25 marzo 2011 1
Missioni

Buenos dias,
Oggi sveglia prestissimo: alle 7 abbiamo un impegno al Centro Nutrizionale dalle Figlie della Carità. È il 25 marzo festa dell’Annunciazione di Gesù – esattamente 9 mesi prima della Sua nascita – e le Suore, in questa occasione, rinnovano i voti. Il loro ordine prevede il rinnovo del loro impegno ogni anno e noi, voluntarios, da qualche anno siamo invitati alla cerimonia.
Il tutto si svolge nella cappella del Centro alla quale si accede attraversando le loro camere da letto. È un ambiente che fa pensare ad una grotta: le pareti sono rivestite di pietra e nel soffitto c’è un’unica presa di luce costituita da 5 mattoni di vetro/mattone disposti a croce. L’aria entra unicamente da una porta che dà sul giardino. Il locale non è molto ampio e poco capiente, per fortuna è mattina presto, altrimenti avremmo sofferto un caldo boia.
Alle 7 meno un quarto è venuto a prenderci P. Ottavio il quale, subito dopo la Messa, deve scappare per accompagnare in Honduras alcune Suore domenicane di Poptún. Alla celebrazione è stato invitato Mons. Fiandri, che troviamo ad aspettarci intrattenuto dalle Suore, le quali ci ringraziano per la nostra presenza nonostante l’ora. Di lì a poco entriamo nella cappella ed abbiamo il piacere di trovare anche P. Giorgio che la sera prima non aveva assicurato la sua presenza.
Così alla celebrazione siamo presenti in 13: i 3 celebranti, noi due, 5 suore (Sor Gerardina – la superiora - , Sor Angelica, Sor Marta Isabel, Sor Imelda ed una suora che non conoscevamo,  venuta da Boca del Monte) e 3 ragazze (postulanti) che stanno condividendo la vita delle Suore per appurare se sono effettivamente portate alla vita religiosa (hanno all’incirca 16/17 anni).
L’atmosfera è molto serena e le Suore intonano canti che non avevamo mai sentito. L’intervento di Mons. Fiandri è molto significativo e rimarca la missione delle Suore che, come Maria – la mamma di Gesù – si mettono a disposizione del mondo ben sapendo quanto poco questo sia riconoscente.
Prima di ricevere l’Eucarestia las Hermanas, in ginocchio ed ognuna per conto suo, rinnovano la loro promessa di dedizione a Dio ed ai poveri. Terminata la cerimonia siamo invitati al rinfresco che hanno preparato. Beviamo solo un the e scappiamo perchè abbiamo lezione alla scuola di P. Giorgio. P. Ottavio scappa via subito per il suo viaggio (occorrono più di cinque ore di macchina per arrivare e deve rientrare sabato sera). Resta solo Mons. Fiandri, coccolato dalle Suore che si affaccendano intorno a lui per dimostrargli la loro gratitudine per la sua presenza. Sono molto allegre e ciarliere, a me sembrano felici ma, come ha detto Mons. Fiandri nell’omelia, chissà quali progetti di vita avevano quando sono state chiamate per questa missione. Nel mio stentato spagnolo ho raccontato loro di Suor Regina, la mia amica Suora vincenziana di Cagliari, che come loro condivide la stessa dedizione verso il prossimo; sono rimaste un po’ basite nell’apprendere che anche in Italia ci sono molti poveri e bisognosi!!!
Nel salutarle ad una ad una (con due baci come si fa in Italia ed un abbraccio), ringraziano me e Francisco per la presenza e per i fiori che abbiamo regalato per l’occasione e che sono serviti  per rallegrare la cappella.
Ho comprato i fiori il giorno precedente a Poptún.

