terzo invio
Missioni

TERZO MESSAGGIO Oggi è venerdì 27 marzo compleanno p. Ottavio. L’ho appena visto la mattina alle 7.30, gli ho fatto gli auguri e augurato buon viaggio perché partiva con il pellegrinaggio al Cristo Negro di Esquipulas con una ottantina di doloreñi, nell’ambito del pellegrinaggio diocesano in occasione delle celebrazioni per i 250 anni del santuario di Esquipulas. Lo chiamerò durante la giornata per chiedergli di pregare per noi tutti e per rinnovargli gli auguri. Non non abbiamo partecipato a questo pellegrinaggio perché dal punto di vista logistico è molto problematico. Per avere notizie su Esquipulas ed il suo santuario andate a http://es.wikipedia.org/wiki/Cristo_Negro_de_Esquipulas Ma andiamo per ordine:
lunedì 23: come vi ho già annunziato nel messaggio precedente, gita a Livingstone tutti noi più Romeo e sua moglie Nidia (Romeo ci ha aspettato sulla banchina perché si sente più sicuro quando ha i piedi solidamente appoggiati sulla terra ferma) (http://it.wikipedia.org/wiki/Livingston_(Guatemala): è stata una bellissima giornata: un paesaggio incontaminato da osservare dalla barca mentre scendiamo il corso del Rio Dulce fino alla foce sull’oceano Atlantico. Uccelli di tutti i tipi e di tutte le misure in numero impressionante. In particolare fenicotteri, soprattutto bianchi, e pellicani di tutte le stazze: chi appollaiato in attesa di qualche fotografo che gli facesse il ritratto, chi adagiato sull’acqua che lo dondola pigramente, chi a pesca, chi a volo radente sul pelo dell’acqua sono moltissimi (penso varie migliaia) tanto da coprire totalmente gli alberi e sembrarne i frutti e tutti hanno da raccontare qualcosa delle loro avventure per cui quegli sono alberi parlanti. La vegetazione rigogliosa della giungla tropicale custodisce i segreti che si nascondono dietro le due sponde. Qua e là delle palafitte abitate da pescatori. Una capanna dove si costruiscono tipicos di legno e poi prati enormi di fiori bianchi poggiati con leggiadria sul fiume. Sembrano, ma non sono, ninfee: qui li chiamano girasoli d’acqua. Arriviamo a una sorgente di acqua calda sulfurea, separata dal resto del fiume da un muretto che va a formare una specie di piscina di acqua calda fumante. Occasione per immergere i piedi e, per Franco per fare un bel bagno. Livingston ci attende con un nutrito numero di Pellicani, fenicotteri e gabbiani, tutti appollaiati su fatiscenti strutture portuali a curiosare sul nostro arrivo: avranno qualcosa in più da raccontare quando si appollaieranno sul loro albero preferito.

Livingston
 

Livingston ci accoglie con le sue super colorate bancarelle stracolme di ogni genere di tipicos (qui chiamano così gli oggetti di artigianato) a beneficio dei turisti, tra cui noi, desiderosi di portarsi dietro un ricordo per gli amici lasciati in Italia. Incontriamo vari giovani dai linguaggi più diversi (ragazzi e ragazze) con enormi zaini che non so come facciano a trasportarli. Sono qui perché la località è bellissima, perché vogliono riempirsi il cuore e gli occhi di emozioni, di colori e di sogni. Così almeno penso io…. Dopo un pranzo a base di pesce di fiume, consumato in un locale caratteristico chiamato “El Ranchón”. Un'enorme capanna composta da un solo tetto altissimo coperto di palme particolari (che qui chiamano guano). Il pranzo è stato ottimo e dopo siamo rientarti a casa a Dolores.
Il Martedì 24. Abbiamo passato tutta la giornata a casa: Franco e Chepe hanno continuato il lavoro di restauro delle porte e finestre: sono a buon punto e stanno facendo un ottimo lavoro. Rita si è occupata della casa ed io mi sono messo a studiare perché il 28 aprile dovrò tenere una conferenza a Sassari sulla presenza domenicana in America al tempo della sua scoperta. Tutti siamo molto occupati. La sera santa Messa in Parrocchia.
Mercoledì 25 la mattina verso le ore 8.00 siamo andati alla scuola elementare del Barrio (rione) San Andrés, un rione del pueblo de Dolores. Abbiamo portato un po’ di quaderni ai bambini. I quaderni erano arrivati con il container ultimo spedito. La scuola è poverissima (vedrete le foto) ed ospita 80 bambini.

quaderni a san Andrés      

Oggi ne mancano alcuni perché impegnati con i genitori nella cosecha (raccolta) del maís. I bambini sono allegri e splendidi come sempre felici non solo dei quaderni, ma soprattutto perché noi siamo andati a trovarli. Dopo questo incontro rigenerante e propositivo per le nostre riflessioni, si parte per Mopán Dos: un villaggio (ormai sapete che qui si chiamano aldee, ma sempre più si chiamano “Comunidades”, e questo è significativo!!). Scopo del viaggio, attaccare una targa del Monte dei Paschi di Siena che si è fatto cura di finanziare la costruzione di varie unidades minimas de salud: una specie di pronto intervento in casi di infermità o incidenti (fratture, serpenti, machetate, ecc…).

Mopan Dos Unidades miimas de salud    

Ottemperato alla missione e presa con noi doña Roberta (che abita lì), responsabile del progetto mujeres per quanto riguarda corte e confeccion (taglio e cucito), rientro a Dolores. Alle 15.00 doña Roberta, sua figlia e doña Blanca, con l’inossidabile e indispensabile suor Lucia, suonano alla porta. Presento loro un piccolo progetto: piccolo ma molto significativo: la confezione di copri breviari nelle tele coloratrissime e bellissime di qui. Il progetto è stato preparato con tanta cura e dedizione dall’amico Romano Marcello e dall’amica Elena Floris di Cagliari: carta modelli e video per illustrare tutte le fasi di realizzazione. Abbiamo visto il video (molto chiaro) e poi confrontato con un porta breviario già realizzato nei giorni scorsi da queste signore. È stato un bel momento di condivisione. Contiamo di far cucire tanti porta breviari che intendiamo “vendere” in Italia a favore dello sviluppo di questa Gente: credo che comincerete a rompere i vostri salvadanai per potervelo comprare e magari regalarlo al vostro parroco se non avete un breviario tutto vostro: sto scherzando, chiaramente: non penso che dobbiate dare fondo ai vostri averi e farete comunque un acquisto splendido!

