20 gennaio 2006
Missioni

20 gennaio
Visita al museo. Questa mattina sono finalmente andato a visitare il museo. E’ una costruzione molto carina, in pietra chiara, proprio sulla parte più alta di Dolores. Mi accoglie un ragazzo e mi invita a seguirlo perché lui è la guida autorizzata e così mi spiegherà ciò che è nel museo.

Quando venni nel novembre del 2004, il museo era in costruzione e ora è una bella realtà finita. Chiaramente racconta dei Mayas. Ogni museo è una ricerca delle radici, questo è la ricerca delle radici di questo popolo. Dipende dal Ministero della cultura e sport, ma è un museo a livello comunale.

 

Il ragazzo che mi guida ha fatto i suoi studi e si è licenziato nella nostra scuola ed è felice di farmi da guida. Il suo nome è Meltin ma tutti lo chiamano amichevolmente “colochito” = ricciolino. Il museo è vicinissimo alla casa parrocchiale (un minuto a piedi) e da lassù si gode un bellissimo panorama su Dolores. Mi accorgo meglio che Dolores è immersa nella foresta e che si vedono solo poche strade e poche case: il paese è tutto sotto le piante. Il giovane mi conduce attraverso le sale del museo illustrandomi con molti particolari tutti gl’interessantissimi reperti che parlano di sovrani maya, di lavoro dei campi, di lavori domestici, di sacrifici agli dei.

Colochito ha un grande desiderio-sogno: andare in Italia per continuare gli studi: chissà se questo sogno si avvererà!...

Mentre parliamo, viene fuori dall’ufficio della direzione Tito. Tito è un professore della nostra scuola, anche lui licenziato ed ora sta studiando per laurearsi in scienze turistiche. Conoscevo Tito già dalla mia precedente visita qui a Dolores.
Faccio un po’ di foto al panorama e ai giovani (dentro il museo è proibito fotografare) e poi, accompagnato da Tito vado a vedere i lavori della “nostra” casa.

Troviamo i muratori che stanno lavorando, chiedo di Francisco e mi dicono che arriverà e infatti proprio in quel momento arriva Francisco: ha portato un camioncino con le mattonelle per le stanze e per il corridoio esterno.

Ci scambiamo alcune comunicazioni e poi, siccome vedo che è sofferente e avendo saputo che ha mal di testa, lo faccio venire alla casa parrocchiale dove gli do un’aspirina. Intanto Tito è tornato al lavoro al museo.

Con Francisco faccio una lunghissima conversazione. Mi parla di lui, della sua famiglia: moglie e un bambino di sei anni. Mi dice che sta lavorando sodo (noi diciamo che si sta facendo il mazzo) e che non vuole che la sua vita sia solo lavoro ma vuole apprendere anche altre conoscenze. Anche lui ha un sogno trascorrere le ferie e durante queste ferie fare un viaggio. Avrete già capito che anche lui vorrebbe andare in Italia: Roma, Firenze, Venezia, sono tutti posti che anche qui fanno sognare la gente ad occhi aperti. Purtroppo non gli rilasciano il permesso perché per poter fare questo viaggio ci vuole qualcuno che lo chiami e che garantisca per lui. Mi offro di dare una soluzione a questo problema ma prima chiedo se non abbia pendenze giudiziarie. Mi risponde che non ha mai avuto a che fare con nessun tribunale e che lui beve solo acqua pura. Quando capisce che il problema del permesso si può superare e che io sono disponibile, gli passa il mal di testa e diventa, se possibile, ancora più gioviale. Intanto è l’ora del pranzo.

La cuoca è cambiata e si chiama donna Chus. Il mangiare è più vario e nel frigorifero c’è sempre qualcosa!!

La sera ho celebrato la messa dalle suore vincenziane che volevano così festeggiare l’arrivo di una nuova consorella hermana Zefirina.

Dopo la Messa andiamo con il p. Ottavio a Poptùn perché aspettiamo, via internet, documenti del container: anche questa è una bella storia, ma penso di scriverla in un capitolo a sé stante.

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