donne a
Santa Eléna

Suor Imelda mi ha invitata a partecipare alla sessione di un progetto – promosso dal Vicariato – che ha per tema le donne e il loro riscatto. Ci saranno sei incontri (quello al quale ho partecipato era il secondo) uno al mese e terminerà in luglio. L’attività si svolge a S. Benito, località vicinissima a S. Eléna (quindi a circa 80 km. da Dolores). Intorno alle 9.00 io e Sor Imelda  abbiamo preso il pulmino che porta al convegno, ci avevano precedute Doña Roberta e Dona Sonia due signore che nella Parrocchia di Dolores, seguono le donne nella vita quotidiana e di recupero di sé stesse (pastorale della donna) oltre ad essere levatrici, addette alle “unitad minimas de salud” (piccoli avamposti medici creati nelle aldee per sopperire alle prime necessità delle persone), ecc. ecc. ecc.
Il pulmino che avrebbe potuto trasportare non più di 12 passeggeri è stato caricato (per recuperare i soldi – 25 Q.les/2,5 euri a persona) con almeno 20 persone, tanto che, nonostante i finestrini aperti, qualcuno si è sentito male. Non pensate che ci siamo mica fermati: l’aiutante dell’autista, quello che provvede a stipare la gente, quello che incassa i soldi, quello che viaggia fuori dal portellone perchè il pulmino è sovraccarico, ha fornito un giornale al malcapitato…..
Arrivate a S. Elena siamo state costrette a prendere un ”tuc tuc/apiscedda” per raggiungere la Chiesa delle Parrocchia di S. Benito: c’è un caldo asfissiante: è arrivato il verano/estate!!!! Nel grande salone che ospita il convegno troviamo almeno trentacinque/quaranta donne suddivise in gruppetti di sei: Sono i gruppi di lavoro che hanno iniziato già da un po’ l’attività. C’è una capogruppo ed altre 5 donne ed ognuna, se se la sente, racconta le sue esperienze di vita. Sor Imelda ed io ci aggreghiamo ad gruppo piccolo della quale fa parte anche una mamma con due bambini.
Ascoltiamo i racconti: ad una ad una espongono la propria esperienza. La vita di quella che ha i due bambini, non è stata estremamente sconvolgente, se si fa eccezione per l’estrema povertà e per il fatto di essersi unita molto giovane ad un uomo dal quale ha avuto questi due bambini che lei sta cercando di allevare senza l’aiuto di nessuno, neanche dal loro padre. Un’altra racconta che il periodo migliore della sua vita è stata la sua fanciullezza fino ai dodici anni. La famiglia cattolica, molto inserita nelle attività della Chiesa, era benestante, cioè non mancava di nulla: il padre lavorava in campagna e lei con i suoi fratelli lo aiutavano nel fine settimana dopo aver fatto i compiti per la scuola. Insomma tutto bene nella allegria e nella serenità della famiglia. Poi il papà si è gravemente ammalato e per poterlo curare hanno dovuto vendere la casa e cedere i campi, perdendo tutto. È cominciato così il calvario di questa signora che alla fine ha perso il papà e lei ed i suoi fratellini sono stati sparpagliati tra parenti e conoscenti. La mamma non si è mai più risposata, ma non è più riuscita a ricongiungere la famiglia, e questo dispiacere le ha causato una morte prematura. La signora nel raccontare non ha mai messo in evidenza la sua attuale vita (marito/compagno, figli, lavoro, ecc) ma, con tristezza palpabile, unicamente il rimpianto della felicità e serenità perduta.