taglio e cucito breviari      

Dopo questo sono andato con Rita, mentre Franco e Chepe continuano il lavoro delle porte, a Poptúm per salutare doña Alba. Una signora che ho conosciuto, insieme al suo marito, nel mio primo viaggio. Il suo marito è morto due anni fa. Abbiamo trovato la signora nella sua tienda (negozio) del mercato, con 5 delle sue 6 figlie: ci hanno fatto una bellissima accoglienza. Terminati i saluti rientriamo a Dolores: oggi è la Solennità dell’Annunciazione e devo celebrare io la santa Messa in Parrocchia alle ore 19.00. A Messa appena iniziata, ecco che entrano in chiesa doña Alba e le sue figlie e… seguito. All’omelia ho detto che Maria è il sogno di Dio e la realizzazione del sogno dell’umanità e che, essendo piena di Spirito Santo (il Soffio di vita di Dio), continua a essere il Respiro di Dio nella nostra vita. Il padre Ottavio, presente anch’egli, mi ha detto che si è capito bene ciò che ho detto: meno male!!! E grazie a Dio!!! Dopo la cena Abbiamo invitato doña Alba… e seguito, a casa nostra: Rita, Franco e Chepe sono stati eccezionali: hanno preparato un bella cenetta, in men che non si dica per 16 persone: pasta alla buttarga apprezzatissima e salumi, pomodori, insalata ecc… e anche il pane abbrustolito!

cena con doña Alba e seguito    

E finalmente ieri 26 giovedì. Partenza per l’aldea di Naranjon dove è in corso un progetto di sviluppo della donna in collaborazione con la locale scuola media (basico). Abbiamo trovato le responsabili di questo progetto e le alunne, perlopiù ragazze dagli 11 ai 16 anni e anche alcune loro madri. Qui ho visto finalmente che fine hanno fatto le stoffe che le care sorelle dei Magazzini san Paolo in via Lai ci hanno generosamente dato: potete essere orgogliose! Tante persone imparano taglio e cucito grazie ai vostri tessuti e potranno così lavorare per migliorare la loro vita. Mi dicono che già vari corsi sono stati tenuti in varie aldee e che ce ne sono tutt’ora altri due in via di svolgimento e terminano in giugno: uno altro lo vedremo nell’aldea di San Lucas questo pomeriggio. Le stoffe mi sembravano una quantità esagerata quando sono state spedite e invece sono state utilizzate tutte. Qui ho finalmente incontrato Ana Lucrezia, la mia figlioccia: non sono ancora potuto andare a casa sua e non so se lo potrò fare, la vedrò comunque nuovamente forse domani a Poptúm, dove studia.

Naranjon      

Tornati a casa all’ora di pranzo, siamo usciti nuovamente subito dopo: meta san Lucas. Un’aldea con un bel fiume, sulla riva del quale è stato allestito un orto comunitario (sempre nell’ambito della promozione della donna). Anche qui targa del Monte dei Paschi di Siena per l’unidad minima de salud appena terminata e poi visita alla corsiste di corte e confeccion: anche qui incontro quelle tele, delle amiche dei Magazzini San Paolo, che tante volte ci sono passate per le mani al Centro Giovanile e anche qui si produce lavoro e sviluppo! Alla sera (qui dicono noche quando non c’è più il sole): santa Messa nelle chiesetta dell’aldea: un caldo opprimente e un buio profondo, rotto da 4 candele sull’altare.

San Lucas: Unidad de salud, stoffe, orto e messa    

Gesù si fa Eucaristia per nutrire il suo popolo, in questa situazione di povertà, senza costosi addobbi, tovaglie ecc..: solo una chiesa preparata a festa con grandi fiori di carta (non perché non ci siano quelli naturali, ma perché questi si seccano subito), un tavolo con tovaglia bianca per altare e… tanta fede intorno! Canti un poco sgangherati ma convinti e tanta partecipazione alla celebrazione. Dopo la Messa sono stati distribuiti doni per tutti i bambini sotto i 7 anni: bambole alle bambine e camion ai bambini. Il Buio è profondo. Luce di una candela sottratta all’altare. Sopra di noi un cielo stellato con tantissime stelle curiose che si sono avvicinate per vedere e condividere con noi quello splendido spettacolo di umanità.

stelle

Ho già detto anni fa che qui le stelle mi sembrano più vicine e partecipi delle nostre cose (non so cosa diranno gli astronomi per prendermi in giro!) e penso che ce ne sia motivo! (è un’altra astronomia!). Di fatto, tornato al Pueblo di Dolore le stelle mi sembravano “tornate” al loro posto e di nuovo indifferenti agli eventi umani.
A presto
p. Alberto

 

Buenas tardes soy Francisco…. Altri giorni stanno passando, il caldo è tanto, si vede che qui sta per arrivare l’estate… Quella che sta per terminare è stata una settimana piena e densa di novità. I lavori di sistemazione degli infissi che insieme a Chepe (Pino) stiamo facendo, per fortuna, volgono anch’essi al termine. Mancano ancora pochi infissi, le finestre e la porta che collega la casa con l’anticamera per l’esterno che contiamo di ultimare prima di domenica. Devo essere sincero, iniziavo ad essere stanco, anche perché tutti gli infissi erano in condizioni veramente pietose.

infissi in lavorazione      

Procediamo con ordine, il mio racconto, parte da lunedì 20 marzo. Giornata interamente dedicata alla conoscenza dei posti bellissimi del Guatemala. Destinazione Livingston sulla foce del Rio Dulce. La traversata del fiume, con una barca presa in affitto, è stata molto interessante, sia per ciò che riguarda la ricchissima varietà di uccelli incontrati, fenicotteri, aironi, pellicani di tutte le dimensioni, che per i fiori bellissimi che galleggiavano sull’acqua. Lungo il tragitto, gli indigeni, su canoe di legno, strettissime e in perfetto equilibrio, nonostante le onde generate dall’andirivieni dei barchini motorizzati, pescavano con degli attrezzi molto strani, sembravano delle nasse ma che nulla hanno a che vedere con quelle usate dai nostri pescatori. Il tragitto per raggiungere la meta viene interrotto con una sosta in un punto in cui sgorga una vena di acqua caldissima, con un intenso odore di zolfo, e dove lo scorso anno c’è stato il sequestro di quattro turiste belghe. Per me era la seconda volta che visitavo quel posto così, per la prima volta, mi sono lasciato andare al desiderio di immergermi in queste acque.

