal centro giovanile di padre Alberto cercherò di essere ancora più presente sia nella scelta del materiale da inviare che nella propaganda per recuperarlo. Chi è stato in posti come questo, posti come il Pétén, posti come ce ne sono tanti nel mondo, in Asia, in Africa, nel sud America, non può che rimanere colpito da ciò che vede, e l'unico peccato che può commettere sarebbe dimenticare ciò che ha visto perché il nostro modo di vivere a volte non ti lascia nemmeno il tempo di pensare. Impegniamoci a non dimenticare ... loro non si dimenticheranno mai di noi. Un abbraccio a tutti ... a presto! Fabrizio Puddu

LUNEDì 24 MARZO. ora locale 08,55
Hola, soy Francisco. Questa volta vi voglio parlare della mia vigilia di Pasqua passata lontano da casa. Lascio che siano altri a parlare di come si è svolta la Pasqua qui a Dolores. Posso solo dire che qui la Pasqua viene vissuta in modo molto intenso e partecipe da tutti. Non ricordo di aver visto, dalle nostre parti in Italia, momenti analoghi, a parte vivere le cose con grande dispendio di apparenze e ridondanti grandiosità. Sembra che il nostro mondo, avendo carenza di certi valori, abbia ora solo bisogno di esteriorità e apparenza. Sabato sera con P. Ottavio e Fabrizio siamo andati a Boca del Monte un'Aldea a pochi km. da Dolores, sulla strada per Poptún. Come siamo arrivati, un falò acceso in precedenza, è stato ravvivato con l'aggiunta di ceppi di legna in maniera tale che si creasse un bel fuoco in modo tale che la cerimonia religiosa, avesse inizio.

Come consuetudine, anche a Boca del Monte, erano presenti tantissimi bambini e tanta gente arrivata per assistere alla funzione religiosa. Ottavio ci ha voluti al suo fianco e, né io né Fabrizio, ci siamo accorti di aver messo i piedi sopra un formicaio disturbando l'operosità di milioni di formiche. Dopo neppure un minuto, c'era qualche cosa di strano, perché io sentivo, lungo le gambe sotto i pantaloni, un qualcosa che camminando, creava un prurito insopportabile; era dovuto ai morsi di quelle malefiche formiche assatanate e imbufalite per essere state disturbate. Sembravo un tarantolato, così non potendone più, ho mollato tutto e mi sono allontanato dalla cerimonia cercando di scrollarmi di dosso le fameliche. Non vedevo il viso delle persone ma mi sentivo particolarmente osservato e sicuramente se la ridevano della grossa nel vedermi in quello stato. Intanto la Funzione procedeva e Fabrizio, nonostante si agitasse continuamente, ha aspettato stoicamente che Ottavio finisse per poi proseguire all'interno della Chiesa. Solo allora, Fabrizio, ha cercato di liberarsi delle intruse. Una cosa simile è capitata anche a Mario, quando era qui nella casa, mentre lavoravamo alla costruzione delle panchine, anche a lui è capitato di mettere i piedi sopra un formicaio e, come se fosse stato assalito da un sacro furore ballerino, dopo aver fatto diversi saltelli sul posto, si è ritrovato con i piedi pieni di morsicature di formiche... Torniamo a noi. La Funzione, proseguiva con letture e canti. A questo proposito, mi pare di non aver mai parlato del fatto che lo svolgimento delle funzioni religiose, a me è sempre piaciuto: i canti, accompagnati da chitarre e a volte dalla marimba, sono particolarmente melodici e armonizzati in modo piacevole, intenso, e allegro rendono piacevole tutto il contesto. Al termine della Funzione, ci siamo spostati in una stanza adiacente alla Chiesa, dove è stato offerto un rinfresco a tutti i presenti. P. Ottavio approfittando della situazione, si è recato in un'Aldea vicina alla nostra, per recuperare dei Missionari. Al rientro a casa, dopo che anche P. Alberto e P. Giorgio avevano finito la loro funzione, ci siamo soffermati, tutti insieme, per raccontare gli avvenimenti della serata. Tra una chiacchiera e l'altra, non ci siamo resi conto che si era fatta l'una di notte, le otto del mattino in Italia così, dopo questa considerazione, siamo andati tutti a dormire e ad aspettare l'arrivo della Pasqua.
Oggi è lunedi dopo Pasqua.
Da "voi" in Italia, è giornata festiva. Qui, invece è un giorno come tutti gli altri. Già di buon mattino si sentono passare i micro bus che, con colpi di clacson e sirene, avvisano del passaggio, le persone che vogliono essere portate a Poptún. È un centro appena più grande di Dolores che si trova a circa venti km. e dove ci sono più negozi e maggior vita. Stranamente a quest'ora, a differenza degli altri giorni, non si sente la musica sparata a tutto volume, sembra che Dolores stia ancora dormendo. Fuori dalla porta, della casa in cui viviamo, ogni tanto mi affaccio per vedere se in giro ci sono riscontri del passaggio per il ritiro della "basura". In spagnolo, si chiama così l'immondezza. Pensate che in casa abbiamo, senza riuscire in nessun modo a smaltirla, l'immondizia di più di una settimana. Ci dicono che qui non esiste un giorno fisso né per il passaggio né per il ritiro. Abbiamo però scoperto, chiedendo ai vicini, che per il ritiro, passano il lunedì e il venerdì. Vi lascio immaginare cosa significa, con questo caldo, avere buste e buste di immondizia. A questo punto vi voglio parlare di ciò che abbiamo fatto la sera di Pasqua... però prima, vorrei descrivere, in poche parole, lo stato d'animo in cui mi trovo nel momento in cui ho preso la decisione di scrivere l'ottava parte del diario. Questa mattina, non devo essermi alzato con il piede giusto perché, appena svegliato, forse risentendo dell'influsso atmosferico, non avevo l'umore alle stelle ma, voglia e desiderio di mettere per iscritto pensieri e riflessioni sulla serata precedente quando, presso il convento delle Suore, abbiamo avuto l'incontro con i cinquantacinque Missionari che hanno passato, la settimana precedente la Pasqua, in una situazione di full immersion, con gli abitanti delle Aldee che fanno parte della "municipalidad" di Dolores.

