La
comunità luogo teologale dell'incontro con Dio e con i fratelli
Quarto incontro
CONCLUSIONE
In questi nostri incontri, abbiamo comunciato esaminando
e mettendo insieme le due parole "Comunità" e "accoglienza".
Abbiamo poi cercato quanto la comunità s'interroga sulla propria
volontà di accoglienza e sul conseguente possibile sviluppo, al
suo interno, di una "cultura" di accoglienza. Quindi abbiamo
tentato un cammino dentro quel certo tipo di mentalità che ferma
ogni iniziativa con lo slogan "si è fatto sempre così"
e di fatto crea situazioni assurde. Persone cioè che vivono le
esperienze che altri hanno costruito chissà quando e che allora
forse andavano anche bene. Molte volte alle Religiose/i "di oggi"
è negata la possibilità di esprimere la propria creatività
e così non si sentono di fatto a loro agio dentro una Comunità
che non vive le loro esperienze. Una comunità fuori del tempo che
perde la ricchezza dei doni con i quali il Signore ha dotato i suoi membri,
e che, in una parola, diventa un museo non solo per gli ambienti in cui
vive ma anche per la mentalità che vive.
Considerando che il dialogo è la "via per la comunità",
abbiamo poi visto che la parola di ciascuno deve diventare la Parola che
si è fatta carne ed è venuta ad attendarsi tra noi. Proprio
la precarietà della tenda ci aiuta a capire con che cura dobbiamo
realizzare quest'incarnazione che oggi passa attraverso la nostra vita
quotidiana, fatta di incontri, preghiere comuni, lavoro, attività
apostoliche ma fatta soprattutto da fratelli e sorelle che vivono insieme
perché si amano di vero cuore e si accolgono vicendevolmente, creando
così i presupposti di luogo teologale dell'incontro con Dio
e i fratelli.
I fratelli sono prima di tutto quelli che vivono insieme a noi, nella
nostra casa, quelli con i quali condividiamo "il peso della giornata
e il caldo" (Mt. 20,12), quelli che come noi soffrono e lottano per
il regno dei cieli. Questo fatto ci evidenzia che ciascuno di noi ha scelto
Cristo, la sua sequela (come si dice nei nostri ambienti!), e che impegna
la propria vita ogni giorno per raggiungere questo fine; e ciascuno dei
miei confratelli/consorelle è sincero, almeno come lo sono io nel
voler realizzare questa impresa. Anche quando i fatti sembrerebbero provare
il contrario, il mio confratello/consorella ha necessità che io
non lo giudichi, che gli dia credito, che sia disponibile a credere alla
sua buona fede e che gli dia una mano sincera perché non si senta
solo nel cammino. Non si senta solo, lui che ha scelto di vivere in una
Comunità.
È bello sapere che quelle persone che vivono
con me sono anche loro protese alla ricerca innanzitutto del regno di
Dio e della sua giustizia (Mt. 6,33), con tutte le imperfezioni di cui
siamo capaci, ma pur sempre alla ricerca di questa realizzazione.
Certi discorsi che facciamo o che sentiamo suonano di fatto più
o meno così: "ma perché il Signore non mi ha messo
vicino persone che come me sono capaci, intelligenti, lavorano volentieri,
hanno voglia di diventare santi, proprio come me? Mi trovo invece a vivere
con persone ottuse, che non capiscono niente, che ostacolano ogni iniziativa
perché non riescono a capirla o non vogliono impegnarsi, che mi
frenano sempre in questo mio cammino di perfezione. E dire che sono suore/frati
proprio come me. Dovrebbero decidersi a diventare migliori, ma che cosa
aspettano!!!"
E io oggi (così come ho fatto ieri e farò domani) ringrazio
il Signore per questi compagni di viaggio che nella sua bontà mi
ha voluto dare. Che grande responsabilità la mia nel riuscire a
tenere il passo per camminare insieme a loro. Oggi e sempre, anche se
il mio amor proprio si ribella, permetterò loro di aiutarmi quando
la stanchezza, lo scoraggiamento, la noia, la mancanza di stima verso
di loro, o qualsiasi altra cosa, mi prendono. È fraternità
anche sorridere o ridere di cuore alle loro battute, unirmi ai loro scherzi
e ai loro momenti meno gioiosi, in una parola saperli accogliere sempre
con grande amore (karis = gratis) perché loro sono il dono di Dio
per me.