Mentre P. Alberto, Rita e Nidia, la moglie di Romeo, si sono fatti un ricco pediluvio, e nonostante fossi sprovvisto di costume, mi sono fatto il bagno… in mutande. Ho assaporato il piacere di sentire l’acqua caldissima in superficie e fredda sotto. Mi sono concesso circa dieci minuti.

Livingston

Dopo questo piacevole intermezzo, tutti in barca di nuovo e via per l’obiettivo della gita: Livingston. Ci siamo arrivati dopo circa 30 minuti di barca. Appena sbarcati ci siamo immersi nella miriade di colori che in questo posto sono la caratteristica. I negozi di “tipicos”, sono l’attrazione maggiore, gli abitanti, quasi caraibici, hanno tratti somatici diversi dai guatemaltechi e questo rende un’altra differenza. Dopo aver acquistato un po’ di tipicos e sapendo che alla partenza avevamo lasciato Romeo perché ha paura dell’acqua, abbiamo ripreso la strada del ritorno. All’arrivo abbiamo ritrovato il nostro amico riposato e sorridente. Siamo stati a pranzo in un ristorante del posto. Tutto molto buono e abbondante.

pranzo a Livingston      

A fine pranzo, rientro a casa e ricche abluzioni per toglierci il caldo e il sudore di tutta la giornata appena trascorsa. Martedi 21 marzo, per me e per Pino lavori in casa e grandi sudate.
Mercoledì 22 marzo, con P. Ottavio, Suor Lucia, Suor Zeferina e tutti gli altri, visita alla scuola del Barrio (rione) di Sant’Andres. Non immaginatevi una scuola come quella in cui noi, da piccoli siamo stati, o dove attualmente mandiamo i nostri ragazzi.

scuola di san Andrés      

La scuola, in questo rione, e così in tanti altri di Dolores, ospita circa 80 bambini. La “costruzione” della scuola con la struttura portante è costituita interamente da assi di legno e la copertura totalmente in lamiera. Potete immaginare, di conseguenza, quali temperature si raggiungono all’interno delle “aule”. Il pavimento in terra battuta, i banchi, dove i bambini si appoggiano per seguire le lezioni e scrivere, sono molto instabili e fatiscenti. Eppure tutti sono molto sorridenti, allegri e felici per essere stati visitati. Appena arrivati e entrati nella prima aula e così a seguire nelle altre, un corale “Buenos dias” accompagnato da grandi sorrisi e particolari segni di riconoscimento e affetto.

scuola di san Andrés      

Da un’altra parte in una dependance, sempre in legno e attigua alla scuola, due signore che si affaccendavano intorno ad un fuoco per preparare quello che sarebbe stato il pranzo per tutti. Abbiamo fatto molte fotografie. Peccato che ancora non possiate vederle per i noti problemi di comunicazione che abbiamo qui. Gli insegnanti, tranne uno, ragazzi giovanissimi che a parer mio a mala pena raggiungevano i venti anni. Tutti molto gentili, sempre sorridenti e disponibili. La nostra visita, dopo aver consegnato i quaderni agli insegnanti affinché li distribuissero ai bambini, termina.
Tutti, di nuovo in macchina per raggiungere l’Aldea di “Mopan Dos” dove avremmo dovuto fare delle foto da mandare ad un Istituto Bancario, in Italia, che aveva stanziato dei finanziamenti per costruire le “Unidades minimas de salud”. Si tratta di una specie di ambulatori dove degli abitanti del posto, almeno due opportunamente addestrati, portano i primi soccorsi a chi ne ha bisogno. Erano presenti, oltre ad un nugolo di bambini, anche i due referenti, i quali, sollecitati da P. Ottavio, si davano da fare per evidenziare tutta la dotazione dell’Unidad. Ad un certo punto, è comparso uno sfigmomanometro; Rita, dietro suggerimento di P. Ottavio, si è offerta volontaria ed ha voluto sperimentare in diretta quanto i referenti locali avevano imparato. Si è fatta misurare la pressione. Io mi trovavo lì vicino per immortalare il momento e ho potuto vedere i vari armeggi sullo strumento per arrivare alla rilevazione…. Penso che ai due referenti una rinfrescata sugli argomenti possa essere di sicuro ausilio per consolidare le conoscenze. Alla fine degli armeggiamenti e dopo aver manovrato più e più volte l’apparecchio, i due hanno deliberato all’unanimità che la pressione di Rita era un bellissimo 120 su 80. Pressione perfetta…..

unidad de salud a Mopán Dos    

Nella zona in cui ci trovavamo scorre un fiume, il “Mopan”, che arriva fino in Belize, una nazione confinante con il Guatemala e da cui prende il nome la capitale. La vita lungo il corso del fiume è molto intensa tant’è che ci sono tre Aldee che prendono il nome dallo stesso fiume: Mopan Uno, Dos e Tres. Noi, in tempi diversi, siamo stati in tutti e tre. Giovedì 23 marzo giornata super piena. Siamo partiti al mattino alle 7,30 e prima di avviarci verso “Naranjón” (si pronuncia Narancón), siamo passati a prendere le Suore, le mitiche Suor Lucia e Zeferina che, con il loro lavoro, il loro impegno e dedizione sono delle figure di grande riferimento per tutta la Missione. Il lavoro di Suor Lucia è un lavoro molto intenso, particolare e di enorme rilevanza. Spero tanto, per la gente del posto, che una figura come la sua possa essere sempre presente nella Missione. Sarebbe molto difficile trovare una persona in grado di rimpiazzarla se si verificasse la possibilità di un trasferimento ad altra destinazione. L’aldea di Naranjon si chiama così perché crescono piante di arance. Non pensate agli aranceti di Muravera, è solo che ogni casa ha il suo albero di arance e forse più di uno. Una volta arrivati, la prima incombenza è stata quella di sistemare la targa per fare le foto da inviare all’Istituto Bancario. Sul posto abbiamo partecipato ad un incontro con le donne dell’aldea per una presentazione dei lavori di cucito realizzati con le stoffe mandate dall’Italia. La seconda fase è stata quella di mostrare i prodotti locali, come ananas e ortaggi, conservati in vasi di vetro e resi sterili con successiva bollitura (hortalizas). Questo per consentire di conservare i prodotti dei tempi di abbondaza per fruirne anche nei momenti in cui non se ne trovano. Nel corso della presentazione dei cuciti e dei prodotti, quando Suor Lucia ha chiesto se le donne avessero incontrato difficoltà sull’utilizzo delle macchine da cucire, queste hanno evidenziato che la maggior parte delle macchine, tranne una, non venivano utilizzate perché sprovviste del supporto dove sistemare la sigaretta del filo. Suor Lucia, allora rivolta a me, ha chiesto se potevo risolvere il problema. Mi sono state consegnate tante scatolette, quante erano le macchine da cucire, e al cui interno era contenuto l’inserto che avrebbe risolto il “grave” problema all’utilizzo delle macchine. L’inserto consisteva in un piccolo tondino metallico e cromato che doveva essere inserito in un apposito alloggiamento nel corpo macchina. Il lavoro di sistemazione è durato veramente poco. È bastato un martello e pochi colpi leggeri assestati al tondino: le macchine da cucire erano tutte pronte all’uso.Un lavoro molto semplice per chi, almeno una volta come me, aveva visto le macchine da cucire, ma sicuramente difficile e complesso da risolvere per chi, come le donne di quell’aldea, non le avevano mai viste.