A proposito, vi informo che il comprensorio comunale di Dolores consta di circa 65.000 abitanti, suddivisi nelle varie Aldee. Un numero enorme se si considera lo stato in cui versa tutto il territorio del Pétén. Ieri alla presenza dei Padri, Ottavio, Giorgio e Alberto, che tutti oramai avete imparato a conoscere, c'è stato quello che in gergo si chiama "de briefing" sulla settimana passata. Dopo la celebrazione della S. Messa, tutti in cerchio, dopo aver fatto un veloce giochino per sciogliere il ghiaccio e, per sentirci tutti calati nel ruolo del momento, è stato chiesto da Suor Lucia, ai presenti di descrivere le proprie riflessioni sulla settimana appena passata nelle Aldee. In verità solo pochi dei presenti hanno voluto parlare delle loro esperienze. Ho pensato che il motivo potesse essere solo quello che un posto valesse l'altro visto che più o meno la vita nelle varie Aldee è sempre la stessa. Solo cinque dei presenti hanno raccontato le cose. È bastato quello che è stato detto dai cinque per creare, intorno a noi tutti, un gran silenzio al quale ognuno di noi ha associato un senso legato alle proprie esperienze. Si è parlato in particolare di Mopán Uno, di Suculté e di un'altra aldea di cui non ricordo il nome. Ma il discorso è ruotato intorno a Mopán uno. In quell'Aldea erano presenti tre Missionari, una Suora honduregna, una signora giapponese e una ragazza messicana. Successivamente, da P. Ottavio, ho saputo che in effetti quella è una delle Aldee più difficili, lui stesso a volte si è trovato in difficoltà. I tre hanno parlato in generale della vita sociale e di quanto siano difficili i rapporti relazionali tra le persone. In quell'Aldea è stato messo in evidenza il "machismo" da parte degli uomini e, cosa ancora più strana, da parte dei giovani, nei confronti delle donne e delle ragazze in genere. Si parla di violenze gratuite ed esagerate nei confronti delle donne tanto che, nel corso degli incontri sociali, organizzati dai Missionari nell'Aldea, questo era sempre l'argomento ricorrente da parte delle donne che partecipavano agli incontri. A Mopán Uno, ci sono ragazze di dodici, quattordici anni, che in alcuni casi hanno già più di un figlio. Questa situazione, che per me ha dell'assurdo e che, da noi verrebbe vista come un atto di violenza, qui viene vissuta come un fatto naturale tant'è che le ragazze, ostentando il loro stato di attesa, sembrano evidenziare il fatto che, essendo state considerate dall'uomo, sono ben viste nel contesto sociale. Parlando con P. Ottavio, più volte, è venuto fuori quanto poco sia il buon senso da parte di padri e fratelli nei confronti delle donne di casa visto che tutti, dormendo nello stesso ambiente, innescano situazioni di promiscuità. Inoltre quando in una famiglia una ragazza ha un compagno, il fatto è visto positivamente perché la famiglia di origine si ritrova con una bocca in meno da sfamare Ci sono bambini con grossi problemi di dizione, legati al fatto che forse basterebbe un piccolissimo intervento sotto la lingua per restituire loro la possibilità di esprimersi al meglio. Questo problema dai locali non è visto come una malformazione ma è vissuto come se si trattasse di una maledizione piovuta da chissà dove e pertanto il fatto, viene "vissuto" come naturale, e non si fa nulla per risolvere il problema. Ci sono inoltre grossi problemi di salute e di igiene personale. L'intera comunità è suddivisa tra cattolici ed evangelici i quali, lontano dal voler creare sintonia tra gli abitanti, fanno di tutto per allargare il divario tra le persone creando disagi, violenze, e problemi di diverso genere. È stato messo in evidenza il fatto che all'interno della Comunità manca una figura che possa fungere da punto di riferimento per dare degli insegnamenti oltre che di carattere religioso anche di tipo generale come ad esempio, aver più cura e attenzione della propria persona curando l'igiene personale, insegnando alle persone a variare e ad incrementare colture diverse dal mais e, in molti casi, anche della marijuana. In alcune Aldee, ad opera della Parrochia di Dolores, sono stati avviati positivamente dei progetti di itticoltura che poco alla volta stanno dando i loro riscontri come in particolare, quello di accomunare diverse persone per mandare avanti, tutti insieme un progetto comune. Un altro problema molto sentito è quello che in certi casi, le abitazioni sono molto distanti dalla Chiesa, pertanto le persone, in particolare per problemi legati alla sicurezza, mal si adattano a percorrere lunghi tratti per raggiungere il centro di culto. Nonostante i molti aspetti negativi, evidenziati, ne esistono anche di positivi riscontrabili nella generosità della gente del posto, sempre pronta e disponibile al dialogo e ad un sorriso. I bambini, inoltre, con i loro occhioni grandi e profondi, ti cercano ti scrutano cercando un gesto di affetto, una carezza, un sorriso. Quando poi gli si offre una caramella allora, tutte le barriere, vengono meno perché non ti lasciano più. Sono di una tenerezza infinita... Oggi è partita Rita, ha raggiunto Françoise a Flores perché domani alle otto del mattino hanno l'aereo che parte per città del Guatemala e da lì, l'aereo per il rientro a casa. Nei pochi giorni che è stata con noi, Rita non è stata un momento con le mani in mano, la sua collaborazione è stata completa e veramente gradita consentendo a me e a Fabrizio di dedicarci ad altri lavori nella casa. Rita è stata accompagnata da P. Alberto e da Romeo a Santa Eléna dalle Suore, in casa siamo rimasti io e Fabrizio. Alberto nel frattempo ci ha telefonato avvisandoci che non sarebbe rientrato per cena. Siamo soli soletti... In questo momento sono le 20,40, più volte nel corso della giornata ho dovuto interrompere e riprendere. Con Fabrizio, oggi abbiamo completato il montaggio delle panchine, sono quattro, e si trovano al centro del cortile della casa. Mancano solo le rifiniture finali e, se riusciamo ad avere la pittura ad olio prima che partiamo, possiamo anche completare l'opera in maniera definitiva. Manca poco meno di una settimana per ricomporre le valigie e rimetterci sulla strada del rientro. È possibile che ancora una volta possa esserci il tempo per raccontare le ultime novità. Colgo intanto l'occasione per un caro saluto e un abbraccio affettuoso a tutti coloro che ci leggono e ci sono vicini. Hasta luego. Francisco

