lo scorrer della vita
Riflessioni

Atti 16,9

Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un Macedone e lo supplicava: «Passa in Macedonia e aiutaci!».

1Corinzi 9,16

Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!

Marco, cap. 1

34 Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

35 Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.

36 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce

37 e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!».

38 Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».

39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

 

            Mi ritrovo spesso a pensare alle ragioni per cui sono domenicano. Sicuramente la mia entrata in seminario (a 12 anni) non è dovuta al richiamo della specificità dell’Ordine Domenicano, che peraltro neanche conoscevo. Io credo nella Provvidenza, ci credo profondamente!

            Crescendo, mi sono reso conto di quanto importante sia motivare sé stessi per fare nella vita scelte che contano. La mia vita spesa in un Ordine dedicato, voluto, per la sacra predicazione. Hanno senso tante cose che io faccio tutti i giorni, viste da quest’angolazione?

            Ogni tanto mi ritrovo a sognare il “macedone” e... vado in tilt.

Al risveglio infatti spariscono i sogni e la realtà è vinta dall’illusione che tutto sommato va bene così.

Nella mia vita, nel mio apostolato spesi ambedue in un ambiente saturo di abitudini acquisite, di celebrazioni accurate, di abbondanza di presenza di clero, spesso non mi sento al posto giusto. E... pensare che le strade sulle quali corre il Messaggio, non sono poi così popolate.  Ripensando a quella notte di Cafarnao nella quale, dopo aver passato una giornata con Pietro e gli altri, dopo aver predicato, dopo aver guarito i mali più diversi, Gesù si trova a rigirarsi nel letto, a pensare al motivo della sua presenza nella casa degli uomini. E “si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.”

Che cosa si saranno detti Padre e Figlio?

Non ci è dato di conoscerlo. Dagli effetti, possiamo comunque capirlo.

Alla preoccupazione di Simone “tutti ti cercano” risponde: “Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!”. E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni. Io, invece, resto a Cafarnao, qui tutti mi cercano, tutti mi vogliono bene, mi trovo bene, sono a casa mia.

È vero che alcune volte sono stato anch’io per le strade della Galilea (per questo sono stato chiamato da san Domenico), sono andato a cercare i miei “Cumani”, ma tutta questa operazione si è svolta in modo soft: non ho rischiato più di tanto.

È vero pure che sono stato felice nei momenti di apostolato forte, quando la lotta per il Regno si fa dura, ma poi sono sempre tornato a Cafarnao.

Ho potuto toccare con mano che la Sua grazia è più che sufficiente per affrontare il combattimento della fede, ma non sempre ho saputo affrontare con altrettanta determinazione il combattimento per la mia vocazione, frenato da miei limiti, paure, abitudini e quant’altro mai. La mia bella chiesa che profuma d’incenso, di quello buono che non pizzica la gola; tutte le belle statue dei santi verso i quali si rivolge la devozione popolare e no, con le loro relative candele poggiate sugli appositi candelieri; i bei paramenti antichi e moderni; le belle celebrazioni per tutte le circostanze nelle quali la pietà si manifesta.   

Il Centro Giovanile con le sue attività, i suoi ritmi, le sue presenze, il suo forte senso di amicizia e collaborazione.

Come fare a lasciare tutto questo per andare ramingo a “portare la Parola”.

Cari Padre Ottavio e Padre Giorgio, quanto vi ammiro e, in fondo, anche vi invidio! Quando ho coinvolto altri confratelli in questa predicazione itinerante, ho sentito anche i loro commenti felici per aver fatto quella esperienza. E pensare che questa deve essere il mio modo normale e comune di spendere la mia vita, è diventato invece un episodio che si ripete periodicamente, pur senza avere una grande frequenza.

Oggi durante la celebrazione della santa Messa, la mia mente era occupata e turbata da questi pensieri. Se continuano a rimanere pensieri, comunque mi turberanno e mi provocheranno relativamente poco, ma se non riesco a farli diventare vita, cosa rispondo alle esigenze della mia vocazione?

 

Fra Alberto Fazzini