donne a
Santa Eléna

È iniziato poi il racconto di un’altra donna, apparentemente giovane, ma squagliata nel fisico e molto provata psicologicamente. Pensando di potersi affrancare dalla potestà paterna, a 15 anni si è sposata con un ragazzo più grande di lei di soli tre anni. Era molto innamorata, ma ben presto purtroppo si è accorta che il giovane era molto violento: sotto l’effetto di alcool o di droga la sera, quando tornava a casa, la picchiava in modo selvaggio lasciandole sul corpo segni molto evidenti. Per poter sopravvivere ha cercato di andare a lavorare di nascosto dal marito (perchè non le permetteva di lavorare, di andare in chiesa, di frequentare la sua famiglia), ma i genitori di lui gli riferivano che lei accoglieva altri uomini a casa e questo le consentiva di avere dei soldini. E giù botte; ma lei, molto religiosa, non ha mai denunciato le violenze anche psicologiche alle quali era sottoposta (il marito la chiudeva in una “camera”, non la faceva uscire per giorni neanche per andare in bagno e non le dava da mangiare). Lo perdonava sempre anche quando le sue amiche, vedendola, la esortavano a porre fine a questi soprusi; la famiglia di lei non è mai intervenuta, d’altra parte in quel momento la patria potestà la esercitava il marito/maschio. Finalmente un giorno – compiuti i 18 anni dopo le ennesime percosse culminate con un tentativo di strangolamento con i suoi lunghissimi capelli – si è ribellata ed ha chiesto il divorzio. Il marito lo ha negato perchè lei può essere solo sua. Nel frattempo lei non ha voluto più avvicinare un uomo (tengo miedo/ho paura), sta cercando di inserirsi nel mondo in modo molto sereno, ma è difficile. Solo recentemente ha conosciuto una persona che sembra interessata molto sinceramente a lei, che la comprende, le lascia frequentare la Chiesa, la esorta ad andare a lavorare, ad avere delle amiche, a parlare e confrontarsi con gli altri. Non ho capito quanti anni abbia quest’uomo, ma lei mi è sembrata propensa a rifarsi una vita con questa persona che le dà molta fiducia. Sta solo aspettando che passino gli anni per il divorzio…
La quarta signora - la capogruppo dall’aspetto molto serio che scopro avere 47 anni – racconta della sua fanciullezza molto giocosa, ma verso i dodici anni ha espresso il desiderio di andare presso le suore di una congregazione religiosa perchè si sentiva attratta da quella vita. Il padre, molto religioso e molto inserito nelle attività della Chiesa, non credeva alla “vocazione” della figlia perchè la vedeva molto esuberante. Nonostante ciò aveva acconsentito a pagare la retta per l’inserimento nella vita claustrale. La signora raccontava che in convento, essendo la più piccola, le venivano affidati i compiti più umili e faticosi, ma visto il suo carattere allegro sopportava tutto con molta rassegnazione. Il padre la andava a trovare tutti i mesi in compagnia della madre fino a quando in prossimità di prendere i voti e verso i 19 anni per diverse volte il papà è andato a trovarla da solo. Dopo un paio di assenze, insospettita dalle risposte vaghe del padre, ha chiesto permesso alla Superiora e si è recata a casa sua. Imperversava il “conflicto armado”/la guerra civile (che è durata più di 30 anni ed è stata quasi una pulizia etnica contro le popolazioni di derivazioni Maya – cfr il libro “Guatemala nunca mas” Guatemala mai più), la madre era morta, la sua comunità dispersa nelle campagne perchè vi erano stati molti rastrellamenti ed uccisioni a causa del particolare attaccamento della comunità alla Chiesa. Erano stati barbaramente uccisi parecchi suoi familiari e lei, con quei pochi che rimanevano della famiglia, si era dovuta nascondere nelle montagne. Dai militari ha subito forti violenze psicologiche, lei ha detto che le sono state risparmiate quelle fisiche, ma avendo espresso chiari desideri di vendetta, non si è più sentita di prendere i voti. Una volta finita la guerra si è dedicata – attraverso delle onlus - alla gente che aveva subito gravi danni sia fisici che morali. Anche lei, nel racconto, si è fermata diverse volte con le lacrime agli occhi.
Anche a me hanno chiesto di “raccontarmi” ma, a parte il mio pessimo spagnolo, non mi sono sentita di farlo perchè, nella mia vita e in confronto a loro, ho vinto 1.000 lotterie in fatto di felicità e serenità ….
Per ultima si è raccontata molto semplicemente Sor Imelda. Nata a Città del Guatemala, prima di quattro figli, il suo papà – anche lui molto religioso e benestante - si è sposato a 70 anni con sua madre che ne aveva solo…20. La sua fanciullezza è trascorsa serenamente, in completa adorazione del padre che era il suo punto di riferimento. Quando ha avuto sette anni il papà è morto e, per quanto bene volesse alla mamma, le è crollato il mondo intorno. Anche in questo caso a causa della malattia è stato venduto tutto quello che possedevano ed i bambini distribuiti tra parenti, madrine, padrini: solo la più piccola è rimasta con la mamma. Sor Imelda è entrata nella comunità delle Figlie della Carità, nel frattempo le è morta la sorella più piccola (23 anni), il fratello più grande è andato a vivere negli Stati Uniti, un altro è rimasto a Città del Guatemala. La mamma vive in questa città, non si è più risposata e, per mantenersi, durante il giorno accudisce due bambini. La piccola suora (perchè è piccolina di statura), magra, molto attiva, sempre sorridente e molto simpatica, prima di venire a Dolores ha prestato “servizio” anche in Honduras.
Terminato l’incontro dei singoli gruppi, tutte ci riuniamo in circolo per portare – chi voleva – la propria testimonianza. Ribadisco “chi voleva” perchè il contesto allargato e l’impatto con persone che non si conoscono non favorisce l’apertura dei propri problemi verso persone di cui non conosci né la storia né il nome. Comunque chi ha voluto ha parlato, e le “compañeras” sono state incoraggiate a “buttare fuori “ i propri pensieri, le apprensioni, i tabù, le ingiustizie vissute nel corso della loro esistenza. In particolare c’erano due signore che conducevano i lavori e che mi sono sembrate delle psicologhe che, con vari esempi, hanno esortato le donne a maggior considerazione di sé stesse. Durante tutto questo tempo comunque mi sono accorta che tra le persone erano presenti diverse religiose che, tornate nelle loro Parrocchie, avrebbero promosso altre riunioni per avvicinare altre donne che per vari motivi non avevano potuto partecipare. Dopo il pasto, offerto dal Vicariato (carne di bue e riso), i lavori sono ripresi e le due “psicologhe” hanno ripreso il discorso interrotto prima del pranzo: hanno insegnato alle donne dei canti, un tipo di respirazione e dei movimenti (loro il chiamano “dinamicas”) rilassanti da fare almeno due volte al giorno per cercare dei piccoli spazi per sé stesse, per staccare, quando la giornata è più dura o ci sono momenti bui. Hanno proiettato poi un filmato che riguardava la guerra civile perché la volta successiva avrebbero parlato della loro posizione all’interno della vita sociale o, quanto meno, quella che vorrebbero occupare. Questo perché dopo la guerra molte donne, a causa delle violenze subite, sia corporali che psicologiche, si sono annientate completamente non dando nessun valore al proprio essere, al proprio corpo ed al proprio pensiero. Hanno continuato a subire perché si sono sentite senza alcun valore (per fortuna ora le giovani, soprattutto quelle che vivono in centri abitati più popolosi, hanno un approccio diverso con la vita, alle volte molto spavaldo e spregiudicato).