Naranjón taglio cucito e ortalizia conservata e no    

La mattina è passata molto in fretta, il caldo asfissiante si faceva sentire in tutta la sua intensità, le bottigliette di acqua che mi ero portato dietro erano ben presto terminate. Il programma di P. Ottavio prevedeva che per pranzo rientrassimo a casa e subito dopo partenza per San Lucas. Il viaggio, dopo pranzo, è avvenuto sotto il sole e attraverso una strada piena di buche che ha messo a dura prova la resistenza dei nostri stomaci nel trattenere il cibo appena ingerito. Intorno a noi il verde della giungla e, in alcuni tratti, colline completamente disboscate per lasciare spazio al pascolo delle mandrie di buoi e vacche. Arrivati a San Lucas, siamo stati subito accolti da un nugolo di bambini che sembrava aspettassero solo noi. Anche in questa aldea, il programma svolto è stato simile a quello della mattina e, anche qui, lo stesso problema, incontrato al mattino, con le macchine da cucire sprovviste del supporto per il filo.

san Lucas      

Nel frattempo P. Ottavio “assalito” dai bambini, li carica tutti in palangana e tra uno scoppio di risa, un grido, un incoraggiamento “sgomma” nel prato sottostante il villaggio nei pressi del semenzaio. Intorno alle 18,00 P. Ottavio e P. Alberto si preparano per la celebrazione della S. Messa. La Chiesa in un primo momento è quasi vuota, ma sono sufficienti alcuni colpi con un pezzo di ferro su una parte di cingolo, che una volta doveva essere di un mezzo pesante, forse un carro armato, che subito arrivano numerosi grandi e piccini per assistere alla funzione religiosa. La Chiesa che ci accoglie è piccola, forse meno di 35 mq. di superficie e si riempie in fretta. Molti bambini con rispettivi genitori sono all’interno, il caldo è sempre più opprimente e insieme a quello iniziano a sentirsi i vari odori di umanità… Al lato destro, guardando l’altare, cinque giovani con strumenti musicali che apparentemente sembrano chitarre, suonano e intonano canti religiosi che come ho avuto modo di dire altre volte, a parte le stonature di rito, sono canti veramente melodici e piacevoli da sentire. Ben presto, io, che mi ero trovato un posticino a sedere su una panca, sul lato sinistro guardando l’altare, ne vengo di fatto spodestato da una diecina di bambini i quali tutti pretendono di sedersi vicino a dove mi trovavo. Presto diventa buio, P. Ottavio e P. Alberto, supportati solo dalla luce di quattro candele, iniziano a strabuzzare gli occhi per cercare di leggere le preghiere per la S. Messa. È strano trovarsi in situazioni del genere visto che da noi le Chiese molto grandi, ricche di addobbi e di luminarie, spesso sono vuote o con pochissime persone. Qui al contrario, forse proprio perché la Chiesetta a disposizione è piccolissima e forse anche l’avvenimento di avere il prete a disposizione è raro, le persone fanno fatica ad entrare, si fermano chi sulla porta d’ingresso chi a lato di finestrelle che hanno circa 40 cm. per lato, impedendo così che l’aria possa circolare liberamente creando un salutare ricircolo. Alla fine della S. Messa, Suor Lucia, alla sola luce fiocca di una candela prelevata dall’altare, regala doni ai bambini piccoli. Macchine di plastica per i bambini e bamboline per le bambine. Tutti sono intorno a questa Suora, grandi e piccoli. In cielo, un universo di stelle brillanti che tanto sembrano basse che quasi vien voglia di allungare la mano per toccarne qualcuna. Uno sguardo verso il buio fitto e si intravedono migliaia di lucine che si accendono e si spengono; sono le lucciole che a migliaia sono in giro per i campi.

san Lucas      

Dopo aver consegnato i doni siamo pronti per salire in macchina e con P. Ottavio al volante rientrare a casa. Non vedo l’ora di arrivare per mettermi sotto la doccia. Ho bisogno di togliermi la calura che per tutto il giorno non mi ha abbandonato un attimo. Come al solito sulla la “palangana” salgono tante persone che chiedono di essere portate fino a Dolores o di essere accompagnate in prossimità delle loro capanne, visto che l’illuminazione stradale lascia un poco a desiderare. Durante il rientro e mentre si fanno le soste per aprire dei cancelli che servono per impedire che gli animali invadano altri poderi, una signora che era salita in palangana e che portava in braccio una bimba di pochi mesi, si avvicina a chiedere a Suor Lucia - seduta all’interno del carro - di tenerle la bambina per ripararla dall’umido della notte. Io non riesco a capacitarmi: una bimba di pochi mesi, in braccio alla mamma, salita dietro per fare tutta la strada del rientro fino a Dolores. Dietro siamo già stretti perché abbiamo zaini e borse. Suor Lucia prende in braccio questa bimba che stranamente e nonostante i vari sobbalzi, dorme beata. La piccolina che continua a dormire, a causa del posto stretto, è ripartita tra le mie braccia e quelle di Sor Lucia, una sensazione strana per me che per paura di fare danni, non voglio mai prendere in braccio dei bimbi molto piccoli. Arriviamo finalmente a Dolores, siamo tutti stravolti tranne la bimba che imperterrita continua a dormire. Suor Lucia consegna la piccola alla madre. P. Ottavio accompagna le Suore al loro convento e tutti noi alla nostra casa…
Venerdì 24 marzo
siamo in casa, non sono previste uscite. Io e Pino continuiamo a portare a compimento i nostri lavori: intravediamo la fine.
Sabato 25 marzo come il giorno precedente. con Pino mettiamo la parola fine ai lavori di sistemazione degli infissi. Siamo contenti e compiaciuti del lavoro fatto. Ce n’era veramente bisogno. Vi saluto e Hasta luego por todos. Francisco.