Ciao a tutti, sono Rita e questa è la mia esperienza alle aldee. Partiamo io, padre Ottavio e padre Alberto per la prima aldea. Padre Alberto si è fermato alla prima aldea mentre io e padre Ottavio abbiamo proseguito ancora per un pò di km fino a quando in una salita la macchina si è spenta. Io sinceramente mi sono un pò spaventata ma non ho detto nulla a padre Ottavio e mi sono raccomandata alla mia provvidenza divina. Così insieme ad un gruppo di ragazzi che viaggiava con noi nel cassone della macchina ci siamo avviati a piedi verso l'aldea. Appena arrivati tutti gli abitanti ci hanno accolto e ci hanno subito offerto da bere, io un pò ho esitato poi ho bevuto l'acqua chiedendo sempre la protezione divina.

Sentivo parlare le persone di quel posto ma non capivo una parola di ciò che dicevano, io lo spagnolo non lo conosco però un pò lo capisco, allora vado da padre Ottavio e gli chiedo informazioni e lui mi risponde che parlano la lingua maya locale. Allora io mi sono sentita felice perché nonostante questo ci sono riuscita lo stesso a comunicare con quelle persone, con i gesti e come è mia abitudine con il sorriso. Dopo la santa messa ci hanno invitato a pranzo e io mi sono chiesta se loro ci hanno preparato la loro specialità perché non devo condividerla con tutti quanti? Allora ho mangiato. Dopo siamo tornati alla macchina e per fortuna ha funzionato di nuovo .. meno male. Così è andata la mia prima esperienza alle aldee, non sono riuscita a dire una parola, ma ho parlato con il cuore e loro mi hanno ascoltata. Ciao a tutti. Rita

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