IL RISCHIO DI OSARE
Camminare è un rischio
Dopo la lettura Lc 5,17-26 (e avendo in mente Mc. 2) dove si parla di un gruppo di uomini (Mc precisa che sono 4), che vogliono portare da Gesù un loro comune amico handicappato, mi sento dentro quel villaggio della Galilea, quel giorno, in quella storia…
Il Maestro è in casa e c’è tantissima folla: non si può passare, tantomeno con un handicappato sul suo “lettuccio”. Che fare? Si può rispondere in tanti modi: “aspettiamo che la gente se ne vada”; “torniamo in un altro momento o un altro giorno”; “vediamo se ci sono altri passaggi per entrare: porte secondarie, finestre…”; Certo quella di passare dal tetto è un’ipotesi quantomeno singolare. Va bene che le case sono basse ed i tetti di frasche (Lc. tegole), ma sempre c’è di fare un foro e poi quel paralitico con il suo lettuccio rende complicata questa soluzione …
E passano dal tetto, comunque!
“Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico…”
Vista la loro fede. Ma che cosa avrà visto!?
Ho cercato una risposta a questa domanda.
Probabilmente quella fede aveva delle qualità particolari, che le davano la proprietà di poter essere “vista”, proprio perché speciale. Ma quali qualità?
Sicuramente la tenacia. Posto il fine: “questo nostro amico paralitico deve poter vedere Gesù ed essere visto da Lui”, bisogna cercare i mezzi adatti per raggiungerlo. I mezzi ordinari - la porta di casa - non sono disponibili. E allora interviene la tenacia, che credo sia la prima qualità di questa fede. Una tenacia che non demorde davanti alle difficoltà e che cerca soluzioni, da quelle più semplici a quelle “impensabili”, irragionevoli, direi: folli!
E qui subentra la seconda qualità della fede dei 4: la fantasia. Fantasia di pensare in modo diverso, inconsueto “strano”: portare un paralitico, sul suo lettuccio, attraverso un tetto fin dentro la casa, davanti a Gesù. Un’impresa non certo da benpensanti, da persone equilibrate: “è stato paralitico per tanto tempo, se rimane così fino a domani non cambia nulla, intanto la gente se ne andrà ed il Maestro, preavvisato, lo incontrerà più agevolmente!” Puro buonsenso! Ma quell’amico è lì sul suo lettuccio e da noi, suoi amici si aspetta tanto: c’è l’urgenza dell’amicizia che cerca soluzioni…
E allora: la terza qualità della fede di questi amici: la audacia. Saper pensare e agire in modo diverso, senza la protezione della “tradizione”: “si sa, tutti sanno, che in una casa si entra e si è sempre entrati dalla porta, a meno che non si entri per rubare…” Passare dal tetto vuol dire rischiare. Rischiare l’insuccesso e anche l’incolumità dell’amico paralitico che può cadere a terra e rimanere ancora più handicappato di prima, con qualche ossa rotta: un handicappato fratturato! Ma la fede è sempre un rischio, anche quella umana! È quindi un’operazione rischiosa passare dal tetto. Sediamoci, esaminiamo i pro e i contra, magari chiediamo a qualche esperto, facciamo una commissione di studio… (scusatemi, forse pensieri e tempi si accavallano: ogni tanto mi succede!). E quelli, invece, decidono, lì, su due piedi, che si passa dal tetto. Pazzi!
“Ti sono perdonati i peccati. … Prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua!”
E questa volta ciascuno cammina con le proprie gambe e in una novità di vita, assaporando la gioia di camminare insieme, di sentir risuonare all’unisono i passi per le strade del loro paese, e forse anche più lontano… (è bello ogni tanto sognare!).
Poteva andare anche male, certo. Ma tanto l’amico, era paralitico e così sarebbe restato: la sua vita, tutta la sua vita in un lettuccio: perché non tentare?
La storia dei santi è piena di “pazzie”, anzi, credo che se non si è pazzi (di Gesù, sicuramente, ma anche per il benpensare del “mondo”) non si diventa santi!
Forse, in quest’anno dedicato alla misericordia e al giubileo domenicano, mi aiuterà a un Padre che crede nei suoi figli, con tenacia, con fantasia e con tanta audacia, che non ha paura di rischiare: un vero folle, folle di amore! Un Padre che dà la vita del suo Figlio, del suo unico Figlio per delle persone “che non meritano nulla”: scandalo per gli Ebrei e stoltezza per i pagani, ma per noi…”
Ripensandoci meglio, probabilmente la fede di quegli amici ha anche un’altra qualità da “vedere”, una qualità che la fa rassomigliare al Padre di qui sopra: l’amore. E credo che questa qualità sia stata proprio la molla, il motore che ha messo in movimento le altre. Quando si ama non si vedono gli ostacoli (si dice che l’amore “è cieco e pazzo”), non si ha una percezione della realtà così come viene percepita e vista comunemente: tutto viene misurato in maniera diversa (ama e fa ciò che vuoi). In questo Giubileo Domenicano, proviamo a immaginarci una nostra Comunità fatta da “pazzi” di amore di Dio e delle anime. Il fondatore del mio Ordine, Domenico che cerca nuove strade (la predicazione itinerante) per i suoi frati era un “pazzo” che passava dal tetto, senza paure e tentennamenti perché “Mio Dio, che ne sarà dei poveri peccatori!”, ripeteva a sé stesso. E così scrive pagine nuove nella storia della chiesa e con lui le scrivono anche gli altri suoi amici e vanno insieme, lasciato il lettuccio che non serve più, che non è e non è mai stato una sicurezza. Il mondo intero risuona dei loro passi. “Come sono belli i piedi dei messaggeri di lieti annunzi…”
Avere il coraggio di non vivere la fotocopia del passato, anche se è stato bello, esaltante. Infatti è passato, non c’è più e ci siamo invece noi, con le nostre esigenze, le nostre possibilità, l’esiguità dei nostri numeri e mezzi, un mondo che aspetta i nostri passi verso l’annuncio. In una parola, un presente tutto da vivere, tutto da inventare, tutto da camminare. E tutto questo chiaramente è un rischio!
Fra Alberto Fazzini, O.P.
Cagliari, festa del Sacro Cuore.