 

Buenos dias, soy Rita.
Oggi 27 marzo è il compleanno di P. Ottavio. Di mattina presto è venuto a salutarci ed gli abbiamo fatto gli auguri: purtroppo non possiamo festeggiarlo come vorremo perché alle 8,00 locali (da Voi del 15,00) è partito per la peregrinazione a Esquipulas - un città con un Santuario dove si venera un Cristo nero - assieme ad una folta delegazione di cittadini di Dolores. P. Alberto ed io siamo andati a salutare i partenti che avevano appuntamento di fronte al Municipio, ma abbiamo visto solo due microbus strapieni di bambini ed adulti perché qualcuno che veniva dalle aldee, aspettava alla Chiesa e così c’è stata un po’ di confusione.

partenza per esquipulas

Sono state caricate le masserizie per il viaggio (acqua, mangiare ecc) perché il viaggio è lungo (circa 7/8 ore, comprese le soste) e quando arrivano a destinazione non sanno che cosa possono trovare. Certamente troveranno dei “comedores” (“trattorie”) dove possono mangiare con pochi soldi, ma hanno investito già molto per il viaggio e preferiscono essere autosufficienti. Questa sera poi alle 20,00 comincerà la veglia che si protrarrà per tutta la notte. Domani rientreranno ma non si sa bene a che ora. Parteciperà alla celebrazione anche il nuovo Vescovo, Mons. Fiandri, e sarà per tutti un grande momento di festa e di raccoglimento.
Ricomincio pertanto il mio diario da lunedì 20 marzo. Dopo vari giorni trascorsi in clausura lunedì 20 siamo andati a Rio Dulce ed a Livingston (più di un’ora circa di “carro” - macchina - più altrettanto di barca) assieme all’ottimo Romeo ed alla moglie Nidia). Alle 7,00 puntuali abbiamo preso il cammino che ci doveva portare verso la nostra meta. Abbiamo accompagnato anche la fidanzata di un figlio di Romeo che, arrivata a Rio Dulce, doveva fare ancora un bel pezzo di strada per raggiungere il lavoro (è impiegata civile presso le Forze Armate, parte il lunedì e torna il venerdì). Il tragitto ci ha offerto uno splendido panorama di boschi e pianure estesissime. Abbiamo visto tante vacche, piuttosto magre, con i loro vitelli, piante di banane, coltivazioni di mais, ma queste ultime - a detta di Pino-Chepe - poco curate e di conseguenza poco redditizie; se poi si considera che per la popolazione questo prodotto è l’alimento principale assieme ai fagioli questo è tutto un programma. Non ho capito se la trascuratezza con la quale coltivano o fanno qualsiasi cosa sia la conseguenza della loro “indole” o se, rassegnati, non riescono a dare una decisa svolta alla loro vita per migliorarsi. Ma di questo vi parlerò più avanti quando dovrò complimentarmi per l’ottimo lavoro svolto da Paquita (Francesca per gli amici italiani) durante la sua permanenza in Guatemala a maggio 2008. La giornata, cominciata con un bel sole, si è un po’ trasformata al nostro arrivo a Rio Durce (questa località di chiama così perché si trova sul Rio – fiume – Durce). Romeo ha provveduto alla contrattazione del prezzo per l’imbarco su una lancia per il nostro trasporto a Livingston, ma non è partito con noi perché “tiene miedo” (ha paura) dell’acqua. Saliti sulla barca ed appena partiti ci ha colpiti una fitta pioggia che ha trovato qualcuno impreparato. Prontamente il giovane che guidava la lancia ci ha fornito di pezzi di nylon per ripararci. Durante il primo tratto di viaggio abbiamo visto un’isoletta abitata da una moltitudine impressionante di uccelli (chiamata proprio “Isla de los Pajaros” - uccelli) di varie specie che convivono abbarbicati sui rami anche quelli più sottili. Tante belle barche solcavano poi il fiume ma tutte battenti bandiere di altre nazionalità.

Livingston      

Siamo arrivati poi in un’ ansa del fiume dove c’è una sorgente di acqua sulfurea che sgorga direttamente dalla roccia e forma una pozza d’acqua che sulla superficie è quasi bollente, mentre sotto è bella fresca. Tutti abbiamo messo a mollo le gambe (dal ginocchio in giù), Francesco - in mutande - si è immerso totalmente (l’acqua è il suo ambiente naturale!!).P: Alberto ha fatto S. Francesco dando da mangiare ai numerosissimi pesciolini/pescioloni che nel frattempo si “avventavano” sui nostri piedi. Prima di raggiungere Livingston abbiamo incontrato distese di fiori acquatici bellissimi e bianchi che qui chiamano girasoli d’acqua, nonché, quasi alla foce, tantissimi pellicani (c’è una struttura dove sono abbarbicati in centinaia assieme ad una varietà di uccelli bianchi che hanno una coda che sembra velo tanto è fine e sottile).

Livingston      

Arriviamo finalmente alla foce del fiume e davanti a noi troviamo l’Oceano Atlantico, un po’ grigio per la verità, ne avevo un ricordo più bello quando sono stata in Francia a vedere i fari. All’imbarcadero abbiamo trovato dei signori che ci hanno aiutati a scendere: avevano tratti completamente diversi dai Guatemaltechi, infatti sono caraibici ed anche la musica “strombazzata” è diversa da quella che sentiamo solitamente a Dolores dalla mattina presto. Un breve giro nella cittadina ci fa accorgere che è proprio una tipica località turistica dove approdano tanti giovani armati di sacco a pelo e chitarre e non so se sia solo per fare “una diversa esperienza”. Il rientro è stato abbastanza sonnecchioso poiché nel frattempo il sole velato aveva fatto il suo effetto ed oltre ad averci “arrossati” ci ha anche “accallellati”- Al nostro rientro a Rio Dulce abbiamo ritrovato il nostro Romeo, che nel frattempo aveva fatto una pennichella, il quale ci ha portati a mangiare in un posto tipico - El Ranchon - sulla riva del fiume. Siamo stati ospiti di P. Alberto ed abbiamo mangiato dell’ottimo pesce appena pescato (nuotava sotto i nostri piedi, poiché il ristorante è costruito sopra le palafitte) e cucinato arrosto, gamberi ed una quantità industriale di patate fritte (buonissime) e verdure lesse.