donne a
Santa Eléna

In ultimo sono stati dati i “compiti” per la riunione successiva: due si sono offerte per l’animazione e due per preparare le preghiere che avrebbero dovuto accompagnare il tema della riunione. Sono stati messi in evidenza inoltre i miglioramenti che si potevano apportare ai loro incontri: la puntualità, la disponibilità ad ascoltare gli altri, la possibilità di lasciare i bambini a casa perchè quello doveva essere un giorno dedicato solo a loro e, indovinate un po’, hanno chiesto che la “comida/pranzo” fosse preparata in modo un po’ più accurato perchè la carne era poco cotta!!
Mi hanno ringraziato calorosamente - con un applauso - per la mia inaspettata partecipazione e mi hanno invitata anche per il 12 aprile (mi pare). Poi prima di andare via ad una ad una mi hanno salutata.
Ho pensato che quelle donne comunque bene o male erano fortunate avendo avuto la possibilità di stare con altre donne; ho pensato a quante, purtroppo a causa della lontananza, delle condizioni familiari ed economiche, avrebbero voluto essere presenti e mi sono augurata che quelle brave persone partecipanti, religiose o laiche, facessero arrivare anche a loro questo messaggio di speranza. Non mi piacciono gli estremismi di nessun genere, ma ritengo che la dignità delle persone non vada mai calpestata.
Questo diario è dedicato alle donne.
I miei amici guatemaltechi quando la notte mi salutano mi dicono “Ti accompagnino gli Angeli”: è un’ottima buona notte vuol dire che mi sono meritata la compagnia degli Angeli.
Anch’io dico a voi “Vi accompagnino gli Angeli” e baci a tutti.
Rita

P.S. in casa abbiamo ritrovato il rospo dello scorso anno e quest’anno abbiamo avuto la sorpresa delle lucciole che la sera “scorazzano” per il nostro giardino.

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