Livingston e El Ranchon      

Nei tavoli vicini, alcuni avventori portavano alla cintura pistoloni enormi e relativi caricatori come se niente fosse ed abbiamo commentato quanto stupido possa essere esternare la propria forza con l’esposizione di armi. Pare comunque che questo sia l’andazzo generale visto che quasi ogni giorno si ha notizie di ammazzamenti e di vendette fatte tra la gente e senza l’intervento della polizia. Anche a Dolores ci sono dei soldati che dovrebbero garantire sicurezza, ma anche nei giorni scorsi una banda ha aggredito dei contadini per rubargli i soldi e gli è andata bene. Abbiamo concluso la giornata abbastanza stanchi, ma abbiamo fatto una nuova esperienza di tipo turistico.
Mercoledì 22 marzo per la prima volta quest’anno abbiamo fatto l’uscita con P. Ottavio. Siamo andati prima in una scuola e poi di seguito in una aldea. La scuola, ci ha spiegato P. Ottavio, si trova in un “barrio” – rione – molto povero. Una costruzione (blocchetti e tavole per muri, lamiera per tetto completamente recintata da rete metallica anti-rapina) composta da 4 stanzette dove si fa scuola ai bambini delle elementari. Una aula per la prima, una per la seconda e terza, e la terza aula per le rimanenti classi (da tenere conto che qui le elementari si fanno in sei anni). Ci accoglie il preside e cominciano i vocii perché si riconosce la voce di P. Ottavio ed il rumore del suo carro. P. Ottavio è molto amato dalla comunità di Dolores perché partecipa attivamente alla vita quotidiana; tutti hanno qualcosa da confidargli o qualche conforto da chiedere: è come un fratello maggiore che sa ascoltare, ma sa anche farsi sentire se non condivide le scelte o le decisioni di qualcuno. Comunque abbiamo portato i quaderni, tutti i bambini sono stati riuniti in un’unica aula. P. Ottavio dopo un breve discorso di presentazione ha concluso dicendo che confidavamo molto sulla loro applicazione negli studi perché la conoscenza rende libere le persone che quindi possono costruirsi e scegliersi il loro futuro. Ogni bambino-a/ragazzino-a ha ricevuto due quaderni consegnati da due maestre e da un maestro. Anche in questa occasione quello ricevuto non andava bene: chi voleva quello rosa e non quello celeste perché era una femminuccia, chi voleva quello con la figura del leone o della tigre e non quello con la gazzella perché riteneva rispecchiasse maggiormente la sua personalità; quella che non voleva il quaderno con le foglie (quello “Pigna” che invece a me piace tanto) perché era troppo “normale”. I maestri hanno avuto il loro bel daffare per spiegare che non potevano fare le sostituzioni perché in quella maniera avrebbero potuto scontentare qualcuno. Comunque tutti hanno apprezzato, specie le ragazze più grandicelle che hanno scritto subito il loro nome sulla prima pagina del quaderno. Pensare che questo materiale da noi è già “obsoleto” da anni e non viene neanche più calcolato: ringrazio pertanto tutte le persone che li hanno mandati perché sono stati molto apprezzati. Terminata la consegna, l’attività scolastica è ripresa non senza qualche indugio perché le scolaresche erano un po’ ingiogazzate. Non abbiamo dato le caramelle perché i bambini erano troppi….. Mi sono avvicinata ad una costruzione prospiciente dove c’erano tre donne una delle quali impegnata a rimestare in un pentolone (come quelli grandi di alluminio che noi usiamo per cucinare le fave) il latte arricchito che sarebbe poi servito per la merenda degli alunni (avevo notato in precedenza che ogni insegnante aveva sulla cattedra tanti pacchetti di biscottini tipo “Ringo” che sarebbero stati consegnati ai ragazzi). In questo modo la comunità fornisce almeno un pasto energetico che si differenzi dalle solite tortillas di mais e frijoles (fagioli neri). Queste signore mi hanno salutata calorosamente e mi hanno augurato buona continuazione di giornata con l’augurio che andassimo a trovarli anche altre volte.

Scuola san Andrés      

Abbiamo proseguito poi per l’aldea di “Mopán dos” (esiste anche Mopán uno e Mopán tres”) dove avremmo dovuto incontrare l’incaricato di una unità medica (tipo ambulatorio medico di base). Il percorso è alquanto accidentato ed il carro di P. Ottavio sobbalza pericolosamente.

Mopán Dos unidad de salud      

La costruzione (patrocinata assieme ad altre da un Istituto Bancario italiano) è in blocchetti ed è costituita da due ambulatori ed una sala d’aspetto. In una stanzetta c’è il lettino, lo strumento per misurare l’altezza e la bilancia, nell’altro c’è l’armadietto con i medicinali di prima necessità (strettamente sotto chiave) ed io sono stata la prima paziente alla quale è stata misurata la pressione ed auscultato i polmoni: respiro bene e la mia pressione è stata 80/120!!! Gli addetti all’unità, molto professionali ma sicuramente un po’ impacciati, sono stati molto soddisfatti della mia salute!!! Speriamo che questa unità sia di valido aiuto e sostegno alla popolazione dell’aldea e di quelle vicine.

Mopán Dos chiesa      

Poi siamo andati alla Chiesa molto spartana ed essenziale. Le assi di legno che costituiscono le pareti sono un po’ reclinate su un lato e ciò determina la poca stabilità e sicurezza della costruzione. P. Alberto ha fatto notare questo aspetto alla Señora Roberta che ci accompagnava (che poi fa anche la levatrice assieme alla nuora) mettendo in evidenza che avrebbero dovuto provvedere alla sistemazione se non volevano che la Chiesa gli cadesse in testa e se ci tenevano che la stessa rimanesse in piedi. Avrebbero dovuto averne più cura e la Señora ha fatto capire che avrebbe chiesto collaborazione. Nel frattempo nel terreno circostante razzolano galline, pulcini, tacchini, maiali e cavalli e tanti bambini della adiacente scuola che al nostro arrivo si sono avvicinati, sempre molto incuriositi della nostra presenza.

Mopán Dos chiesa      

Torniamo a casa perché nel pomeriggio P. Alberto ha un appuntamento con la Señora Roberta, la nuora, Señora Blanca, l’impareggiabile Suor Lucia ed altre señoras per affrontare il progetto dei copri-breviari. Puntualmente alle 15,00 si presentano in quattro, mancano diverse señoras che non sono potute intervenire poiché sono state avvisate con ritardo. Francisco appronta il computer per poter vedere il dischetto che P. Alberto ha portato dall’Italia con le istruzioni per la realizzazione del manufatto. Per la verità la Señora Blanca – che nei giorni scorsi è stata già contattata da P.Alberto ed ha avuto i cartamodelli, la stoffa, le cerniere lampo e quant’altro – ha già realizzato la copertina, e con buoni risultati, ma le manca qualche rifinitura particolare e qualche tecnica più pratica, ma per la verità il lavoro è abbastanza buono. Ha scoperto ad esempio che è meglio stirare la fodera nel modo giusto prima di assemblarla e cucirla perché così è più facile. Il video chiarisce molte cose… Suor Lucia è molto affettuosa con le signore e le incoraggia in tutte le attività ben sapendo che il loro lavoro è l’unico mezzo di riscatto per potersi affermare il questa realtà machista.

copri breviari

Riprendo oggi 28 marzo. Sono le 6,45 locali. Come al solito mi sveglio molto presto la mattina. Quando sono a casa sfrutto ogni minuto per dormire ancora un po’, ma qui tra galli, di cui non ci si fa più caso perché cantano ogni momento del giorno, sirene di banca che suonano tutta la notte, musiche ed attività varie, la mia sveglia è piuttosto mattiniera ma serena. Adesso sta passando il primo microbus per Poptún…. E poi mi piace molto svegliarmi, prepararmi il caffè con il primo sole che si affaccia sulla porta della cucina. Nonostante i rumori ti senti molto appagata della serenità che stai vivendo e questi momenti di solitudine e di quiete ti danno la giusta carica positiva. Tornando al lavoro delle mujeres (donne e non spose) l’impegno profuso è molto intenso per loro perché comunque sia il tempo dedicato a queste attività è distolto alle attività quotidiane di mamma, di sposa e soprattutto di punto di riferimento della famiglia. Quindi durante la riunione per i copri breviario mi sono complimentata con loro (P. Alberto e Suor Lucia mi facevano da intermediari) che mi hanno risposto con un luccichio di occhi e con un sorriso vergognoso nascosto dalla mano, anche perché la maggior parte di loro sono senza denti….. La riunione si è conclusa con l’impegno di lavorare sodo perché P. Alberto ha spiegato che dovevano quantificare il loro trabajo (dandogli così un valore) e il materiale impiegato per la realizzazione in modo che sapessero che il ricavato dei manufatti poteva venire a loro vantaggio e potevano anche realizzare con un po’ di fantasia qualche altro oggetto che sarebbe stato molto apprezzato. Mi rendo conto però che avrebbero bisogno di una assistenza continua ed un costante incoraggiamento. Intorno alle 17,30 (ma qui è già noche) con P. Alberto e Romeo siamo andati a Poptún dove abita Señora Alba, e le numerose figlie, rimasta vedova meno di due anni fa. Sono persone solari, sempre allegre con un grande affetto per i nostri Padri che sostengono in mille modi. Due delle figlie sono laureate una in giurisprudenza ed una in architettura, le altre ragazze dopo lo studio sono impegnate con la mamma (che prima faceva la maestra) nella conduzione delle attività. La più piccola ha dei bellissimi occhi celesti ed i capelli biondi e crespi. Hanno una tienda (negozio) di generi alimentari ed una di tessuti e sono sempre sorridenti. Dopo i convenevoli e l’aggiornamento sulle notizie dell’ultimo anno, le salutiamo perché alle 19,00 P. Alberto deve celebrare la Messa. Partiamo ma abbiamo la gradita sorpresa di sentirle arrivare durante la celebrazione precedute dal ticchettio dei loro tacchi a spillo, rumore per la verità poco usuale da queste parti. Dopo la Messa, Celeste, la figlia architetto, chiede a P. Ottavio di benedire la sua macchina nuova (macchina si fa per dire perché è un fuoristrada altissimo, capientissimo, tutto “issimo”) che dovrebbe consumare meno di quella che aveva prima….. Tutti torniamo a casa e la nostra compagnia aumenta perché con la Señora Alba e le figlie ci sono anche i due ragazzi che le aiutano nel lavoro, una maestra di Poptúm con il marito e la Señora Lidia (tantissimi saluti a Paquita) con la sua bambina. Queste due signore erano colleghe della Señora Alba. Le risate, il chiacchierio, lo scherzo aumentano sempre più di volume e così decidiamo di mettere su un po’ di pasta per stare in compagnia. Francesco e Chepe vanno di corsa a fare la spesa…… Menù: spaghetti alla bottarga, salumi vari, pomodori e ananas il tutto annaffiato con dell’ottimo vino cileno regalatoci dalla Signora. Come al solito gli spaghetti si sono dimostrati un po’ problematici, ma non avevamo pasta corta…. La promessa reciproca è quella di rivederci prima della mia partenza (sigh manca poco!!!) e Celeste si offre di farmi compagnia e da cicerone quando dovrò sostare a Guatemala City prima di riprendere l’aereo per Madrid (sigh, sigh, sigh,..).

cena con doña Alba e compagnia

Mercoledì mattina sveglia presto e P. Ottavio pronto a scorrazzarci per le aldee assieme a Suor Lucia e Suor Zeferina. Dopo un viaggio abbastanza traballoso arriviamo a Naranjón vicinissimo ad un fiume che per la verità non abbiamo trovato molto ricco d’acqua. Suor Lucia chiama, tramite una responsabile, le donne che fanno parte del progetto di taglio e cucito, di manifattura e di conservazione degli alimenti (hortalizas). Intervengono anche le donne “kechí” alle quali la nostra Sorella parla attraverso un interprete. Vengono portate fuori dal locale di lavoro alcune macchine da cucire (anche Singer – pensate dove sono andate a finire le nostre macchine a pedali: altro che quelle elettriche, taglia e cuci, ecc. ecc. !!) perché c’è poca luce e vengono presentati i lavori. Ci accorgiamo comunque che le più numerose frequentatrici di questi corsi sono le ragazzine di 12 - 13 anni che con grande manualità ci mostrano l’abilità con la quale utilizzano le macchine. Le gonnelline sono ancora da rifinire, ma la volontà e l’attenzione si fanno sentire, tutte sono riconoscenti per l’opportunità che viene data loro e grande è la soddisfazione che si legge nei loro occhi. E arriviamo alle caramelle………. comincio a distribuirle ai bambini che assieme alle mamme ed alle sorelline hanno partecipato alla riunione, ma ben presto il vociare richiama l’attenzione anche dei bambini della scuola vicina, che fino a quel momento ci avevano quasi ignorati, e da dietro alla rete di recinzione ne vedo arrivare a frotte, tutti con la manina tesa……… Chiedo aiuto a Suor Lucia che capisce il mio imbarazzo e cerca dei dare ordine alla situazione: chiede ai bambini di prendere una sola caramella a beneficio degli altri, ma si sa, non ho riconosciuto tutte le manine e forse qualcuna ha preso più di una caramella e forse qualcuna neanche una.… Ci vorrebbero montagne di caramelle, non bastano mai… e comunque io mi sento sempre fuori luogo…

Naranjón taglio e cucito e ortaggi    

Una donna kechí desidera mostrarci il suo orto: facciamo a piedi un percorso abbastanza accidentato (discese ripide ed altrettante salite) sotto un sole cocente ed arriviamo alla casa. Dietro un’abitazione viene tenuto con cura ed ordine un orticello dove sono piantati peperoncini, carote, ravanelli, barbabietole ed è giunto il momento di Chepe. Certamente non si aspettava di vedere quelle coltivazioni e cerca di dare qualche suggerimento alla signora dicendole che doveva innaffiare più spesso, doveva diradare un po’ le colture, provvedere a dare qualche medicina perché un “animaletto” sotto terra stava mangiando i frutti. Chepe realizza solo in quel momento, e su nostra informazione, che per coltivare viene usato solo il machete: niente zappa né rastrello…!!!). Suor Lucia si complimenta con tutti e ci prega di assicurare Paquita che il suo importantissimo lavoro sta cominciando a dare i suoi frutti, almeno e soprattutto per l’impegno che viene profuso. Faccio il rientro in palangana (nel cascione del Toyota) in piedi e ben aggrappata ad un sostegno perché come vi ho detto la strada è molto accidentata. Lungo strada carichiamo diverse persone che tornano dalla campagna e vi assicuro che sono tantissimi chilometri sotto il sole……

Naranjón taglio e cucito e ortaggi    

Dopo un pasto frugale a casa alle 15,00 riprendiamo il cammino per un’altra aldea quella di San Lucas, paese di origine di Alfredo il nostro giovane amico che presto verrà a studiare in Italia. Anche qui vengono convocate le mujeres che nell’aula di taglio e cucito ci portano i loro lavori. La tela italiana è stata ben utilizzata ed i risultati dei lavori fatti con quella più sottile sono più appaganti. Inoltre con il fondo dei barattoli di plastica vengono fatti dei contenitori che, opportunamente rivestiti di carta o tela, si trasformano in “ordenadores” (i nostri contenitori porta oggetti). Avevo portato dei libricini per il ricamo a punto croce e la tela adatta, e mi trovo tanti piccoli centrini nei quali si cominciano a vedere i primi risultati del lavoro. Complimenti felicitaciones!!!!!!!! Le signore vengono invitate dalle maestre (due) a spiegare come hanno proceduto nelle attività: ci sono fiori fatti con le foglie di mais opportunamente colorate o carta arrivata con il container, fiori fatti con i colli delle bottiglie di plastica a formare dei petali colorati, insomma si cerca di stimolare la loro fantasia ed a riciclare ciò che si butterebbe via. C’è poi la visita al forno (tipo il nostro forno sardo) che serve per tutta la comunità e nel quale vengono cucinati diversi manufatti. Poiché il terreno circostante è molto sconnesso e pieno di sassi, suggerisco, con l’approvazione di Suor Lucia, di sistemare un po’ tutto in modo che anche il loro lavoro possa essere più pulito, agevole, meno stancante e meno pericoloso anche per i bambini più piccoli che seguono la mamma come tanti pulcini. L’idea è apprezzata e prossimamente i lavori verranno iniziati.

San Lucas taglio e cucito  

Andiamo a vedere poi il campo che deve fungere da semenzaio. Le piantine poi, una volta attecchite, devono essere ripiantate in ogni singolo orticello familiare. Anche qui Chepe suggerisce di lasciare più spazio tra una piantina e l’altra in modo tale che possano attecchire meglio e crescere più rigogliose, mostra come si deve smuovere la terra e invita a dare più acqua al terreno. Hanno il fiume vicino e ci vorrebbe una pompa per sollevare l’acqua e mandarla in un deposito per l’irrigazione (e P. Alberto ci sta già pensando). Ancora una volta incoraggiamenti e felicitazioni e pian pianino mi sembra che le donne si sciolgano un po’….. L’invito alla Messa è avvertito tramite il suono della campana (un pezzo di ferro appeso al soffitto della Chiesa ed un batacchio a mano). È ormai sera sono le 18,00 il sole è già calato, ma pian pianino la Chiesa si riempie di tanta umanità (per loro è ora di cena che interrompono per venire a Messa), tre chitarristi intonano canti per accompagnare la celebrazione di P. Ottavio e P. Alberto. Il buio è fittissimo, non riconosco le persone, gli unici ad essere visibili sono i nostri celebranti illuminati da 4 candele. Vicino a me si siede un bambino di circa quattro anni che in cinque minuti si appoggia sulla mia spalla e si addormenta. Non ho il coraggio di svegliarlo e così rimango seduta per tutta la celebrazione. Al termine Suor Lucia e Suor Zeferina (di questa Suora non parliamo mai, ma grande è il suo lavoro di infermiera e di appoggio all’attività de salud tra questa gente, è mingherlina, molto gentile ed affettuosa) provvedono a regalare bambole e camioncini ai bambini più piccoli, mandando indietro quelli più grandicelli e non acconsentendo alle richieste delle mamme che dicevano di aver lasciato i bambini a casa.

San Lucas Messa  

Grandi donne queste Suore che conoscono a fondo la realtà delle aldee, cercando di dimostrare senso di equità in tutte le loro attività. Il rientro è sotto le stelle, che per il buio vediamo più vicine (Chepe ci smonta dicendo che è così solo per effetto del buio), ma a tanti di noi piace sognare e P. Ottavio ci allunga il sogno fermando il suo carro, spegnendo il motore e le luci. Nel buio e nel silenzio più profondo ognuno di noi sogna. Hasta pronto cari amici, poiché il mio racconto si fa troppo lungo e penso di annoiarVi, mi fermo qui, anche perché ho da darVi anche altre notizie, il tempo stringe e la mia partenza si fa sempre più vicina. Un caro abbraccio a tutti, grazie per i Vostri pensieri e preghierine, a me servono tantissimo.
Baci Rita.

 

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